16
Il sole al tramonto sfiorava le colline a ovest. I contadini tornavano dai campi in piccoli gruppi, e appena entrati nel recinto del villaggio venivano presi e disarmati dagli uomini di Alec.
Quando scese la sera tutto il villaggio era ormai saldamente presidiato.
— Ehi! — gridò Gianelli alla vacillante luce del fuoco che avevano acceso nella piazza del villaggio. — Abbiamo trovato il vino! — e alzò il braccio per mostrare un fiasco impagliato che poi si portò alle labbra.
Alec, che stava mangiando insieme a Jameson, seduto davanti al fuoco, disse: — È meglio assicurarsi che non si scolino più di due o tre fiaschi. Fa' sorvegliare gli altri o spaccali. E controlla che i paesani restino nelle capanne. Non voglio che qualcuno dei nostri dia fastidio alle loro donne. Finché è possibile, voglio mantenere buoni rapporti con questa gente.
Jameson annuì, finì di ripulire il piatto e poi si allontanò nel buio.
Alec passò un paio d'ore a interrogare senza frutto gli uomini del villaggio. Nessuno ammise di sapere dove si trovasse il quartier generale di Douglas, limitandosi a dire che era ubicato a ovest della valle. Per anni avevano mandato il grano sulla strada occcidentale, in cambio di protezione. Erano seri ed educati, ma si rifiutavano di dare informazioni precise. Parlando del padre di Alec lo chiamavano "il Douglas", come se dicessero "il Signore".
— Potete vedere che lui non sta ai patti, — disse Alec, che aveva fatto distribuire agli uomini parte del vino che aveva sequestrato, e beveva con loro. — In che modo vi protegge?
— La protezione verrà — sentenziò uno degli anziani.
— Protezione significa difendere, non vendicare — ribatté Alec. — I miei uomini avrebbero potuto bruciare il villaggio, violentare le donne, uccidervi tutti.
— Ahhh — disse il vecchio che si era appisolato al cancello. — Il Douglas sapeva che voi non eravate una delle solite bande di razziatori.
— Cosa?
— Qualche settimana fa ci ha detto che suo figlio sarebbe probabilmente passato da queste parti.
— Sta' zitto, vecchio scemo! — gridò un giovane.
Ma Alec lo zittì con un gesto. — Douglas è venuto qui per avvertirvi che forse suo figlio avrebbe assalito il vostro villaggio?
Adesso il vecchio era turbato, incerto. — Eh… pressappoco… forse ho capito male… Sto perdendo la memoria…
Così mi aspettava, pensò Alec.
Cercarono di cambiare discorso, ma Alec tornò sull'argomento di Douglas e del suo quartier generale senza risultato alcuno. Alla fine Alec augurò la buonanotte e li rimandò alle loro capanne.
Mentre li osservavano allontanarsi nel buio, Jameson mormorò: — Sarebbe più facile sorvegliarli se li riunissimo tutti in una o due capanne.
— Lasciamoli dormire nei loro letti — rispose Alec. — Gli abbiamo portato via le armi, e non sono tipi che vanno in cerca di guai.
— Non ti hanno detto molto, vero?
— No — ammise Alec.
— Abbiamo l'equipaggio del carro. Loro sanno dove sta Douglas.
— Già.
— E sanno che noi lo sappiamo. Un po' di persuasione li indurrebbe a parlare.
Alec non disse niente.
— Potrei… ehm… parlare con loro. Coi due uomini, dico. Non voglio dar fastidio alla ragazza.
— Parlerò io con lei — disse Alec. — Chissà che non riesca a convincerla…
— Alec, dimmi, cosa facciamo se la ragazza ti dice dove sta tuo padre? Non possiamo andare semplicemente da lui per dirgli che deve darci quello che vogliamo.
— No, però possiamo far venire dalla base lunare tutti gli uomini che ci servono; e inoltre credo che potremmo reclutarne qualcuno anche qui. Non è possibile che siano tutti fedeli a Douglas. Staranno con noi… non fosse altro che per la prospettiva di guadagnarsi una parte del bottino, specialmente dopo avere visto che gruppo numeroso saremo riusciti a mettere insieme.
— Credi davvero che Kobol sia disposto a mandarci tanti uomini?
— Di sicuro non lo farà per me, ma per i materiali sì. Ne hanno troppo bisogno perché Kobol e gli altri si rifiutino di aiutarci — e fra sé aggiunse: Anche se Kobol è riuscito ad avere il predominio nel Consiglio dovrà venire qui per procurarseli.
Nell'incerta luce del fuoco non era possibile distinguere l'espressione di Jameson. — Ascolta, Alec… alcuni dei nostri sono convinti che non torneranno mai a casa. Pensano che non verranno mai a riprenderci.
— Non è vero!
— Loro la pensano così. E… bene, non è che gli dispiaccia. Questo è un mondo grande e pieno di possibilità. Noi potremmo scavarci una bella nicchia e viverci per sempre, se volessimo. Qualcuno dei nostri arriva persino a chiedersi perché non ci uniamo a Douglas…
Alec si trattenne a stento dall'avventarsi su di lui. Costringendosi a parlare con calma, chiese: — Unirsi al traditore? Lasciare morire la colonia lunare?
— Loro ci hanno abbandonato.
— Ci manderanno l'aiuto necessario quando sarà il momento.
Jameson sospirò. — Augurati che venga presto, se vuoi che gli uomini ti seguano ancora.
— Sta' tranquillo — concluse brusco Alec. Ribolliva di rabbia, e non fidandosi di se stesso, preferì non dire altro. Si alzò deciso ad andarsene.
— Aspetta — lo richiamò Jameson sfibbiandosi il cinturone mentre lo raggiungeva. — Se hai intenzione di andare in giro al buio sarà meglio che tu abbia almeno una pistola. Non fidarti di nessuno.
— D'accordo — disse Alec un po' ammansito. — Grazie — prese il cinturone con la pistola e se lo affibbiò.
Percorrendo una tortuosa viuzza fra due file di capanne, vide che brillavano le stelle. Riconobbe Orione che stava salendo sull'orizzonte, verso sud e pensò: Presto verrà l'inverno. Dobbiamo concludere l'operazione prima che cominci a nevicare.
Continuò a camminare lentamente pensando, facendo progetti, cercando di scacciare l'idea di un colloquio con Angela. Devo trovare una fonte di energia per la radio. Non è possibile che Douglas non abbia fatto istallare dei generatori da queste parti, cosi vicino alla sua base. Bisogna trovarne uno, impossessarsene e tenerlo il tempo necessario a inviare un messaggio.
Fu distratto da un rumore. Un grido soffocato, un trepestio, un respiro affannoso. Si appiattì contro il muro di tronchi della capanna più vicina ed estrasse la pistola.
Un rumore, quasi un gemito… Alec scivolò silenziosamente lungo il muro. Una luce fioca usciva dalla soglia della capanna vicina. Vi si accostò in punta di piedi. Ancora gemiti, ansiti, sussurri e poi una voce bassa che diceva: — Andiamo, pupa… vieni… non saresti così bella se non…
Alec entrò nella capanna puntando la pistola.
Alla luce fioca di una candela vide uno dei suoi ragazzi che teneva immobilizzata Angela serrandole le braccia dietro la schiena con una mano e tappandole la bocca con l'altra. Gianelli le stava davanti armato di un coltello lungo e sottile. Angela aveva la camicia strappata e tre lunghi tagli le segnavano il petto. Aveva gli occhi sbarrati dal dolore e dalla paura.
— Gianelli!
L'uomo si rigirò di scatto. La lama del coltello era rossa.
— Tu vuoi scoprire dove si trova tuo padre — disse con una voce bassa e roca. — Io otterrò molto di più da lei.
— Lasciala stare!
Il ragazzo tolse la mano dalla bocca di Angela, ma continuò a tenerla stretta.
— Sta' a sentire — continuò Gianelli, — ne ho fin sopra i capelli dei tuoi ordini. Otterrò da lei quello che vuoi sapere, e poi avrò quello che voglio io.
Lo sparo fece un rumore assordante nell'angusta capanna. Gianelli andò a sbattere contro il muro, la bocca aperta in un muto: — Ooooh… — e lasciò cadere il coltello.
Il ragazzo lasciò Angela per avvicinarsi al suo corpo immobile a terra, balbettando: — Io non… è stato lui a volere.
Alec gli sparò in piena faccia. Angela urlò e Alec la prese per un braccio e la trascinò fuori, via dal fumo e dall'odore del sangue.