Del resto, tutto ciò mi interessava poco. Solo non dovevo dimenticare in futuro le parole di Rawlingson.

La missione si trovava sul fiume Thelon in Canada, a nordovest del lago Baker. I Testoni, a quanto pareva, godevano della massima libertà di movimento, e la sfruttavano ampiamente, sebbene si rifiutassero di utilizzare qualsiasi mezzo di trasporto, eccetto il trasporto-zero. La residenza della missione era stata costruita seguendo scrupolosamente un progetto presentato dagli stessi Testoni, i quali, tuttavia, avevano gentilmente declinato l’invito ad abitarla, e si erano sistemati lì intorno in alcuni locali sotterranei da loro stessi costruiti; per dirla in altre parole, delle tane. Non riconoscevano il valore delle telecomunicazioni, e a nulla erano valsi gli sforzi dei nostri ingegneri, che avevano costruito delle apparecchiature speciali per il loro udito e la loro vista, facili da manovrare. I Testoni riconoscevano il valore solo dei contatti personali. Dunque, bisognava volare al lago Baker.

Terminato che ebbi con Ščekn, decisi di trovare anche il dottor Serafimovič. Mi riuscì senza difficoltà, cioè mi riuscì di avere informazioni su di lui. A quanto pare, era morto da dodici anni, all’età di centodiciotto anni. Dottore in pedagogia, membro permanente del Consiglio Eurasiatico di Istruzione, membro del Consiglio Mondiale di Pedagogia, Valerij Michailovič Serafimovič. Peccato.

Mi occupai allora di Kornej Jašmaa. Il Progressore Kornej Janovič Jašmaa abitava da due anni nella tenuta «Il campo di Jan», una decina di chilometri a nord da Antonov, nella steppa del Volga. Seguiva un lungo elenco di meriti, da cui risultava che tutta la sua attività professionale era legata al pianeta Higanda. Evidentemente era un elemento importante, dotato di qualità pratiche, ed un teorico fuori del comune nel campo della Storia sperimentale, ma tutti i particolari relativi alla sua carriera mi uscirono subito di mente, non appena mi imbattei in due dati di scarsa evidenza.

Primo: Kornej Janovič Jašmaa era un figlio postumo.

Secondo: Kornej Janovič Jašmaa era nato il 6 ottobre dell’anno 38.

L’unica differenza con Lev Abalkin consisteva nel fatto che i genitori di Kornej Jašmaa non erano stati membri del gruppo “Jormala”, ma una coppia che era perita tragicamente durante l’esperimento “Lo specchio”.

Non volli credere alla mia memoria e diedi un’occhiata alla cartella. Era tutto uguale. E ovviamente c’era anche l’appunto sull’altro lato del testo arabo: «Si sono incontrati due nostri gemelli. Te lo assicuro, un puro caso…». Un caso. Beh, può essere, che lì su Higanda sia stato un caso: Lev Abalkin, figlio postumo, nato il 6 ottobre dell’anno 38, si è incontrato con Kornej Jašmaa, figlio postumo, nato il 6 ottobre dell’anno 38… Ma anche per me è un caso? «I gemelli». Di genitori diversi. «Se non ci credi, guarda lo 07 e l’11.» Allora, 07 è davanti a me. Dunque, da qualche parte nelle viscere del nostro dipartimento c’è anche l’11. Ed è logico supporre che ci sia anche 01, 02 e così via.. A proposito, mi devo dare un meno, perché non ho fatto subito attenzione a questa strana cifra: 07. Di solito le nostre schede (ovviamente non in cartelle ma in registrazioni a cristalli) sono contrassegnate o da parole di fantasia oppure dal nome di oggetti…

A proposito, che cos’è questo esperimento “Lo specchio”?

Mai sentito… Questo pensiero passò come in secondo piano, ed io posi quasi macchinalmente la domanda al GSI. La risposta mi colpì. INFORMAZIONE SOLO PER GLI SPECIALISTI. PER FAVORE, ESIBIRE IL LASCIAPASSARE. Composi il codice del mio lasciapassare e ripetei la domanda. Questa volta il cartellino con la risposta venne fuori con un ritardo di alcuni secondi: INFORMAZIONE SOLO PER GLI SPECIALISTI. PER FAVORE, ESIBIRE IL LASCIAPASSARE. Mi appoggiai alla spalliera della poltrona. Ma guarda un po’, per la prima volta mi capitava che il lasciapassare del COMCON-2 risultasse insufficiente per ottenere informazioni dal GSI.

A questo punto mi accorsi con grande chiarezza che ero uscito dai confini di mia competenza. Capii all’improvviso di avere davanti un enorme e oscuro mistero; che il destino di Abalkin, con tutti i suoi misteri e le sue incongruenze, non si risolveva soltanto nel mistero della personalità di Abalkin, ma era intrecciato al destino di molti altri uomini; che io non potevo immischiarmi in questi destini, non ne avevo il diritto, né come lavoratore, né come uomo.

Il problema non consisteva ovviamente nel fatto che il GSI si rifiutasse di darmi informazioni circa l’esperimento “Lo specchio”. Ero assolutamente certo che questo esperimento non avesse niente a che fare con il mistero. Il rifiuto del GSI fu semplicemente la molla che mi costrinse a guardarmi indietro, che mi rischiarò la vista. E subito collegai tutto: lo strano comportamento di Jadwiga Lekanova, l’insolito livello di segretezza, questo inconsueto «contenitore di documenti», la strana cifra, il rifiuto di Sua Eccellenza di mettermi completamente al corrente della situazione, e persino la sua iniziale disposizione di non entrare in contatto con Abalkin… Ed ora ecco anche la fantastica coincidenza di situazioni e di date di nascita fra Lev Abalkin e Kornej Jašmaa.

Era un mistero. Lev Abalkin era solo una parte di questo mistero. E capii perché Sua Eccellenza avesse affidato questo caso proprio a me. Probabilmente c’erano persone che sapevano tutto di questo mistero, ma probabilmente non erano adatte ad un’indagine. C’era un sufficiente numero di persone che avrebbe condotto quest’indagine non peggio, e forse meglio di me, ma Sua Eccellenza aveva indubbiamente capito che l’indagine prima o poi avrebbe condotto al segreto, e quindi era importante che si trattasse di una persona con la delicatezza sufficiente a fermarsi in tempo. Ma anche se nel corso dell’indagine il segreto fosse stato svelato, era importante che si trattasse di una persona in cui Sua Eccellenza avesse fiducia come in se stesso.

E poi il segreto di Lev Abalkin era per di più il segreto di una personalità! Molto male. Il segreto più vago fra tutti quelli immaginabili, di cui l’interessato non deve sapere niente… L’esempio più semplice: la notizia di una malattia incurabile. Un esempio più complesso: un atto compiuto senza sapere e che ha portato con sé conseguenze irreversibili, come è avvenuto, in tempi dimenticati, con Edipo…

Va bene, Sua Eccellenza ha fatto la scelta giusta. Non amo i misteri. Ammetto che molti sono sensazionali e capaci di colpire l’immaginazione, ma a me personalmente non è mai piaciuto venirne a conoscenza, e ancora meno farne partecipi persone che non c’entrano per niente. Da noi nel COMCON-2 la maggior parte dei collaboratori la pensa così, ed è per questo, probabilmente, che molto raramente si verificano fughe di notizie. Ma il mio disgusto per i misteri è, ciò nonostante, al di sopra della norma. Cerco persino di non utilizzare mai il termine «svelare un segreto», dico di solito «far venire alla luce un segreto», e mi sembra di essere in questo caso un vuotacessi nel significato letterale della parola.

Ecco, ora, per esempio.


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