«Quasi mi dispiace che stia piovendo» disse il questore. «Non riusciamo a vedere Spacetown.»

Baley guardò a ovest, ma era come aveva detto il questore: l’orizzonte era offuscato dal maltempo. Le torri di New York sbiadivano sempre più nella nebbia e sparivano in un indistinto sfondo biancastro.

«So com’è Spacetown» disse Baley.

«Mi piace come appare da qui» fece il questore. «Si distingue appena nell’intervallo fra i due settori di Brunswick. Cupole basse sparse dappertutto. È questa la differenza fra noi e gli Spaziali: noi viviamo affollati in poco spazio e dobbiamo costruire le torri per starci dentro tutti, loro si permettono una cupola per famiglia. Ogni famiglia ha la sua casa. E fra le cupole c’è spazio… hai mai parlato con uno Spaziale, Lije?»

«Qualche volta. Circa un mese fa ho parlato con uno di loro dal suo intercom» disse Baley, paziente.

«Sì, ricordo. Ma sto andando nel filosofico: noi e loro. Due modi di vita diversi.»

Lo stomaco di Baley cominciava a contrarsi un po’. Più, tortuoso era il modo in cui il questore affrontava l’argomento, più micidiale doveva essere la conclusione.

Disse: «Va bene, ma cosa c’è di tanto sorprendente? Non si può pretendere che otto miliardi di persone, quant’è la popolazione della Terra, possano permettersi una cupola per famiglia. Quelli hanno tutto lo spazio che vogliono, sugli altri pianeti. Che vivano a modo loro.»

Il questore tornò alla sua poltrona e sedette. Gli occhi fissavano Baley senza battere ciglio, lievemente rimpiccioliti dalle lenti concave. Disse: «Non tutti sono così tolleranti sulle differenze culturali. Sia fra noi che fra gli Spaziali».

«Va bene. E quindi?»

«Quindi tre giorni fa uno Spaziale è morto.»

Ci siamo. Gli angoli della bocca sottile di Baley si sollevarono un po’, ma l’effetto sulla faccia lunga e triste fu irrilevante. Disse: «Che peccato. Una malattia contagiosa? Un virus, un raffreddore forse…».

Il questore parve stupito. «Ma di che stai parlando?»

Baley non si preoccupò di spiegare. La precisione con cui gli Spaziali avevano eliminato le malattie dalla loro società era ben nota. La cura con cui evitavano gl’infetti terrestri, per quanto possibile, era ancora più nota. Peccato che il questore non avesse senso dell’umorismo.

Baley disse: «Facevo tanto per parlare. Di che è morto?». Si voltò verso la finestra.

Il questore rispose: «Di asportazione del petto. Qualcuno ha usato un fulminatore contro di lui».

Baley sentì la schiena irrigidirsi. Senza voltarsi, disse: «Cosa?».

«Omicidio» rispose dolcemente il questore. «Tu sei un uomo di mondo. Sai che cos’è l’omicidio.»

Finalmente Baley si girò. «Ma uno Spaziale! Tre giorni fa!»

«Sì.»

«Chi è stato? Come?»

«Gli Spaziali sostengono che è stato un terrestre.»

«Non è possibile.»

«Perché no? Tu non li ami, io nemmeno. Chi li vuole, su questo dannato mondo? Qualcuno ha spinto il suo disamore un po’ più in là, questo è tutto.»

«Sicuro, ma…»

«C’è stato l’incendio alle fabbriche di Los Angeles. C’è stata la sommossa anti-R. a Berlino e i disordini di Shangai.»

«Va bene.»

«Tutto parla di scontento crescente. Forse c’è una specie di organizzazione.»

«Questore, io non capisco. Mi sta mettendo alla prova per qualche motivo?»

«Cosa?» Il questore sembrava onestamente stupito.

Baley lo tenne d’occhio. «Tre giorni fa uno Spaziale viene ammazzato e gli Spaziali pensano che ci sia sotto un terrestre. Finora» tamburellò sul piano della scrivania «non è emerso niente. Ho ragione? Questore, è semplicemente incredibile. Per la valle di Giosafatte, se una cosa del genere accadesse sul serio la Città di New York salterebbe in aria, tutta quanta.»

Il questore scosse la testa. «Non è così facile. Guarda, Lije, sono stato fuori tre giorni e ho parlato con il sindaco. Sono stato a Spacetown e a Washington, al Terrestrial Bureau of Investigation.»

«Ah sì? E che le hanno detto i ragazzi del TBI?»

«Che la rognetta è nostra e ce la teniamo. Spacetown è sotto la giurisdizione di New York.»

«Ma con diritti extraterritoriali!»

«Lo so, ci sto arrivando.» Gli occhi del questore non ressero oltre lo sguardo penetrante di Baley. D’un colpo sembrava che i ruoli si fossero invertiti, e che il superiore fosse Baley; quest’ultimo accettava il fatto.

«Gli Spaziali possono cavarsela da soli, la loro patata bollente.»

«Aspetta un minuto, Lije» pregò il questore. «Non farmi fretta. Sto cercando di parlarti in tutta onestà, da uomo a uomo. Voglio che tu conosca la mia posizione. Io ero là quando si è sparsa la notizia. Avevo un appuntamento con lui… con Roj Nemennuh Sarton.»

«La vittima?»

«La vittima.» Il questore gemette. «Altri cinque minuti e avrei scoperto il cadavere io stesso. Sarebbe stato un bello shock. Ti assicuro che è stata una cosa brutale, veramente brutale. Mi sono venuti incontro e mi hanno informato, e da allora ho passato tre giorni d’incubo. E a peggiorare tutto, la mancanza degli occhiali. Per fortuna questo non succederà più: ne ho ordinati tre paia.»

Baley cercò di figurarsi la scena. Gli pareva di vedere le figure allampanate degli Spaziali che si avvicinavano al questore e gli davano la notizia nel loro modo scarno, privo di emozioni. Julius si toglieva gli occhiali e cercava di pulirli, ma sotto la pressione degli eventi li faceva cadere e guardava i frammenti con un fremito delle labbra piene e morbide. Baley era certo che per buoni cinque minuti il questore si era preoccupato molto più degli occhiali che dell’omicidio in sé.

«Mi trovo in una maledetta posizione» disse il capo. «Come hai detto, gli Spaziali hanno diritto all’extraterritorialità. Possono svolgere indagini in proprio e riferire ai rispettivi governi quello che vogliono. I Mondi Esterni si serviranno dell’incidente per fare un’esorbitante richiesta d’indennizzo. E tu sai che conseguenze questo avrebbe, agli occhi dell’opinione pubblica terrestre.»

«Per la Casa Bianca accettare il pagamento equivarrebbe a un suicidio politico.»

«Non pagare sarebbe un’altra forma dello stesso suicidio.»

«Non ha bisogno di disegnare il quadro a me» disse Baley. Era solo un ragazzo quando gli argentei incrociatori venuti dallo spazio avevano fatto sbarcare i contingenti armati a Washington, New York e Mosca per ottenere i pagamenti di loro "spettanza".

«Dunque lo vedi: pagare o non pagare, è un guaio lo stesso. L’unico modo per venirne fuori è trovare l’assassino per conto nostro e consegnarlo agli Spaziali. Tocca a noi.»

«Perché non al TBI? Anche se la giurisdizione è nostra, c’è la questione dei rapporti interstellari…»

«Il TBI non vuole sporcarsi le mani. La patata scotta ed è finita proprio fra le nostre dita.» Per un attimo alzò la testa e guardò il subordinato in modo penetrante. «E questo non va bene, Lije. Tutti noi rischiamo di perdere il lavoro.»

Baley disse: «Sostituirci in massa? Balle. Non esistono tanti uomini addestrati che possano mandare avanti il Dipartimento».

«Però» disse il questore «esistono gli R.»

«Cosa?»

«R. Sammy è solo l’inizio. Fa il fattorino. Altri fanno i vigili. Maledizione, Lije, conosco gli Spaziali meglio di te e so che cosa stanno combinando. Ci sono R. che possono fare il tuo lavoro e il mio. Verremo declassati, non credere. E alla nostra età l’ufficio di collocamento non dà molte speranze.»

Contrariato, Baley disse: «D’accordo».

Il questore temette di aver esagerato: «Mi spiace, Lije».

Baley annuì e tentò di non pensare a suo padre.

Il questore conosceva la storia, ovviamente. Baley disse: «Quando è cominciata questa storia delle sostituzioni?».

«Non fare l’ingenuo, Lije. È stata una cosa graduale, e va avanti da venticinque anni. Da quando sono arrivati gli Spaziali. Sta solo cominciando a colpire più in alto, questo è tutto. Se sbagliamo questo caso, è un bel passo verso la fine dei sogni rosei di pensionamento. D’altra parte, Lije, se lo risolviamo possiamo allontanare quel pericolo di molto. Possiamo farlo scomparire nel futuro. E per te sarebbe un successo personale.»


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