«I bifolchi mi sfagiolano», dichiarò. «Soprattutto i bignè, le tipe carine, e le migliori sono quelle con le magliette scollate che si sporgono tutte in avanti per sparare.» Afferrò un calibro ventidue modificato per funzionare ad aria compressa (e per scatenare un gran bel baccano ogni volta che si tirava il grilletto) e si chinò per spiegarcelo.

«Se ci prova uno sbarbato, lo avviso che sta superando la linea di tiro. Se lo fa un bignè, mai e poi mai.»

«Non vedo nessuna linea di tiro, signor Alien», osservò Ronnie Houston, un tipo occhialuto dall’espressione spaurita con in testa un berretto dell’Università della Florida.

Gary lo squadrò da cima a fondo, i pugni sui fianchi ossuti. I jeans parevano stargli su sfidando la forza di gravità. «Sturati le orecchie, giovane, perché ho tre robette da dirti. Ci sei?»

L’altro annuì. Sembrava pronto a prendere appunti, ma anche a nascondersi dietro il resto della squadra.

«Primo, puoi chiamarmi Gary o Pop o figliodibuonadonna, ma non siamo alle elementari, quindi scordati quel signor Allen.Secondo, non voglio mai più vederti con quel cazzo di cappellino da scolaretto. Terzo, la linea di tiro la decido io ogni fottuta sera e posso farlo perché ce l’ho chiara in zuuucca.»Per spiegarsi meglio, si picchiettò con un dito la tempia infossata e colorata da un intrico di vene. Poi indicò con un cenno i premi, i bersagli e il bancone dove i frollocconi, cioè i bifolchi, sganciavano la grana. «Tutto questo è nella mia zuuucca. È un prodotto della mia mente.Capito?»

Ronnie annuì con forza, anche se non sembrava convinto.

«Ora togliti quella stronzata dalla testa e comperati una visiera di Joyland o un cancappello di Howie. Meglio prima che poi.»

Ronnie gli obbedì subito, infilandosi il berretto nella tasca posteriore dei pantaloni. Nel giro di un’ora lo rimpiazzò con uno di Howie; un cancappello, secondo la Parlata. Dopo che venne preso in giro e chiamato pivello per tre giorni di fila, Ronnie raggiunse il parcheggio, trovò una chiazza d’olio e si divertì a calpestare il nuovo acquisto per un po’. Quando se lo rimise in testa, aveva l’aspetto giusto. O quasi. Ronnie Houston non era mai completamente giusto; alcuni sono condannati a restare pivelli in eterno. Ricordo che un giorno Tom gli si avvicinò, suggerendogli di pisciare sul copricapo per un indispensabile tocco di classe. Quando si accorse che l’altro stava per prenderlo alla lettera, fece velocemente marcia indietro e gli disse che mettendolo a mollo nell’Atlantico avrebbe sortito lo stesso effetto.

Intanto, Pop ci scrutava.

«Già che parliamo di ragazze graziose, mi pare che ce ne sia una tra noi.»

Erin sorrise con modestia.

«Sei una Sirena di Hollywood, tesoro?»

«Sì, da quanto mi ha detto il signor Dean.»

«Allora andrai a trovare Brenda Rafferty. È il secondo in comando e la mamma delle Sirene. Ti darà uno di quei bei vestitini verdi. Dille che lo vuoi super corto.»

«Col tubo, vecchio maiale!» esclamò Erin, per poi unirsi subito a Pop quando lui gettò indietro la testa scoppiando in una risata fragorosa.

«Vivace! Sfacciata! Mi sfagiola? Certo che sì! Quando non sei occupata a scattare foto ai frollocconi, vieni dal tuo caro Pop e ti troverò qualcosa da fare… ma prima cambiati la divisa, perché non si sporchi d’unto e di segatura. Kapish?»

«Sì», rispose Erin, di nuovo seria.

Pop Allen buttò un occhio all’orologio. «Il parco apre tra un’ora, fanciulli, e imparerete lavorando. Inizierete con le giostre.» Ci indicò uno per uno, assegnandoci le varie mansioni. A me toccò la Ruota del Sud e ne restai soddisfatto. «Ho ancora tempo per due domande, non una di più. Vi serve altro o siete pronti a filare?»

Alzai la mano. Lui annuì e chiese come mi chiamavo.

«Devin Jones, signore.»

«Dammi ancora del signore e sei fuori, giovane.»

«Devin Jones, Pop.» Di certo non lo avrei chiamato figliodibuonadonna, non ancora. Magari quando ci saremmo conosciuti meglio.

«Così va bene», rispose con una smorfia di approvazione. «Che cosa desideri, Jonesy? A parte questo splendore con i capelli rossi, naturalmente.»

«Qual è il significato preciso di ‘figlio del carrozzone’?»

«Che sei come il vecchio Easterbrook. Suo padre lavorava nelle fiere durante la Depressione e suo nonno quando ancora facevano gli spettacoli con gli indiani farlocchi.»

«Ma stai scherzando?»esplose Tom.

Pop lo fulminò con lo sguardo costringendolo a rientrare nei ranghi, un’impresa non da poco. «Fanciullo, sai che cos’è la storia?»

«Uhm… la roba che è successa tanti anni fa?»

«Sbagliato.» Pop si risistemò il borsello di tela per le monetine legato alla cintola. «La storia è tutta la merda collettiva e ancestrale della razza umana, un grande mucchio di sterco che continua a crescere. Adesso noi siamo in cima, ma presto saremo sepolti sotto quella delle generazioni a venire. Ecco perché i vestiti dei tuoi genitori ti sembrano così buffi nelle vecchie fotografie, tanto per fare un esempio. E, visto che tra non molto sarò ricoperto dalla cacca dei tuoi figli e dei tuoi nipoti, credo che dovresti mostrarmi un pochino più di rispetto.»

Tom aprì la bocca, probabilmente per una battuta brillante, ma poi saggiamente la richiuse.

«Anche tu sei un figlio del carrozzone?» intervenne George Preston, un altro membro della Squadra Bracchetto.

«No. Mio padre allevava bestiame nell’Oregon. Adesso è mio fratello a mandare avanti la baracca. Io sono la pecora nera della famiglia e ne vado orgoglioso. Bene, se non c’è altro, finiamola di cazzeggiare e rimbocchiamoci le maniche.»

«Posso fare un’ultima domanda?» chiese Erin.

«Solo perché sei carina.»

«Che cosa vuol dire esattamente ‘indossare la pelliccia’?»

Pop Allen sorrise, appoggiando le mani sul bancone dove rastrellava la grana. «Senti, signorina, hai una vaga idea di cosa potrebbesignificare?»

«Be’, sì.»

Il sorriso si allargò in un ghigno, evidenziando le zanne ingiallite del nostro caposquadra. «Allora probabilmente hai ragione.»

Che cosa combinai a Joyland quell’estate? Di tutto e di più. Staccai biglietti. Spinsi un baracchino del popcorn. Spacciai zucchero filato, frittelle e un fantastiliardo di Cucciolotti Golosi, ovvero di hot dog (che tra di noi chiamavamo howie dog). Fu per un Cucciolotto che finii sul giornale, anche se non fui io a venderlo, ma George Preston. Lavorai come bagnino, sulla spiaggia e al Lago Burlone, la piscina coperta nella quale si gettava lo scivolo del Tuffo del Capitano Nemo. Mi improvvisai ballerino con i miei compagni di squadra nella Borgata Incantata, seguendo le coreografie di Bird Dance Beat, Does Your Chewing Gum Lose Its Flavor on the Bedpost Overnight? e decine di altri capolavori dell’assurdo. Prestai la mia opera anche come vigilatore, senza nessuna autorità per farlo e non annoiandomi quasi mai. Nella Borgata, quando si incontrava un bambino frignone, la parola d’ordine era: «Cancelliamo subito quel musetto triste!» Non solo mi divertivo, ma ero pure bravo. Lì decisi che sarebbe stata un’ottima idea avere dei figli in futuro, al di là dei sogni a occhi aperti ispirati da Wendy.

Come il resto degli Allegri Aiutanti, imparai a schizzare da un capo all’altro del parco in zero secondi, usando i passaggi tra baracconi, tendoni, giostre e chioschi, oppure servendomi delle tre gallerie di servizio note come la Sotterranea di Joyland, il Sottosegugio e il Corso. Alla guida di una macchinetta elettrica trasportai tonnellate di spazzatura giù da quest’ultimo, un inquietante tunnel rischiarato da vecchie luci al neon che ronzavano tremolanti. Talvolta lavorai persino come tecnico del suono, caricandomi in spalla altoparlanti e casse spia quando uno dei gruppi arrivava in ritardo e senza manovalanza al seguito.

Imparai la Parlata. Alcuni termini arrivavano dalla tradizione delle fiere di paese ed erano vecchi di secoli, tipo cuccagna per uno spettacolo gratuito o tiracuoia per una giostra in panne. Altri, come bignè per le ragazze graziose e piattolazza per chi si lamentava sempre, erano tipici di Joyland. Immagino che altri parchi abbiano il loro gergo, ma alla fin fine le radici sono sempre le stesse. Un martello pneumatico è un frolloccone (in genere una piattolazza) che si inalbera perché deve rispettare la fila. L’ultima tirata prima della chiusura (dalle dieci alle undici di sera, a Joyland) era la scorreggia finale. Un frolloccone che vuole indietro i dollari persi al tirassegno è un piangisoldi. Il cacatanto è il bagno. Quindi: «Ehi, Jonesy, fila al cacatanto vicino al Razzo Lunare: qualche stupida piattolazza ha appena riempito di vomito uno dei lavandini».


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