Lei rise. — Che ti crescono gli spunzoni, neanch’io me ne ero accorta prima. Ma credo che siano i peli che rispuntano. Così mi sento un po’ sciocca, ed è scomodo in maniera atroce.

— Pensi davvero di non stare bene? A me crescono dappertutto. Mi sembra di avere un convegno di pulci sulla schiena. Scusa, ma mi devo grattare. — Cominciò a farlo con voluttà e Cirocco lo aiutò nei punti in cui lui non arrivava. — Aaaah. Ho detto che ti amo? Ero pazzo, non sapevo cosa significhi l’amore. Adesso lo so.

Gaby scelse quel momento per entrare nella capanna.

— Chiedo scusa, Rocky. Mi stavo chiedendo se dobbiamo fare qualcosa per i paracadute. Uno se l’è già portato via il fiume.

Cirocco si alzò a sedere. — Cosa dovremmo farne?

— Recuperarli. Potrebbero esserci utili.

— Hai… Certo, Gaby. Forse hai ragione.

— Pensavo che fosse una buona idea. — Abbassò gli occhi, poi lanciò un’occhiata a Bill per la prima volta. — Oh… Be’, pensavo che forse… potrei farvi qualcosa di carino. — Poi corse fuori.

Bill si mise a sedere. — Sbaglio o c’è del tenero?

Cirocco sospirò. — Putroppo non ti sbagli. Gaby sarà un grosso problema. Anche lei pensa di essere innamorata di me.

9

— Come sarebbe a dire, arrivederci?

— Ci ho pensato su un po’ — rispose Calvin, tranquillo. Si tolse l’orologio e lo diede a Cirocco. — Tenetelo voi. Vi sarà utile.

La frustrazione stava per far esplodere Cirocco.

— Ma sei impazzito? Che razza di spiegazione sarebbe? Calvin, dobbiamo restare uniti. Siamo sempre una squadra d’esplorazione, e io sono ancora il tuo capitano. Dobbiamo lavorare assieme, farci venire a riprendere.

Calvin sorrise. — E come pensi di riuscirci?

Cirocco desiderò che lui non le avesse fatto quella domanda.

— Non ho ancora avuto il tempo di elaborare un piano. Comunque, qualcosa si potrà fare.

— Fammi sapere quando avrai escogitato qualcosa.

— Ti ordino di restare con noi.

— E se io voglio andarmene, come me lo impedisci? Mi tieni legato? Siete in grado di sorvegliarmi continuamente? Se mi tenete qui, per voi rappresento un rischio. Se me ne vado, posso esservi utile.

— In che senso?

— Gli aerostati vanno in giro per tutto Temi. Sanno sempre un sacco di notizie. Tutti li ascoltano. Se avete bisogno di me, tornerò. Devo solo insegnarti qualche richiamo. Sai fischiare?

— Oh, lascia stare. — Cirocco cercò di rilassarsi. Se voleva tenere lì Calvin, doveva convincerlo, non costringerlo.

— Comunque non capisco perché vuoi partire. Non stai bene con noi?

— Io… No, non troppo. Stavo meglio da solo. C’è troppa tensione. Troppi cattivi pensieri.

— È stata dura per tutti. Le cose dovrebbero andare meglio fra un po’, quando ci saremo sistemati.

Calvin scrollò le spalle. — Chiamami, e ci riproverò. Ma ormai non m’interessa più la compagnia dei miei simili. Gli aerostati sono più liberi, e più saggi. Durante quel volo io ero felicissimo.

Stava dimostrando un entusiasmo che Cirocco non aveva visto neanche quando si erano incontrati in cima al dirupo.

— Ma lo sai quanto sono antichi, capitano, sia a livello di razza sia individualmente? Finefischio ha qualcosa come tremila anni.

— E tu come fai a saperlo? Come fa a saperlo lui?

— Ci sono periodi di caldo e periodi di freddo. Immagino sia perché Temi è sempre orientato nella stessa direzione. Adesso l’asse è puntato verso il Sole, ma ogni quindici anni l’orlo esterno scherma la luce del Sole finché Saturno non si sposta e l’altro polo finisce rivolto al Sole. Questo per loro è un anno, ma ognuno equivale a quindici dei nostri. E Finefischio ne ha visti duecento.

— Va bene, d’accordo — disse Cirocco. — È per questo che tu ci servi, Calvin. Non so come, ma sai parlare a queste creature. Da loro hai imparato molte cose. E quello che impari potrebbe esserci utile.

— Capitano, ci sono troppe cose da imparare. Comunque voi siete finiti nella zona più ospitale di Temi. Restate qui e non vi succederà niente. State lontani da Oceano e da Rea. Quelli sono posti pericolosi.

— Vedi? Noi come faremmo a saperlo? Abbiamo bisogno di te.

— Tu non capisci. Devo vedere questo pianeta per imparare tutto. Buona parte del linguaggio di Finefischio mi sfugge.

Cirocco si sentì sconfitta, distrutta. Mollare un pugno a quel figlio di puttana sarebbe stata una bella soddisfazione, ma di breve durata. E poi non era il suo stile di comando. Si era conquistata il rispetto dell’equipaggio dimostrando senso della responsabilità, e la capacità di usare il cervello in maniera intelligente. Era sempre stata capace di affrontare la realtà dei fatti, e adesso sapeva che Calvin se ne sarebbe andato, solo che non le sembrava giusto.

E perché, poi? Perché la sua autorità ne risultava sminuita?

Ma quello faceva parte del gioco, come ne faceva parte la sua responsabilità del benessere generale. E questo la riportava al problema che aveva affrontato fin dagli inizi del suo incarico; la mancanza di qualsiasi modello di donna capitano cui rifarsi. Aveva preso la decisione di esaminare tutte le ipotesi e di servirsi solo di quelle che le fossero sembrate giuste. Se una cosa era giusta per l’ammiraglio Nelson della Marina reale non per questo doveva andar bene anche a lei.

Bisognava usare la disciplina, certo, e anche autoritarismo. I capitani di marina avevano convinto uno e costretto gli altri per migliaia d’anni; e lei non aveva certo l’intenzione di buttare via tutta quell’esperienza accumulata. Se l’autorità di un Comandante viene messa in dubbio, in genere ne segue un disastro.

Ma lo spazio era una cosa a parte, qualunque cosa dicessero gli scrittori di fantascienza. Gli spaziali erano persone molto intelligenti e molto individualiste, il meglio che la Terra potesse offrire. Doveva esistere una certa flessibilità di rapporti, e il codice legale della NASA lo prevedeva.

Poi, c’era l’altro elemento di cui riusciva a dimenticarsi: non aveva più una nave. Le era successa la cosa peggiore che possa capitare a un Comandante. Aveva perso il suo regno. Avrebbe sempre sentito quel sapore amaro in bocca per tutti gli anni che le restavano da vivere.

— D’accordo — disse, calma. — Hai ragione. Non posso sprecare tempo ed energie per sorvegliarti, e non mi va di ucciderti, se non in senso figurato. — Appena se ne accorse smise di digrignare i denti. — Comunque ti avviso sin d’ora che se torneremo sulla Terra ti accuserò d’insubordinazione. Se ci lasci, è contro la mia volontà e contro l’interesse della missione.

— Non mi oppongo — rispose lui, senza emozioni. — E ti renderai conto da sola che l’ultima parte del tuo discorso non corrisponde al vero. Vedrai che vi sarò utile se me ne vado. E non torneremo sulla Terra.

— Questo si vedrà. Per adesso insegna a qualcuno come si fa a chiamare gli aerostati. Personalmente preferisco non rivederti.

Alla fine fu Cirocco a dover imparare il fischio di richiamo, perché possedeva le doti musicali più spiccate. Imparò tre fischi. Il più lungo era costituito da sette note e da un trillo. Il primo significava Buon decollo, ed era semplicemente una formula di cortesia. Il secondo: Voglio Calvin, e il terzo: Aiuto!

— Ricordati di non chiamare un aerostato se c’è un fuoco acceso.

— Come sei ottimista.

— Presto riuscirete ad accendere il fuoco. Senti, mi chiedevo… Vuoi che mi porti via Agosto? Forse con me starebbe meglio. Possiamo cercare Aprile in lungo e in largo.

— Di certe cose so prendermi cura anch’io. E adesso sparisci, per favore.

Agosto non era poi del tutto assente come Cirocco aveva pensato. Quando seppe che Calvin partiva, volle unirsi a lui. Alla fine Cirocco cedette, sempre più amareggiata.

Finefischio si abbassò, tirò fuori la lingua.

— Perché ti porta in giro? — chiese Bill. — Cosa ne ricava?


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