Cirocco si buttò a terra provocando un’ondata di fango quando colpì il terreno col viso. Il pesce atterrò alle sue spalle, s’inarcò, scaraventò per aria cinquanta chili di fango con un guizzo folle della coda. La pinna affilata colpì il terreno proprio davanti alla faccia di Cirocco, poi si alzò per un altro colpo. Cirocco corse via carponi. Scivolava sul fango, non riusciva ad alzarsi.
— Rocky, salta!
Saltò. Per un pelo la coda del pesce non le tranciò di netto un braccio.
— Scappa, scappa! Ti corre dietro.
Gettando un’occhiata alle spalle, vide solo quei denti spaventosi che facevano un rumore orribile. Il pesce voleva mangiarla. E lei riusciva solo a sentire il rumore di quei denti.
Il fango le arrivava fino alle ginocchia, e stava correndo verso un punto in cui l’acqua era ancora più profonda. Non era una buona idea, ma ogni volta che tentava di girarsi, la coda colpiva il fango accanto a lei. Dopo un po’ non riuscì a vedere più niente, accecata dall’acqua sporca sollevata dal pesce. Scivolò, e prima che riuscisse a rialzarsi la coda la colpì su un lato della testa. Le sue orecchie si misero a ronzare. Cercò di afferrare il pugnale, ma era stato inghiottito dal fango. Il pesce era un metro dietro di lei, si preparava al balzo che l’avrebbe uccisa, quando Gaby si lanciò alla carica. I suoi piedi non toccavano quasi il terreno. Colpì Cirocco con un pugno terribile, il pesce saltò, e tutti e tre si immersero di qualche metro nel pantano.
Cirocco sentì qualcosa di umido e scivoloso sotto un piede. Sferrò un calcio. Il pesce scattò di nuovo in avanti, mentre Gaby spingeva via Cirocco a forza di braccia. Poi la lasciò andare, e Cirocco, boccheggiando, tirò fuori la testa dall’acqua.
Gaby fronteggiò il pesce. La coda scese velocissima verso il collo di Gaby, tagliente come una falce, ma lei scartò di lato, col pugnale in mano. Vibrò un colpo, scavando un taglio profondo nella coda. Il pesce non ne fu molto contento. Gaby si slanciò di nuovo in avanti e atterrò sul dorso della creatura. Infilò il pugnale nell’occhio, trasversalmente. Il pesce se la scrollò di dosso, ma adesso la coda non seguiva più una direzione precisa. Si abbatteva furiosamente sul terreno, mentre Gaby cercava un’altra occasione di colpire.
— Gaby — urlò Cirocco — lascia stare! Non farti uccidere!
Gaby diede un’occhiata alle spalle, poi corse da Cirocco.
— Andiamo. Riesci a camminare?
— Sì… — Le tremò la vista. Per reggersi, si aggrappò al braccio di Gaby.
— Forza. Si sta avvicinando.
Cirocco non riuscì a vedere cosa stesse succedendo, perché Gaby se la caricò in spalla come un sacco e corse via.
Dopo un po’ si ritrovò distesa sull’erba, con la faccia di Gaby china su di lei. Gaby piangeva. Le passò dolcemente le mani sulla testa, poi sul petto.
— Ahi! — Cirocco sussultò al dolore improvviso. — Devi avermi rotto una costola.
— Oh, Dio! Quando ti ho presa su? Scusa, Rocky, io…
Cirocco le sfiorò una guancia. — No, cara. Quando mi hai tirato quel pugno tremendo. E sono felice che tu mi abbia colpito.
— Voglio dare un’occhiata agli occhi. Credevo che ti…
— Non c’è tempo. Aiutami a tirarmi su. Dobbiamo vedere come sta Bill.
— Prima tu. Resta sdraiata. Non dovresti…
Cirocco allontanò la mano di Gaby, riuscì a mettersi in ginocchio, poi si piegò in due e vomitò.
— Vedi? Devi restare qui.
— D’accordo — boccheggiò Cirocco. — Vallo a prendere. Portamelo qui, vivo.
— Lasciami vedere i tuoi…
— Va’!
Gaby si morse le labbra, distrutta. Guardò il pesce che si agitava ancora, lontano. Poi corse in quella che sperava fosse la direzione giusta.
Lei restò lì a imprecare finché Gaby non tornò.
— È vivo, svenuto, e penso che sia ferito.
— È conciato male?
— Ha sangue su una gamba, sulle mani e sulla fronte. Un po’ è sangue del pesce.
— Ti avevo detto di portarlo qui — disse Cirocco, scossa da un’altra serie di conati.
— Zitta — sussurrò Gaby, passandole la mano sulla fronte. — Non posso spostarlo senza una barella. Ora ti riporto sulla barca e ti metto comoda. Zitta! Se occorre ti do un altro pugno, sai?
Cirocco aveva l’aria di essere lei a voler tirare un pugno a qualcuno, ma la nausea sommerse qualsiasi altro desiderio. Si sistemò sul terreno e Gaby la prese in spalla.
Le venne da ridere pensando a quanto ridicole dovevano sembrare: lei era alta un metro e ottanta, e Gaby un metro e mezzo solamente. Ma il peso non costituiva un problema con quella gravità, bastava solo muoversi con cautela.
A occhi chiusi, il mondo non girava più su se stesso. — Grazie per avermi salvato la vita — disse Cirocco, e svenne.
Tornò in sé alle urla di un uomo. Un suono orrendo che si augurò di non dover mai risentire. Bill era in stato di semincoscienza. Cirocco si mise a sedere, si toccò la testa: le doleva, però ci vedeva bene.
— Vieni a darmi una mano — disse Gaby. — Dobbiamo tenerlo fermo, o si farà male.
Corse a fianco di Gaby. — Come sta?
— Male. Ha una gamba rotta, e forse anche qualche costola, ma per ora non ha sputato sangue.
— Dov’è la frattura?
— Si è rotto la tibia o la fibula, non so bene. Credevo che fosse solo una lacerazione, poi si è agitato ed è spuntato fuori l’osso. Comunque non perde molto sangue.
Cirocco sentì di nuovo stringersi lo stomaco quando guardò la ferita alla gamba di Bill. Gaby la ripuliva con stracci bolliti. Ogni volta che lo toccava, Bill urlava, rauco.
— Cosa hai intenzione di fare? — chiese Cirocco, ricordando vagamente che avrebbe dovuto essere lei a dare ordini.
— Credo che dovremmo chiamare Calvin — rispose Gaby, annichilita.
— E perché? Oh, certo che lo chiamo quel brutto bastardo, ma hai visto quanto tempo ha impiegato l’altra volta ad arrivare. Se nel frattempo Bill muore, lo ammazzo.
— Allora dobbiamo pensarci noi.
— Sei capace?
— L’ho visto fare una volta. Sotto anestesia.
— E quello che abbiamo è un mucchio di stracci che possiamo solo sperare che siano puliti. Io lo terrò per le braccia. Aspetta un attimo. — Si portò a fianco di Bill. Gli occhi dell’uomo fissavano il vuoto, la fronte scottava.
— Bill? Stammi a sentire. Sei ferito, Bill.
— Rocky?
— Sono io. Andrà tutto bene, ma hai una gamba rotta. Capisci?
— Capisco — sussurrò lui, e chiuse gli occhi.
— Bill, svegliati. Abbiamo bisogno del tuo aiuto. Mi senti?
Lui alzò la testa e guardò la gamba. — Sì — disse, asciugandosi la fronte con la mano. — Starò buono. Ma sbrigatevi, per favore.
Cirocco annuì a Gaby, che fece una smorfia e diede il primo colpo.
Occorsero tre tentativi, che le svuotarono completamente. Al secondo, l’osso uscì dalla ferita con un rumore molliccio che fece vomitare ancora Cirocco. Bill sopportò bene, non urlò più, ma i tendini del collo erano tesi come corde.
— Vorrei sapere se abbiamo fatto un buon lavoro — disse Gaby, poi cominciò a piangere. Cirocco appoggiò l’asticella sulla ferita e la legò. Bill perse conoscenza.
Le mani di Cirocco erano piene di sangue. — Dobbiamo andarcene — disse. — Dobbiamo trovare un posto che non sia umido, accamparci e aspettare che si ristabilisca.
— Probabilmente non dovremmo spostarlo.
— No — sospirò Cirocco. — Ma sarà necessario. In un giorno dovremmo arrivare a quella terra che abbiamo visto da lontano.