«Quindi chi ha commesso il delitto ha nascosto bene la sua arma, oppure…»
«Non può trovarsi a Spacetown. Le nostre ricerche sono state capillari.»
Spazientito, Baley disse: «Cerco di considerare tutte le eventualità. O è stata nascosta o l’assassino l’ha portata con sé quando se n’è andato».
«Proprio così.»
«E se si ammette la seconda possibilità, il questore è scagionato.»
«Appunto. Come semplice precauzione gli abbiamo fatto un’analisi cerebrale.»
«Una cosa?»
«Per analisi cerebrale intendo l’interpretazione dei campi elettromagnetici delle cellule vive del cervello.»
«Oh» fece Baley, che era al punto di prima: «E cosa vi ha rivelato?»
«L’esame fornisce informazioni sulla stabilità emotiva del soggetto. Nel caso del questore Enderby, ci ha rivelato che sarebbe stato incapace di uccidere il dottor Sarton. Proprio incapace.»
«Già» convenne Baley «non è il tipo. Avrei potuto dirvelo io.»
«È meglio avere informazioni obbiettive. Naturalmente, la popolazione di Spaceto’wn è stata sottoposta allo stesso esame.»
«E scommetto che è risultata tutta incapace.»
«Infatti. Per questo sappiamo che l’assassino dev’essere un abitante della Città.»
«Allora non ci resta che analizzare la popolazione di New York.»
«Non sarebbe molto pratico, Elijah. Potremmo scoprire milioni di individui potenzialmente capaci dell’atto.»
«Milioni» borbottò Baley pensando alla.calca che in giorni lontani si era ammassata sotto la Barriera per gridare maledizioni agli Spaziali; o alla folla minacciosa davanti al negozio di scarpe, la sera prima.
Pensò: "Povero Julius! Un indiziato!".
Gli parve di sentire la voce del questore che descriveva le sue emozioni dopo il ritrovamento del cadavere: "Una cosa brutale, brutale." Nessuna meraviglia che lo shock e il disgusto gli avessero fatto cadere gli occhiali. Nessuna meraviglia che non volesse mettere piede a Spacetown. "Li odio" aveva sibilato fra i denti.
Povero Julius: l’uomo che riusciva a intendersi con gli Spaziali. L’uomo il cui merito maggiore, agli occhi della Città, era la capacità di trattare con quella gente. Quanto aveva contribuito, quella fama, alle sue rapide promozioni?
Nessuna meraviglia che avesse scaricato la faccenda sulle spalle di Baley. Vecchio, fedele Baley, il compagno di scuola! Sarebbe rimasto zitto se avesse scoperto quella piccola discrepanza nell’immagine del superiore. Baley si chiese come venisse fatta l’analisi cerebrale. Immaginò grandi elettrodi, pantografi indaffarati che tracciavano linee nervose sulla carta del grafico, congegni automatici che ticchettavano in posizione.
Povero Julius. Se era terrorizzato come le circostanze facevano supporre, forse si vedeva già davanti al sindaco con una lettera di dimissioni obbligate che l’aspettava.
L’autopattuglia imboccò i sublivelli del Municipio.
Erano le 14,30 quando Baley arrivò al suo tavolo. Il questore era uscito, e R. Sammy, sorridente come al solito, non sapeva dove fosse andato.
Baley passò un po’ di tempo a pensare, senza far caso alla fame.
Alle 15,20 R. Sammy si avvicinò a lui e disse: «Il questore è tornato, Lije».
Baley abbozzò un "Grazie."
Per una volta era riuscito ad ascoltare il robot senza irritarsi.
R. Sammy, dopotutto, era un parente di R. Daneel, e R. Daneel non era una persona — o piuttosto una cosa — che gli provocasse irritazione. Baley provò a immaginare un pianeta dove uomini e automi costruissero una cultura che partiva da quella delle Città. Era un problema che meritava considerazione.
Quando Baley entrò nell’ufficio del superiore, questi stava esaminando un fascio di documenti e ogni tanto s’interrompeva per prendere appunti.
Alzò la testa e disse: «Hai preso un bel granchio, laggiù a Spacetown».
I ricordi lo assalirono improvvisamente. Il duello verbale con Fastolfe…
La faccia lunga di Baley assunse un’aria lugubre e contrita. «Lo ammetto, questore, mi dispiace.»
Enderby lo fissò e attraverso gli occhiali brillò uno sguardo penetrante. Sembrava di nuovo se stesso, come se l’incubo delle trenta ore precedenti si fosse allentato. «Non ha molta importanza, Lije. Fastolfe non ci ha dato peso, quindi dimenticheremo. Imprevedibili, questi Spaziali. Ma non ti meriti la fortuna che hai avuto: la prossima volta parlerai con me prima di comportarti come un eroe della subeterica.»
Baley fece cenno di sì con il capo. Si sentiva sollevato da un peso enorme, come se, provando un salto mortale, si fosse accorto di averlo sbagliato e scoprisse nonostante tutto di essere illeso. Okay, era sorpreso che tutto si fosse sgonfiato tanto facilmente, ma così era.
«Senta, questore, voglio che faccia assegnare un appartamento per uomini a R. Daneel e a me. Non lo porterò a casa, stasera.»
«Come sarebbe?»
«Si è sparsa la notizia che è un robot, ricorda? Forse non succederà niente, ma se ci sono disordini non voglio che la mia famiglia ci vada di mezzo.»
«Sciocchezze, Lije. Ho fatto controllare e ti assicuro che non si è sparsa nessuna notizia.»
«Jessie ha saputo la verità da qualche parte.»
«E io insisto che non c’è niente di cui preoccuparsi. Ho lavorato al problema da quando è finito il collegamento con Spacetown, anzi, ho lasciato il buon Fastolfe proprio per dedicarmi a questo. Dovevo accertare la situazione, e in fretta, così ho incaricato Doris Gillid di farmi un rapporto. Puoi controllare da te: è stata in una decina di Personali per donne in diverse parti della Città e non ha sentito voci allarmanti. Conosci Doris, è una ragazza in gamba, ma non è emerso niente. Proprio niente.»
«Allora come ha fatto Jessie a sentire la storia?»
«C’è una spiegazione. R. Daneel ha dato spettacolo nel negozio di scarpe… ha tirato veramente fuori un’arma, Lije, o hai esagerato un pochino?»
«L’ha tirata fuori e l’ha anche puntata.»
Il questore scosse la testa. «Va bene, qualcuno l’ha riconosciuto. Come robot, intendo.»
«Un momento» fece Baley, indignato. «Nessuno potrebbe capire che non è umano.»
«Perché?»
«Lei ci riesce? Io no.»
«Ma questo cosa prova? Noi non siamo esperti. Supponi che tra la folla ci fosse un tecnico delle fabbriche di Westchester. Un professionista della robotica, un uomo che ha passato la vita con gli automi. Nota qualcosa di strano in R. Daneel, forse nel modo in cui parla o in cui si comporta. Ci pensa su e magari lo racconta a sua moglie, che a sua volta spettegola con un paio di amiche. Ma tutto finisce lì: è una storia troppo fantastica, la gente non ci crede. Jessie l’ha sentita un attimo prima che si estinguesse.»
«Forse» disse Baley, dubbioso. «Ma la prego di farmi assegnare lo stesso un appartamento per uomini.»
Il questore si strinse nelle spalle e prese l’intercom. Dopo un po’ disse: «Settore Q 27, è tutto quello che posso fare. Non è un buon quartiere».
«Andrà benissimo» fece Baley.
«A proposito, dov’è R. Daneel?»
«Allo schedario. Cerca informazioni sui medievalisti facinorosi.»
«Buon Dio, saranno milioni.»
«Lo so, ma lui è contento.»
Baley era sulla porta quando si voltò d’impulso e disse: «Questore, il dottor Sarton le ha mai parlato del programma di Spaceto.wn? Voglio dire, l’idea di introdurre qui da noi una cultura C/Fe…».
«Una che?»
«I robot. Introdurre i robot sulla Terra.»
«Di quando in quando.» Il questore non sembrava particolarmente interessato all’argomento.
«E le ha spiegato qual era lo scopo?»
«Oh, migliorare la salute, alzare il livello di vita, le solite cose. Non m’ha incantato. Naturalmente mi fingevo d’accordo, annuivo: che altro avrei potuto fare? Tutto sta nell’assecondarli e sperare che si mantengano nei limiti della ragione. Forse un giorno…»
Baley aspettò, ma Enderby non specificò quello che un giorno lontano sarebbe potuto avvenire.
«Non le ha mai parlato di emigrazione?»