— Non ancora tranquillo — belavano i pecoroni del Quartier Generale.
E la cosa era assai dura da sopportare nei tre campi periferici. Che cosa si aspettavano dal personale, visto che c’era l’ordine di tenere giù le mani dalle creechie, e che tutte le umane erano per quei fortunati bastardi della Centrale? La cosa causava un risentimento terribile.
Ma non poteva durare a lungo, l’intera situazione era troppo folle per rimanere stabile. Comunque, se non avessero cominciato a riportare le cose alla loro tranquilla normalità ora che la Shackleton era partita, allora al capitano D. Davidson sarebbe bastato fare un po’ di lavoro extra per indirizzare le cose in quel senso.
La mattina in cui lasciò la Centrale, stavano dando la libertà all’intera forza-lavoro creechie. Avevano fatto un nobile discorso in pidgin, avevano aperto le porte del recinto e avevano lasciato andare ogni creechie addomesticato, fino all’ultimo, portatori, scavatori, cuochi, spazzini, sguatteri, cameriere, tutti. Non uno era rimasto.
Alcuni di loro erano stati con i loro padroni fin dall’inizio della colonia, quattro anni terresti prima. Ma non avevano nessuna lealtà verso il padrone. Un cane, una scimmia gli sarebbero rimasti vicino. Ma quegli sgorbi non erano neppure arrivati a quel grado di intelligenza: ti stavano attorno, come serpenti o topi, e avevano quel minimo di astuzia che gli permetteva di rivoltarsi a morderti non appena li facevi uscire dalla gabbia. Din-Don-Dan era pazzo, a lasciare liberi tutti quei creechie, e proprio nelle vicinanze del campo. In effetti la soluzione finale migliore sarebbe stata quella di mollarli nell’Isola Discarica e di lasciarli morire di fame laggiù. Ma Dongh tremava ancora per la fifa che gli avevano messo in corpo quei due umanoidi e la loro scatoletta parlante. E così, se i creechie selvaggi della Centrale avevano in mente di emulare le atrocità di Campo Smith, essi ora avevano a disposizione un mucchio di nuove reclute ben disposte, che conoscevano la pianta della città, i percorsi delle sentinelle, la posizione dell’arsenale, le postazioni di guardia e così via.
Se Centralville fosse stata bruciata, il Quartier Generale non avrebbe potuto ringraziare altri che se stesso. E in realtà era quanto si meritavano. Per essersi lasciati rincoglionire dai traditori, per avere dato retta a degli umanoidi e per avere ignorato i consigli delle persone che conoscevano concretamente la vera natura dei creechie.
Nessuno di quei sapientoni del Quartier Generale aveva mai fatto ritorno al campo per trovare solo ceneri, rottami e cadaveri bruciacchiati, come era successo a lui. E il corpo di Ok, laggiù dove avevano massacrato la squadra dei tagliaboschi, aveva una freccia che gli spuntava da ciascuno degli occhi come una sorta di pazzesco insetto che spinge fuori le antenne per tastare l’aria; Cristo, continuava a rivedere la scena!
C’era una cosa, comunque: qualunque fosse l’ordine delle false "direttive", i ragazzi della Centrale non si sarebbero fatti cogliere a cercare di usare solo le "piccole armi personali" per la loro difesa. Avevano lanciafiamme e mitragliatrici pesanti; i loro sedici piccoli elicotteri avevano le armi di bordo e si potevano impiegare per lanciare bombe al napalm; i cinque grossi elicotteri avevano pieno armamento.
Ma non avrebbero neppure avuto bisogno delle armi pesanti. Bastava portare un elicottero su una delle aree e trovare laggiù un gruppo di creechie, con i loro maledetti archi e frecce, e cominciare a lanciare napalm e starli a guardare mentre scappavano da tutte le parti e bruciavano. Sarebbe andata bene lo stesso.
A immaginarselo, Davidson si sentiva stringere lo stomaco, proprio come quando pensava a farsi una donna, o quando ripensava a quel creechie Sam che l’aveva attaccato, e lui gli aveva rincalcato la faccia con quattro pugni, uno dopo l’altro. Era la sua memoria eidetica, aggiunta a un’immaginazione più vivace di quella di tanti altri… niente di cui vantarsi, semplicemente si trattava del modo in cui lui era fatto.
Il fatto è che l’unico momento in cui un uomo è veramente, completamente uomo è quando si è appena fatto una donna o ha appena ucciso un altro uomo. Non si trattava di un suo pensiero originale, l’aveva letto in qualcuno dei vecchi libri; ma era vero. Era per questo che gli piaceva immaginarsi scene come quelle. Anche se i creechie non erano realmente degli uomini.
New Java era la più meridionale delle cinque grandi terre, poco a nord dell’equatore, e perciò era più calda della Centrale o della Smith, che erano quasi perfette, sotto l’aspetto del clima. Più calda e assai più piovosa. Pioveva tutto il giorno, nelle stagioni delle pioggie, in ogni punto di New Tahiti, ma nelle isole settentrionali era una sorta di fine, tranquilla pioggerellina che continuava senza interrompersi e che in realtà non riusciva mai a bagnarti o a farti sentire freddo.
Laggiù invece scendeva a catinelle, e c’era un vento, come il monsone, che non ti permetteva neppure di camminare, e tanto meno di lavorare. Solo un buon tetto poteva tenere lontano da te quella pioggia, oppure la foresta. Quella maledetta foresta era talmente spessa da tenere lontani i temporali.
Ti bagnavi a causa dello sgocciolio delle foglie, naturalmente, ma se ti trovavi ben dentro la foresta durante uno di quei monsoni, non ti accorgevi neppure del soffiare del vento; poi uscivi all’aperto e wham! venivi sbattuto a terra dal vento e ti coprivi dalla testa ai piedi di quel fango rosso e liquido in cui si trasformava il terreno disboscato, a causa della pioggia, e cercavi di ritornare nella foresta il più presto possibile; e all’interno della foresta era buio, e faceva caldo, ed era facile perdersi.
E poi l’Ufficiale Comandante, il maggiore Muhamed, era un pignolo bastardo. Ogni cosa, a New Java, veniva fatta a suon di regolamento: il disboscamento veniva eseguito a strisce di un chilometro esatto; i tappeti di erba-fibra venivano piantati nelle strisce disboscate; le licenze alla Centrale venivano assegnate secondo turni stretti, senza fare preferenze per nessuno; gli allucinogeni erano razionati e il loro uso nelle ore di servizio era punito, eccetera eccetera eccetera.
Comunque, una cosa positiva di Muhamed era che non stava tutti i momenti a comunicare via radio con la Centrale. New Java era il suo campo, e lui lo dirigeva a modo proprio. Non gli piacevano gli ordini del Quartier Generale. Li obbediva, certo, aveva dato la libertà a tutti i creechie e aveva chiuso a chiave tutte le armi, a eccezione delle pistole di piccolo calibro, non appena ne era giunto l’ordine. Ma non andava a cercarsi gli ordini, neppure a chiedere consigli. Era un sepolcro imbiancato; pensava di avere sempre ragione lui. E questo era il suo grave difetto.
Quando era stato al Quartier Generale come aiutante di Dongh, Davidson aveva avuto occasione, di tanto in tanto, di leggersi i dati personali degli ufficiali. La sua eccezionale memoria gli veniva in aiuto in questo genere di cose, e lui poteva ricordare, per esempio, che il Quoziente di Intelligenza di Muhamed era 107. Mentre lui stesso lo aveva 118. C’era una differenza di undici punti, ma ovviamente non poteva dirlo al vecchio Mu-Muu, e Mu-Muu non poteva saperlo, e così non c’era modo di indurlo ad ascoltarlo. Muhamed si riteneva più furbo di Davidson, e non c’era niente da fare.
E tutti erano assai pignoli e rompiscatole, nei primi tempi. Nessuno di quegli uomini di New Java sapeva nulla delle atrocità del Campo Smith, salvo il fatto che l’Ufficiale Comandante del campo era partito per la Centrale un’ora prima che cominciasse il massacro, e che pertanto era l’unico umano che si fosse salvato.
Messa così, la cosa assumeva effettivamente una brutta luce. Si poteva capire perché lo avessero guardato, all’inizio, come una sorta di appestato, o forse, peggio, di Giuda traditore. Ma quando lo avessero conosciuto meglio, avrebbero capito la realtà delle cose. Avrebbero cominciato a capire che lui, lungi dall’essere un traditore o un disertore, era votato alla missione di salvare la colonia di New Tahiti dal tradimento. E avrebbero anche capito che quello di sbarazzarsi dei creechie sarebbe stato l’unico modo per assicurare la tranquillità, su quel pianeta, al tipo di vita terrestre.