L’ansia per la sicurezza della ragazza era notevole, ma doveva anche ammettere che quell’intrusione gli offriva la scusa giusta per presenziare all’asta di persona. Chiunque avesse attaccato il negozio, assassinato Grette Neal e cercato di uccidere anche lui aveva lasciato una traccia che conduceva lì.
Gray raggiunse il marciapiede e rallentò. I raggi obliqui del sole al tramonto trasformavano la porta a vetri della casa d’aste in uno specchio argentato. Diede un’occhiata al suo abbigliamento, avendo indossato quei capi d’alta sartoria in un battibaleno. L’abito, un Armani gessato blu marina, gli stava bene, ma la camicia bianca inamidata aveva il collo un po’ stretto. Si aggiustò la cravatta giallina. Non era certo sotto tono, ma doveva fare la parte dell’acquirente incaricato da un ricco finanziere americano.
Aprì la porta. La lobby era in puro design scandinavo, ovvero totalmente anonima: legno chiaro, pareti di vetro e poco altro. L’unico arredamento era una scarna sedia scultorea, collocata accanto a un tavolino grande quanto un francobollo, su cui era posato un vaso con un’unica orchidea. Lo stelo esile come un giunco sosteneva un anemico fiore marrone e rosa.
Il portiere spense la sigaretta nel vaso e fece un passo verso Gray, con un’espressione arcigna.
Gray infilò una mano in tasca e tirò fuori il suo invito. Per averlo c’era voluto un deposito di un quarto di milione di dollari nel fondo della casa d’aste, come garanzia che l’acquirente avesse le carte in regola per accedere a un evento così esclusivo.
Il portiere controllò l’invito, annuì e si diresse a grandi passi verso un cordone di velluto che bloccava una grande rampa di scale verso il piano inferiore. Sganciò il cordone e fece cenno a Gray di passare.
In fondo alle scale, una coppia di porte a vento conduceva verso il parterre principale. Due guardie fiancheggiavano l’ingresso. Una aveva un metal detector portatile. Gray si lasciò perquisire, con le braccia distese. Notò le videocamere collocate su entrambi i lati della soglia. La sicurezza era rigorosa. Finito il controllo, l’altra guardia premette un bottone e la porta si aprì.
Ne fuoriuscì un mormorio in diverse lingue. Riconobbe l’italiano, l’olandese, il francese, l’arabo e l’inglese. Sembrava che il mondo intero fosse confluito a quell’asta.
Quando entrò, qualche sguardo si volse verso di lui, ma l’attenzione rimase concentrata soprattutto sulle teche di vetro disposte lungo le pareti. I funzionari della casa d’aste, tutti con abiti neri identici, erano in piedi dietro il bancone, come i commessi di una gioielleria. Indossavano guanti bianchi e aiutavano i clienti a esaminare gli oggetti in vendita.
Un quartetto d’archi suonava con discrezione in un angolo. Per la sala circolavano alcuni camerieri, che offrivano flute di champagne agli ospiti.
Gray si presentò a un bancone vicino e ricevette una paletta numerata. Si addentrò nella sala. Alcuni clienti si erano già seduti. Individuò la coppia di ritardatari che aveva tenuto in sospeso l’asta, i giovani pallidi che sembravano star del cinema muto. Erano seduti in prima fila. La donna aveva una paletta posata in grembo. L’uomo le si accostò all’orecchio, bisbigliandole qualcosa. Era un gesto stranamente intimo, forse accentuato dal collo arcuato della donna, lungo e flessuoso, piegato come se attendesse un bacio.
La donna vide Gray che risaliva il corridoio centrale. Il suo sguardo passò su di lui senza soffermarsi.
Nessun segno di riconoscimento.
Gray continuò a cercare, raggiungendo il palco e il podio in fondo alla sala, per poi ritornare indietro, descrivendo un ampio cerchio. Non vide nessuna minaccia esplicita alla sua presenza. E neanche una traccia di Fiona.
Dov’era?
Si diresse lentamente verso una delle teche e cominciò a percorrere l’altro lato della sala, ascoltando frammenti delle conversazioni attorno a lui. Passò davanti a un addetto che stava sollevando e appoggiando delicatamente un ingombrante volume rilegato in pelle su un espositore, mostrandolo a un signore corpulento. L’interessato si chinò a esaminarlo, con un paio di occhialini poggiati sulla punta del naso.
Gray prese nota mentalmente di quel libro.
Un trattato sulle farfalle con tavole disegnate a mano, del 1884 circa.
Proseguì lungo il corridoio. Giunto nuovamente nei pressi della porta, si trovò di fronte la donna poco elegante che aveva filmato qualche tempo prima. Gli stava porgendo una piccola busta bianca. Gray l’accettò, prima ancora di chiedersi che cosa potesse essere. La donna sembrava non essere interessata a null’altro e se ne andò.
Gray sentì un leggero profumo proveniente dalla busta.
Strano.
Con l’unghia del pollice l’aprì e ne estrasse un cartoncino, di quelli costosi, a giudicare dalla filigrana. Recava un breve messaggio in bella calligrafia.
Persino la Gilda non si azzarda ad avvicinarsi troppo a questa fiamma. Guardati le spalle. Baci.
Non era firmato, ma in fondo c’era un simbolo in inchiostro rosso cremisi: un piccolo drago raggomitolato. Gray si portò l’altra mano al collo, dove indossava un drago d’argento identico, il regalo di una concorrente.
Seichan.
Era un’agente della Gilda, un losco gruppo di cellule terroristiche che, in passato, aveva incrociato il cammino della Sigma. Gray si voltò e scrutò la sala. La donna che gli aveva consegnato il biglietto era scomparsa.
Guardò di nuovo il messaggio.
Un avvertimento.
Ma almeno la Gilda aveva deciso di restarne fuori. Sempre che ci si potesse fidare di Seichan…
In ogni caso, Gray era disposto a prenderla in parola.
Un certo scompiglio in fondo alla sala attirò la sua attenzione. Da una porta sul retro entrò un uomo alto, con uno smoking smagliante. Era lo stimato signor Ergenschein in persona, che avrebbe fatto da banditore. Si ravviò i capelli neri e oleosi, evidentemente tinti, col palmo della mano. Tra i lineamenti cadaverici, aveva stampato in volto un sorriso che sembrava ritagliato da una foto.
La ragione del suo evidente disagio lo seguiva a breve distanza. O, meglio, era accompagnata da una guardia, che le teneva stretto il braccio.
Fiona.
Era rossa in viso, le labbra esangui e contratte in un’espressione spaventosa. Furente.
Gray puntò verso di loro.
Ergenschein aveva in mano un oggetto avvolto in un involucro di pelle di camoscio. Si fermò presso la teca principale, vicino al palco. Un assistente aprì la teca, che era vuota. Ergenschein tolse delicatamente l’oggetto dall’involto e lo posò all’interno.
Notando che Gray si avvicinava, il banditore si sfregò le mani e si diresse verso di lui per salutarlo, congiungendo i palmi come se stesse pregando. Dietro di lui, la teca fu chiusa a chiave da un assistente.
Gray prese nota dell’oggetto riposto nella teca.
La Bibbia di Darwin.
Fiona sgranò gli occhi quando vide Gray.
Lui la ignorò e affrontò Ergenschein. «C’è qualche problema?»
«Certo che no, signore. Stanno accompagnando fuori la signorina. Non è invitata a quest’asta.»
Gray tirò fuori il suo invito. «Credo di avere diritto a portare con me un ospite.» Porse la mano a Fiona. «Sono lieto di constatare che è già arrivata. Sono stato trattenuto in una conferenza telefonica col mio compratore. Avevo avvicinato la giovane signora Neal oggi, per concordare una vendita privata. Di un oggetto in particolare.» Gray indicò la Bibbia di Darwin con un cenno del capo.
Ergenschein divenne tutto sospiri e finto rammarico. «Una tragedia, quell’incendio. Ma temo che Grette Neal avesse firmato per la vendita all’incanto di questo lotto. Senza una revoca da parte dell’avvocato esecutore del suo testamento, temo che il lotto debba essere messo all’asta. È la legge.»
Fiona strattonò il braccio della guardia, lo sguardo furente.