Odiedin li stava scrivendo per una famiglia, Tobadan stava dando erbe e unguenti a un’altra famiglia, e Siez, terminato il canto, si era seduto con gli altri abitanti del villaggio per narrare. Siez era un giovane taciturno dagli occhi a fessura, ma nei villaggi diventava un torrente di parole.
Stanca e con la testa che le girava un po’ — dovevano essere saliti di un altro chilometro, quel giorno — e godendosi il sole pomeridiano, Sutty si unì al semicerchio attento di uomini e donne e bambini, si sedette a gambe incrociate sul terreno sassoso, e ascoltò insieme a loro.
«La narrazione!» esordì solenne, a voce alta, Siez, e fece una pausa.
Il suo pubblico emise un suono sommesso, ah, ah, e ci fu uno scambio di mormorii.
«La narrazione di una storia!»
Ah, ah, mormorii…
«La storia è il caro Takieki!»
Sì, sì. Il caro Takieki, sì.
«Ora la storia inizia! Ora, la storia inizia quando il caro Takieki viveva ancora insieme alla vecchia madre, essendo un uomo adulto, ma sciocco. Sua madre morì. Era povera. Tutto ciò che aveva da lasciargli era un sacco di farina di fagioli che aveva tenuto in serbo per loro perché la mangiassero durante l’inverno. Il padrone di casa venne e cacciò Takieki.»
Ah, ah, mormorarono gli ascoltatori, annuendo mesti.
«Così Takieki si mise in cammino lungo la strada con il sacco di farina di fagioli in spalla. Camminò e camminò, e giunto su una collina vide avanzare verso di lui un uomo lacero. S’incontrarono sulla strada. L’uomo disse: "È un sacco pesante, quello che porti, giovanotto. Mi mostri cosa contiene?". E Takieki lo fece. "Farina di fagioli!" disse il pezzente.»
«Farina di fagioli» mormorò un bambino.
«"E che bella farina di fagioli è! Ma non ti basterà per tutto l’inverno. Farò un affare con te, giovanotto. Ti darò un vero bottone di ottone per quella farina!" Takieki disse: "Oh, oh, credi di imbrogliarmi, ma non sono così sciocco!".»
Ah, ah.
«Dunque Takieki si issò il sacco in spalla e proseguì. E camminò e camminò, e sulla collina successiva vide avanzare verso di lui una ragazza lacera. S’incontrarono sulla strada, e la ragazza disse: "Porti un sacco pesante, giovanotto. Devi essere molto forte! Posso vedere cosa c’è dentro?". Così Takieki le mostrò la farina di fagioli, e lei disse: "Che bella farina! Se la dividerai con me, giovanotto, verrò con te, e farò l’amore con te ogni volta che vorrai, finché durerà la farina".»
Una donna diede un colpetto di gomito alla donna seduta accanto a lei, sorridendo.
«Takieki rispose: "Oh, no. Credi di imbrogliarmi, ma non sono così sciocco!". E si mise il sacco in spalla e proseguì. E camminò e camminò, e sulla collina successiva vide avanzare verso di lui un uomo e una donna.»
Ah, ah, molto sommessamente.
«L’uomo era scuro come il crepuscolo e la donna chiara come l’alba, e indossavano indumenti dai colori vivaci e gioielli scintillanti, rossi e blu. S’incontrarono sulla strada, e lui/lei/loro dissero: "Che sacco pesante porti, giovanotto. Vuoi mostrarci cosa contiene?". E Takieki lo fece. Allora i maz dissero: "Che bella farina di fagioli! Ma non ti basterà per tutto l’inverno". Takieki non sapeva cosa dire. I maz dissero: "Caro Takieki, se ci darai il sacco di farina che ti ha dato tua madre, potrai avere la fattoria che è su quella collina, con cinque granai pieni di grano, e cinque magazzini pieni di farina, e cinque stalle piene di eberdin. Nella fattoria ci sono cinque grandi stanze, e il tetto è fatto di monete d’oro. E la padrona di casa è nella casa, e aspetta di diventare tua moglie". Takieki disse: "Oh, oh. Credete di imbrogliarmi, ma non sono così sciocco!". E continuò a camminare e a camminare, e raggiunse la collina, e passò accanto alla fattoria con cinque granai e cinque magazzini e cinque stalle e il tetto d’oro, e continuò a camminare, il caro Takieki!»
Ah, ah, ah, dissero tutti gli ascoltatori, con grande contentezza. Poi, dopo avere ascoltato con tanta attenzione, si rilassarono e chiacchierarono un po’, e portarono a Siez una tazza e una teiera di tè caldo perché si ristorasse, e attesero rispettosi il proseguimento della narrazione.
Perché Takieki era "caro"?, si chiese Sutty. Perché era sciocco? (Piedi nudi che camminavano nell’aria.) Perché era saggio? Ma un uomo saggio avrebbe diffidato dei maz? Sicuramente era stato sciocco a rifiutare la fattoria e i cinque granai e una moglie. La storia significava che, per un sant’uomo, una fattoria e cinque granai e una moglie non valevano un sacco di farina di fagioli? O significava che un sant’uomo, un asceta, era uno sciocco? La gente con cui era vissuta negli ultimi mesi onorava l’autocontrollo, la moderazione, ma non ammirava la privazione. Non aveva una concezione rigorosa del digiuno, e non vedeva alcun pregio nel disagio, nella fame, nella povertà.
Se fosse stata una parabola terrestre, molto probabilmente Takieki avrebbe dovuto dare il sacco di farina al pezzente in cambio del bottone di ottone, o regalarglielo semplicemente, e una volta morto avrebbe ricevuto la ricompensa in paradiso. Ma su Aka, la ricompensa, spirituale o fiscale, era immediata. Svolgendo le sue funzioni di maz, Siez non stava accumulando un conto bancario di virtù o santità: in cambio della sua narrazione, otteneva lode, riparo, cibo, provviste per il viaggio, e la consapevolezza di avere svolto il proprio compito. Gli esercizi fisici non miravano al conseguimento di un ideale di salute o longevità, ma venivano fatti per il benessere immediato e per il piacere di farli. La meditazione aveva come scopo una trascendenza presente e temporanea, non un nirvana definitivo. Aka era un’economia basata sul contante, non sul credito.
Ecco perché odiavano l’usura. Loro volevano affari equi e pagamento in contanti.
Ma, allora, la ragazza che si era offerta a Takieki se lui avesse diviso con lei la sua farina? Non era un affare equo?
Sutty meditò sul problema durante tutta la narrazione successiva, un brano famoso della Guerra della valle che lei aveva sentito raccontare da Siez parecchie volte nei villaggi pedemontani. «Questa storia potrei raccontarla anche addormentato» diceva Siez. Sutty concluse che molto dipendeva dal grado di consapevolezza che Takieki aveva della propria ingenuità. Sapeva che la ragazza avrebbe potuto ingannarlo? Sapeva di non essere in grado di gestire una grande fattoria? Forse aveva fatto la cosa giusta, tenendosi stretto quello che gli aveva dato sua madre. Forse, no.
Non appena il sole calò dietro la parete della montagna a ovest, nelle tenebre incombenti l’aria scese subito di parecchi gradi sotto zero. Tutti si accalcarono nelle tende-capanne a mangiare, soffocando per il fumo e l’odore acre. I viaggiatori avrebbero dormito nelle loro tende, montate vicino a quelle più grandi degli abitanti del villaggio. Questi ultimi dormivano nudi, sudici, promiscuamente, sotto mucchi di pelli morbide, unte di grasso e piene di pulci. Nella tenda che divideva con Odiedin, Sutty pensò a quella gente prima di addormentarsi. Gente brutale, gente primitiva, aveva detto il Controllore, appoggiato al parapetto del battello, guardando il lungo rialzo del terreno che nascondeva la Montagna. Aveva ragione. Erano primitivi, sporchi, analfabeti, ignoranti, superstiziosi. Rifiutavano il progresso, si sottraevano a esso, non sapevano nulla della Marcia verso le Stelle. Si tenevano stretto il loro sacco di farina di fagioli.
Una decina di giorni dopo, mentre erano accampati sulla neve compatta in una valle lunga e poco profonda tra pallidi dirupi e ghiacciai, Sutty udì un motore, un aereo o un elicottero. Il suono era distorto dal vento e dall’eco. Avrebbe potuto essere vicinissimo, o provenire da molto lontano, riverberato da un versante all’altro. C’era qualche banco sparso di nebbia bassa, il cielo era coperto. Le loro tende, grigio spento, al riparo di un seracco, potevano essere indistinguibili nel vasto paesaggio o facilmente visibili dall’alto. Rimasero immobili finché udirono il rumore sordo tamburellante portato dal vento.