Era lui che soffriva nel sogno, il sognatore Falk. Ramarren tentò di sfuggire a quel desiderio disperato pensando a sua moglie, capelli bruni, occhi dorati, in un abito intessuto di mille catenelle d'oro, sua moglie Adrise. Ma l'anello matrimoniale non c'era più. E Adrise era morta. Era morta da tanto, tantissimo tempo. Aveva sposato Ramarren sapendo già che avevano poco più di una fase lunare da passare assieme, perché lui doveva compiere il Viaggio verso il pianeta Terran. E in quell'unico momento, terribile momento del viaggio di lui, ella aveva consumato la sua vita, era invecchiata, morta; probabilmente era morta da cento anni terrestri. Passati tanti anni in mezzo a tante stelle chi era il sognatore, qual era il sogno?

«Saresti dovuto morire cento anni fa», aveva detto il Principe del Kansas a Falk che non capiva, vedendo o sentendo o sapendo che c'era un uomo perduto dentro di lui un uomo nato tanto tempo prima. Ed ora se Ramarren fosse tornato su Werel sarebbe ancora più in là nel suo futuro. Circa tre secoli, circa cinque lunghi Anni di Werel sarebbero trascorsi da quand'era partito; sarebbe stato tutto diverso; su Werel sarebbe stato straniero non meno di quanto lo era stato sulla Terra.

La sua casa era solo in un luogo, un luogo dove lo attendeva il benvenuto di coloro che lo avevano amato: la Casa di Zove. E non l'avrebbe rivista più. Se la via per lui conduceva da qualche parte, era lontano, fuori della Terra. Era abbandonato a se stesso, e aveva un'unica cosa da fare: cercare quella via fino in fondo.

10

Era giorno fatto, e accorgendosi di avere molta fame Ramarren, si diresse alla porta nascosta e chiese ad alta voce, in Galaktika, del cibo. Non vi fu risposta, ma un programmato gji portò la colazione e gliela servì; quando stava per terminare il pasto fuori della porta vi fu un leggero segnale. — Entra! — disse Ramarren in kelshiano; Orry entrò e dietro di lui l'alto Abundibot, quindi altri due che Ramarren non aveva mai visto. Eppure i loro nomi gli erano noti: Ken Kenyek e Kradgy. Gli furono presentati: scambi di cortesie. Ramarren scoprì di riuscire a barcamenarsi benissimo; la necessità di tenere Falk completamente nascosto, anzi sepolto dentro di lui si rivelò un vero vantaggio in quanto gli evitava di comportarsi liberamente. Si rendeva poi conto che il mentalista Ken Kenyek cercava di indagare la sua mente, e con rilevante abilità e forza, per di più; ma neppure questo lo preoccupava. Se le sue barriere avevano tenuto bene anche quand'era sottoposto al cappuccio paraipnotico, non sarebbero certo venute meno adesso.

Nessuno degli Shing gli rivolse la parola. Stavano lì attorno nel loro atteggiamento rigido, come se temessero di essere toccati, e tutto quel che dicevano lo bisbigliavano. Ramarren fece in modo di porre alcuni dei quesiti che come Ramarren ci si aspettava da lui: sulla Terra, l'umanità, gli Shing. Poi ascoltò gravemente le risposte. Una volta cercò anche di sintonizzarsi con il giovane Orry, ma non ci riuscì. Non che il ragazzo avesse delle difese, ma probabilmente era stato sottoposto a qualche trattamento mentale che gli aveva distrutto quella scarsa abilità a mettersi in sintonia che aveva imparato da bambino, e poi era sotto l'influsso della droga a cui era stato abituato. E quando Ramarren gli inviò il piccolo segnale familiare dei loro rapporti di prech-noye, Orry si diede a succhiare il suo tubicino di partiitha. Nel vivido mondo sconvolgente della semiallucinazione che la droga gli offriva le sue percezioni erano intorpidite e non riceveva nulla.

— Non hai visto nulla della Terra all'infuori di quest'unica stanza — disse a Ramarren l'unico vestito da donna, Kradgy, in un roco sussurro. Ramarren si guardava da tutti loro, ma Kradgy era quello che gli suscitava un istintivo timore, per non dire avversione; c'era un che di incubo in quel corpo possente ammantato di abiti fluttuanti, con i lunghi capelli d'un nero violetto, il roco sussurro sibilante.

— Vorrei vedere qualcos'altro.

— Ti mostreremo qualunque cosa vorrai. La Terra è aperta al suo onorevole visitatore.

— Non ricordo di avere visto la Terra dall'Alterra quando siamo entrati in orbita — disse Ramarren in un Galaktika stentato, con accento wereliano. — Né ricordo l'attacco all'astronave. Mi sapete dire perché mai?

La domanda poteva diventare rischiosa, ma era autenticamente curioso della risposta; era l'unico vuoto che gli restava nella doppia memoria.

— Eri nella condizione che definiamo di acronia — rispose Ken Kenyek. — Quando sei arrivato alla Soglia sei uscito dalla velocità della Juce troppo velocemente, perché la tua astronave non aveva il ritemporalizzatore. In quel momento, e per alcuni minuti o ore successive, hai perso la coscienza o il controllo.

— Non avevamo mai affrontato quel problema, dati i brevi viaggi alla velocità della luce.

— Quanto più dura il viaggio, tanto più forte diventa la Soglia…

— È stata un'impresa ardimentosa — disse Abundibot con il suo sussurro gracchiante e fiorito come al solito — un viaggio di centoventicinque anni in un'astronave poco collaudata!

Ramarren accettò il complimento senza correggere il numero.

— Andiamo, Signori, mostriamo al nostro ospite la Città della Terra. — Simultaneamente alle parole di Abundibot, Ramarren colse uno scambio telepatico tra Kradgy e Ken Kenyek, ma senza cogliere il senso; era troppo attento a mantenersi sulla difensiva egli stesso per riuscire a sentire mentalmente, o anche solo a ricevere impressioni empatiche.

— L'astronave su cui tornerete a Werel — disse Ken Kenyek — sarà, naturalmente, fornita del ritemporalizzatore e non soffrirai alcun danno rientrando nello spazio planetario.

Ramarren s'era alzato, piuttosto goffamente — Falk era abituato alle sedie, mentre Ramarren no, e si sentiva molto scomodo appollaiato a mezz'aria — ma poi se ne stette fermo e dopo un poco chiese: — L'astronave su cui torneremo…?

Orry levò gli occhi con confusa speranza. Kradgy sbadigliò, mostrando denti gialli e robusti. Abundibot disse: — Quando avrai visto tutto quello che vorrai sulla Terra, e avrai imparato tutto quello che vorrai imparare, ti metteremo a disposizione un'astronave a velocità della luce perché possa fare, ritorno su Werel… tu, Signore Agad, e Har Orry. Noi viaggiamo molto poco. Non ci sono più guerre; non abbiamo bisogno di scambi con gli altri mondi; e non vogliamo mandare di nuovo in rovina questa povera Terra con il costo spropositato di astronavi a velocità della luce solo per soddisfare la nostra curiosità. Noi Uomini della Terra siamo ormai una razza vecchia; perciò restiamo a casa, a badare al giardino, senza mescolarci con le esplorazioni intergalattiche. Ma il tuo Viaggio deve essere portato a termine, la tua missione deve compiersi. La Nuova Alterra ti aspetta al nostro spazioporto: Werel aspetta il tuo ritorno. È un grande peccato che la civiltà cui appartieni non abbia riscoperto il principio della trasmittente istantanea; avremmo potuto metterci in comunicazione con loro. Naturalmente adesso può darsi che abbiamo il trasmettitore istantaneo; ma non possiamo inviargli nessuna segnalazione perché non abbiamo le coordinate.

— Peccato davvero — disse Ramarren educatamente.

Vi fu una pausa breve ma intensa.

— Credo di non capire — disse poi.

— Il trasmettitore istantaneo…

— Capisco cosa era in grado di fare il trasmettitore istantaneo, ma non come lo facesse. Come giustamente dite, quando ho lasciato Werel non avevamo riscoperto il principio della trasmissione istantanea. Ma non capisco cosa abbia impedito a voi di tentare di inviare segnali a Werel.

"Terreno pericoloso". Era del tutto all'erta, ora, controllatissimo, un giocatore, non una pedina; e avvertiva una tensione elettrica dietro ai tre volti rigidi.

— Prech Ramarren — disse Abundibot — dato che Har Orry era troppo giovane per aver imparato le distanze precise tra i due pianeti, non abbiamo mai avuto l'onore di conoscere esattamente dove si trovi Werel, anche se, naturalmente, ne abbiamo un'idea approssimativa. Inoltre Har Orry parlava stentatamente il Galaktika, e non conosceva il nome in Galaktika del sole di Werel; e il nome, ovviamente, sarebbe stato determinante per noi, che abbiamo in comune con voi il linguaggio, ereditato dai giorni della Lega. Ecco perché siamo stati costretti ad aspettare il tuo aiuto prima di tentare un contatto istantaneo con Werel, o di preparare le coordinate per l'astronave che teniamo pronta per te.


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