Sono sciocchezze, Certo. Ma i fatti rimangono: mi ha appena telefonato Lev Abalkin e mi ha informato che, secondo lui, il fondatore ed il luminare della scienza contemporanea che si occupi dei Testoni sono io, il giornalista Kammerer. Nella nostra conversazione non c’è stato niente altro di importante. Tutto il resto non era che chiacchiere mondane. No, alla fine c’era anche l’indirizzo falso (con ogni probabilità)…

Certo, c’è anche un’altra possibilità. Per lui l’oggetto della conversazione era indifferente. Poteva permettersi di parlare di qualsiasi cosa perché aveva telefonato solo per vedermi. L’insegnante o Maja Glumova gli avevano detto: «Di te si interessa un certo Maksim Kammerer». «Davvero? — pensa Lev Abalkin che si nasconde. — Molto strano! È bastato che arrivassi sulla Terra perché di me si interessasse Maksim Kammerer. Ma io lo conoscevo Maksim Kammerer. Che cos’è? Una coincidenza?» Lev Abalkin non crede nelle coincidenze. «Ora telefonerò a quest’uomo e vedrò un po’ se è proprio Maksim Kammerer, in passato Mak Sim… E se è veramente lui, vediamo un po’ come si comporterà…»

Sentivo che avevo colto nel segno. Telefona e, ad ogni buon conto, spegne l’immagine. Nel caso che io non sia Maksim Kammerer. Mi vede. Non senza meraviglia, probabilmente, ma con chiaro sollievo. È proprio Maksim Kammerer, da lui c’è una festicciola, si sente del chiasso allegro, niente di sospetto. Ma sì, ci si può scambiare qualche frase insignificante, fissare un appuntamento e sparire…

No! Questa non è tutta la verità e non è l’unica verità. Ci sono due cose che non tornano. Primo: perché aveva bisogno di mettersi a parlare con me? Mi ha visto, mi ha sentito, si è convinto che ero proprio io, e avrebbe potuto chiudere il contatto. Un collegamento errato, qualcuno ha sbagliato numero. E basta.

Secondo: anche io non sono nato ieri. Ho visto bene che non stava semplicemente facendo conversazione con me. Era molto attento alla mia reazione. Voleva assicurarsi che sia proprio io e che reagisca in un certo modo a certe sue parole. Dice una sciocchezza e sta bene attento per vedere come reagisco… Però è strano. Davanti a quella che è chiaramente una sciocchezza tutti gli uomini reagiscono nello stesso modo. Ne consegue che o io ragiono in modo sbagliato, oppure… oppure dal punto di vista di Abalkin non si trattava affatto di sciocchezze. Per esempio, per delle ragioni che non mi sono affatto chiare, Abalkin ritiene veramente che il mio ruolo nello studio dei Testoni sia stato molto importante. Mi telefona per controllare questa sua opinione, e dalla mia reazione si convince che è un’opinione sbagliata.

Del tutto logico, ma alquanto strano. Che cosa c’entrano qui i Testoni? Parlando in generale, i Testoni hanno avuto nella vita di Lev Abalkin un ruolo addirittura fondamentale. Stop.

Se ora mi chiedessero di esporre in breve la biografia di quest’uomo, probabilmente risponderei così: gli piaceva lavorare con i Testoni, più di tutto al mondo voleva lavorare con i Testoni, con cui aveva già lavorato con grande successo, ma, chissà perché, non glielo permisero… Ma insomma, cosa ci sarebbe di strano se ora avesse finalmente perso la pazienza e avesse mandato al diavolo tutto lo Stato Maggiore «Ž», il COMCON, la disciplina, avesse mandato tutti al diavolo e se ne fosse tornato sulla Terra per cercare di chiarire, una volta per tutte, perché mai non gli abbiano permesso di occuparsi di quello che gli piaceva; chi, personalmente, gli sta rovinando la vita; a chi deve chieder conto per il crollo dei suoi ideali, per la sua amarezza nel non riuscire a capire ciò che èavvenuto, per quindici anni persi dietro un lavoro non amato e incredibilmente pesante… Ecco perché era tornato!

Era tornato, e subito si era imbattuto nel mio nome. E si era ricordato che ero stato, in sostanza, il curatore del suo primo lavoro con i Testoni, e aveva avuto voglia di sapere se per caso non avevo preso parte a questo allontanamento, senza precedenti, di un uomo dalla sua occupazione preferita, e ha saputo (con l’aiuto di un semplice trucco) che no, non vi avevo preso parte. Mi ero occupato, invece, di respingere le truppe di sbarco e non c’entravo per niente…

Ecco come, per esempio, si sarebbe potuta spiegare la conversazione odierna, e niente altro. Né l’oscura Storia con Tristan, né l’oscura storia con Maja Glumova, né, a maggior ragione, il motivo per cui Lev Abalkin dovesse nascondersi potevano spiegarsi con questa ipotesi. Sì, per tutti i diavoli, se questa mia ipotesi era giusta, Lev Abalkin ora doveva trovarsi proprio al COMCON a dar botte a destra e a sinistra a chi gli aveva fatto del male, proprio come si conveniva ad un uomo impulsivo e con un sistema nervoso di tipo artistico… Però, qualcosa di giusto in questa mia ipotesi c’era, e sorgevano allora delle domande concrete. Decisi di porle a Sua Eccellenza, ma prima bisognava telefonare a Sergej Pavlovič Fedoseev.

Guardai l’orologio: 21.51. Sperai che il vecchio non fosse ancora andato a letto.

Risultò che, in effetti, il vecchio non era ancora andato a letto. Con un po’ di perplessità, come se non lo riconoscesse, guardò dallo schermo il giornalista Kammerer. Il giornalista Kammerer si profuse in scuse per la chiamata ad un’ora così insolita. Le scuse furono accolte, tuttavia l’espressione perpiessa non svanì.

— Avrei proprio una o due domande da farle, Sergej Pavlovič, — disse il giornalista Kammerer inquieto. — Lei si è incontrato con Abalkin?

— Sì. Gli ho dato il suo numero.

— Mi scusi, Sergej Pavlovič… Mi ha appena telefonato… Ed ha parlato con me in modo un po’ strano… — Il giornalista Kammerer sceglieva le parole con difficoltà. — Ho avuto una strana impressione… Mi rendo conto che probabilmente è solo una stupidaggine, ma non si sa mai quel che può succedere… In fin dei conti potrebbe non averla capita bene.

Il vecchio si mise sulle difensive.

— Di che cosa si tratta? — chiese.

— Lei ha parlato con lui di me… cioè della nostra conversazione…

— Certo. Non la capisco. Non avrei dovuto parlarne?

— Ma no, non si tratta di questo. Evidentemente, lui non l’ha capita nel modo giusto. Si immagini, non ci vedevamo da quindici anni e subito, dopo esserci salutati, comincia con pesante sarcasmo a lodarmi per… In breve, mi ha praticamente accusato di aspirare al suo primato nel lavoro con i Testoni! Glielo assicuro, non c’è il benché minimo fondamento… Mi capisca, io intervengo nel problema solo come giornalista, come divulgatore, e niente altro…

— Certo, certo, giovanotto! — il vecchio alzò una mano. — Si calmi, la prego. Naturalmente non gli ho detto niente di simile. Se non altro perché non me ne intendo affatto…

— Beh… forse… non è stato abbastanza chiaro nella sua esposizione…

— Guardi che non ho esposto proprio niente. Gli ho detto che un certo giornalista Kammerer sta scrivendo un libro su di lui e che si è rivolto a me. Il numero del giornalista è questo. Telefonagli. Ecco tutto quello che gli ho detto.

— Beh, allora non capisco, — disse il giornalista Kammerer quasi disperato. — All’inizio ho pensato che lei fosse stato frainteso, ma se non è andata così, allora non so… Allora c’è qualcosa di morboso. Una mania. In genere questi Progressori si comportano bene quando lavorano, ma a volte, sulla Terra, perdono completamente il controllo… Saltano loro i nervi, chissà…

Il vecchio aggrottò le sopracciglia.

— Beh, sa… In fin dei conti non è da escludere che Lev mi abbia veramente frainteso… o, per esser precisi, che non mi abbia ascoltato attentamente… È stata una conversazione veloce. Avevo fretta, c’era un vento forte che scuoteva i pini, e mi sono ricordato di lei proprio all’ultimo momento…

— Ma no, non volevo dire niente del genere… — fece marcia indietro il giornalista Kammerer. — È probabile che sia stato io a fraintendere Lev… Sa, oltre al resto, mi ha colpito il suo aspetto… È molto cambiato, è diventato cattivo… Non ha avuto anche lei questa impressione, Sergej Pavlovič?


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