Provò lo stesso a chiamare Magdalen, ma non gli rispose nessuno; dopo aver riagganciato rifletté per un minuto e chiamò Balliol, ma anche lì non ebbe risposta: Finch doveva essere ancora impegnato a mostrare ai suonatori di campane americani le campane di Great Tom. Un'occhiata all'orologio gli rivelò che erano soltanto le due e mezza, anche se sembrava che fosse passato molto più tempo. Era possibile che i visitatori fossero soltanto a pranzo.

Provò a chiamare il numero del telefono presente nell'atrio di Balliol ma di nuovo non ebbe risposta e infine tornò nella sala di attesa aspettandosi di trovarvi Gilchrist; dentro c'erano però soltanto i due paramedici che erano venuti a Brasenose e che stavano parlando con un'infermiera. Probabilmente Gilchrist era tornato a Brasenose per progettare la prossima transizione o quella ancora successiva: forse avrebbe deciso che al terzo tentativo valeva la pena di mandare Kivrin direttamente nel periodo in cui imperversava la Morte Nera, in modo che potesse effettuare osservazioni dirette.

— Eccola qui — disse l'infermiera. — Temevo che se ne fosse andato. Da questa parte.

Dunworthy aveva supposto che la donna stesse parlando con lui, ma anche i due paramedici la seguirono oltre la porta e lungo un corridoio.

— Siamo arrivati — annunciò l'infermiera, tenendo una porta aperta per loro, e mentre entravano aggiunse: — Sul carrello c'è del tè e il WC è da questa parte.

— Quando potrò veder Badri Chaudhuri? — domandò Dunworthy, trattenendo il battente per impedire all'infermiera di chiuderlo.

— La Dottoressa Ahrens vi raggiungerà fra breve — replicò la donna, poi chiuse la porta nonostante i suoi sforzi.

Uno dei due paramedici, la donna, si era già seduto su una sedia con le mani in tasca, mentre l'uomo si era avvicinato al carrello per infilare la spina della teiera elettrica; lungo il corridoio nessuno dei due aveva rivolto domande di sorta all'infermiera, quindi forse quella era una prassi abituale, sebbene Dunworthy non riuscisse a immaginare perché quei due dovessero voler vedere Badri. O perché fossero stati portati lì.

Quella sala d'attesta sì trovava in un'ala del tutto diversa dell'ospedale rispetto al Pronto Soccorso, anche se aveva le stesse sedie massacranti per la spina dorsale, gli stessi tavolini con opuscoli promozionali sparsi su di essi e le stesse ghirlande natalizie drappeggiate sul carrello del tè e fissate con rametti di agrifoglio finto. Qui però non c'erano finestre, non c'era neppure un vetro inserito nella porta: era un ambiente chiuso e privato, il genere di stanza in cui si aspettava di ricevere cattive notizie.

Dunworthy si sedette, sentendosi improvvisamente stanco. Cattive notizie. Un'infezione di qualche tipo. Pressione 96, polso 120, temperatura 39,5… e l'unico altro tecnico in tutta Oxford era da qualche parte nel Galles, mentre la segretaria di Basingame era fuori per le compere natalizie. E Kivrin era da qualche parte nel 1320, spostata di giorni o forse anche di settimane dalla data in cui sarebbe dovuta arrivare. O perfino di mesi.

Il medico versò latte e zucchero in una tazza e cominciò a girare mentre aspettava che la teiera si scaldasse; la sua collega sembrava essersi addormentata.

Dunworthy la fissò senza vederla, continuando a pensare allo slittamento temporale. Badri aveva affermato che i calcoli preliminari indicavano uno slittamento minimo, ma si era trattato appunto soltanto di dati preliminari rispetto ai quali aveva più senso la precedente affermazione del tecnico che aveva previsto uno slittamento di un paio di settimane.

Lo slittamento tendeva ad essere maggiore quanto più indietro si andava nel tempo. Di solito le transizioni nel Ventesimo Secolo erano spostate di appena qualche minuto, quelle nel Diciottesimo Secolo di alcune ore. A Magdalen, dove stavano ancora effettuando transizioni di oggetti inanimati nel Rinascimento, si otteneva di solito uno slittamento che variava da tre a sei giorni.

Questi erano però soltanto valori medi e lo slittamento variava da persona a persona, per cui era impossibile avanzare previsioni per ogni singola transizione. La Sezione Diciannovesimo Secolo aveva avuto in un'occasione uno slittamento di quarantotto giorni e nelle aree disabitate capitava di frequente che esso non si verificasse affatto.

E spesso i valori sembravano arbitrari, capricciosi. Quando avevano effettuato i primi controlli di slittamento alla Sezione Ventesimo Secolo, ancora negli anni venti, lui si era posto al centro del cortile vuoto di Balliol e si era fatto trasferire alle due A.M. del quattordici settembre 1956, ottenendo uno slittamento di appena tre minuti. Quando però avevano effettuato una seconda transizione alle 2:08, lo slittamento era stato di circa due ore e lui era apparso quasi addosso ad uno studente che stava rientrando di soppiatto dopo una notte di baldoria.

Questo voleva dire che Kivrin poteva anche essere spostata di sei mesi rispetto al periodo in cui sarebbe dovuta trovare, con la conseguenza di non avere modo di determinare la data del recupero… il che significava che Badri era venuto di corsa al pub per dirgli che bisognava riportarla indietro.

Mary entrò nella stanza con il cappotto ancora addosso.

— Come sta Badri? — chiese Dunworthy, alzandosi in piedi, timoroso di quella che poteva essere la risposta.

— È ancora al Pronto Soccorso — replicò Mary. — Ci serve il suo numero dell'SSN e non riusciamo a trovare il suo fascicolo negli archivi di Balliol.

I suoi capelli grigi erano di nuovo arruffati, ma a parte questo appariva calma e decisa come quando discuteva con lui dei problemi degli studenti.

— Badri non è un membro del college — spiegò Dunworthy, sentendosi sollevato. — I tecnici vengono assegnati ai singoli college ma ufficialmente sono alle dipendenze dell'università.

— Allora il suo fascicolo deve essere in Segreteria. Bene. Sai se abbia viaggiato fuori dell'Inghilterra in quest'ultimo mese?

— Due settimane fa ha effettuato una transizione in loco nell'Ungheria del Diciannovesimo Secolo, ma da allora è sempre rimasto in Inghilterra.

— Ha ricevuto visite da parte di qualche parente pakistano?

— Non ha parenti laggiù perché la sua famiglia vive in Inghilterra da tre generazioni. Hai scoperto cos'ha?

Mary però non lo stava ascoltando.

— Dove sono Gilchrist e Montoya? — domandò.

— Hai detto a Gilchrist di raggiungerci ma non era ancora arrivato quando mi hanno accompagnato qui.

— E Montoya?

— Se n'è andata non appena la transizione è stata ultimata — rispose Dunworthy.

— Hai idea di dove possa essere andata?

Non più di quanta ne abbia tu, pensò Dunworthy. Anche tu l'hai vista andare via.

— Suppongo che sia tornata a Witney e ai suoi scavi — replicò ad alta voce. — Passa la maggior parte del suo tempo laggiù.

— I suoi scavi? — ripeté Mary, come se non ne avesse mai sentito parlare.

Cosa succede? si domandò Dunworthy. Cosa c'è che non va?

— Sono a Witney — spiegò. — In quella fattoria dell'Associazione Nazionale. Montoya sta riportando alla luce un villaggio medievale.

— A Witney? — fece Mary, con espressione contrariata. — Dovrà venire qui immediatamente.

— Vuoi che cerchi di telefonarle? — si offrì Dunworthy, ma Mary si era già allontanata da lui per raggiungere il paramedico fermo vicino al carrello del tè.

— Ho bisogno che andiate a prendere qualcuno a Witney — gli disse. L'uomo posò tazza e piattino, infilandosi la giacca, e mentre lasciava la stanza con lui Mary aggiunse: — Si chiama Lupe Montoya e si trova al sito archeologico dell'Associazione Nazionale.

Dunworthy si aspettava di vederla rientrare non appena avesse finito di impartire le proprie istruzioni, e quando non lo fece si mosse per andarla a cercare. Nel corridoio non c'era traccia né di Mary né del paramedico, ma c'era però di guardia l'infermiera del Pronto Soccorso.


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