— Anche gli altri hanno preso i loro bambini?

— Per la maggior parte i loro padri erano già morti da tempo. I bambini sono stati affidati all’orfanatrofio del Servizio Imperiale. — Questo poteva bastare. Era la versione ufficiale, semplice e pulita.

— Oh. — Droushnakovi abbassò lo sguardo, accigliata. — Non è una cosa tanto… cioè, è difficile immaginare Bothari… che si prende cura di una bambinetta — disse d’un fiato, ingenuamente. — Io non so se gli affiderei un gatto, da custodire. Non le sembra una cosa un po’ strana, da parte sua?

— Aral e io teniamo d’occhio la situazione. Finora Bothari fa benissimo il suo dovere di padre, direi. Ha trovato la signora Hysopi di sua iniziativa, e le fa avere tutto il necessario. Bothari ha… voglio dire, in lui c’è qualcosa che ti preoccupa?

Droushnakovi la guardò come per dire: sta scherzando? — Ha un aspetto così massiccio e… truculento. Certi giorni va in giro borbottando fra sé. E so che in altri giorni non si fa vedere da nessuno, non si alza neanche dal letto, ma non perché abbia la febbre o qualcos’altro. Il capitano degli armieri del Conte Piotr pensa che faccia finta di star male per non lavorare.

— Non fa finta, credimi. Ma sono contenta che tu me lo abbia detto. Dirò ad Aral di parlare col capitano degli armieri e chiarirgli le idee.

— Ma lei non ha paura di Bothari? Nei suoi giorni neri, intendo.

— Io posso piangere per lui — mormorò Cordelia, — ma aver paura no, non potrei. Né in quei giorni, né in altri. E tu non dovresti fargli pensare… questo lo offenderebbe.

— Mi spiace. — Droushnakovi sfregò un piede sulla ghiaia. — È una storia triste. Non c’è da stupirsi che non parli mai della guerra e di Escobar.

— Sì. Io… ti sarei grata se anche tu non gliene parlassi. È una cosa molto dolorosa per lui.

Un altro breve volo dell’aereo li portò attraverso un ramo del lago alla tenuta di campagna dei Vorkosigan. Un secolo addietro la casa era stata un avamposto del sistema difensivo che c’era più a nord. Le armi moderne avevano reso obsolete quelle fortificazioni, e i vecchi edifici in pietra erano stati adibiti a usi più pacifici. Il Dr. Henry doveva aver immaginato ben altra magione, perché osservò: — È più piccola di quel che mi aspettavo.

Il maggiordomo del Conte aveva preparato un rinfresco per loro, sulla terrazza piena di fiori sul lato meridionale della casa, dietro la cucina. Mentre il gruppetto usciva sul retro, Cordelia rallentò il passo per restare al fianco del Conte Piotr.

— È stato gentile a lasciarmi invadere la casa, signore.

— Dovresti invadermi più spesso! Questa è casa tua, mia cara. Sei liberissima di invitare e intrattenere qui tutti gli amici che vuoi. Questa è la prima volta che lo fai, te ne rendi conto? — L’uomo si fermò sulla soglia della terrazza. — Sai, quando mia madre venne qui, dopo aver sposato mio padre, fece rimodernare tutta la casa. Mia moglie fece lo stesso, quasi mezzo secolo fa. Aral si è sposato tardi, comunque, e temo che da un pezzo ci sia bisogno di qualche miglioria. Non vorresti… essere tu a occupartene?

Ma è la tua casa, pensò Cordelia, perplessa. Perfino Aral, parlandone, la definiva «la casa di mio padre».

— Quando arrivi qui, come un fiore portato dal vento, sembri sempre in attesa che il vento ti riporti via — ridacchiò Piotr, ma il suo sguardo era preoccupato.

Lei si poggiò una mano sull’addome tondeggiante. — Oh, non c’è pericolo che io prenda il volo, con questa zavorra. — Esitò. — A dire il vero, ho pensato che sarebbe comodo avere un ascensore a Casa Vorkosigan. Contando il sotterraneo, il seminterrato, l’attico e il tetto, ci sono otto piani. Non è una passeggiata, per chi deve farli tutti.

— Un ascensore? Noi non abbiamo mai… — L’uomo si morse la lingua. — Dove penseresti di metterlo?

— Possiamo aprire il pozzo nel corridoio posteriore, dove scendono le tubazioni, senza modificare l’architettura interna.

— Sì, capisco. Molto bene. Cerca un architetto. Pensaci tu.

— Me ne occuperò domani, allora. Grazie, signore. — Cordelia lo seguì sulla terrazza, inarcando le sopracciglia.

A pranzo, il Conte Piotr, evidentemente sempre nel proposito d’incoraggiarla, fu molto affabile col Dr. Henry; un Uomo Nuovo, benché col medico non fosse difficile esserlo. Ligio al consiglio di Cordelia, Henry portò la conversazione sugli interessi del Conte, e lui gli parlò dell’ultimo puledro nato nella scuderia. L’animale era un purosangue geneticamente garantito, e Piotr lo definì un «quarter horse», cosa che indusse Cordelia a chiedersi come potesse, un purosangue, essere un cavallo solo per un quarto. Era stato importato dalla Terra sotto forma di embrione surgelato — con un costo non indifferente — e trasferito nell’utero di una giumenta locale, che Piotr aveva amorosamente curato durante la gestazione. Come esperto in operazioni biologiche il Dr. Henry mostrò interesse tecnico, e dopo pranzo Piotr lo condusse personalmente a esaminare i suoi quadrupedi.

Cordelia declinò l’invito ad accodarsi. — Penso che riposerò un poco. Tu puoi andare alle scuderie, Drou, se vuoi. Con me resterà il sergente Bothari. — In realtà Cordelia era un po’ preoccupata per Bothari. A pranzo non aveva mangiato un boccone, e da oltre un’ora non pronunciava una parola.

Incerta, ma eccitata dall’idea di vedere i cavalli, Droushnakovi si lasciò persuadere. I tre si avviarono a piedi su per la collina, dietro la casa. Cordelia li seguì con lo sguardo, poi si girò verso Bothari, i cui occhi erano fissi su di lei. L’uomo approvò con un cenno del capo ciò che aveva intuito.

— Grazie, milady.

— Mmh, sì. Mi stavo chiedendo se non ti senti bene.

— No… sì. Non lo so. Volevo… volevo parlare con lei, da… due o tre settimane. Ma non ho mai trovato il momento buono. Da un po’ di tempo va un po’ peggio. Non posso più aspettare. Oggi, visto che lei è qui, speravo…

— D’accordo. — Il maggiordomo era rientrato in cucina. — Vogliamo fare due passi?

— Sì, milady, per favore.

S’incamminarono insieme attorno alla vecchia casa di pietra. Il padiglione, sulla cresta dell’altura che sovrastava il lago, sarebbe stato un buon posto per sedersi a parlare, ma Cordelia si sentiva troppo appesantita dalla gravidanza per salire lassù. Prese a sinistra, sul sentiero parallelo al pendio, e arrivarono a quello che aveva l’aspetto di un giardino, chiuso fra muri disadorni.

Il cimitero dei Vorkosigan conteneva molte decine di tombe di ogni epoca: persone di famiglia, parenti alla lontana, dipendenti che erano stati preziosi e benvoluti. In origine aveva fatto anch’esso parte delle fortificazioni, e c’erano molte vecchie tombe in cui riposavano ufficiali e soldati morti secoli addietro. L’intrusione dei Vorkosigan datava dalla distruzione atomica del distretto di loro provenienza, Vorkosigan Vashnoi, bombardato durante l’invasione cetagandana. Laggiù le ceneri dei morti s’erano mescolate in un istante con quelle dei vivi, e otto generazioni di storia di famiglia erano state cancellate perfino dalle tombe. Le date, sulle lapidi più vicine all’ingresso, consentivano di mettere in relazione il nome con gli eventi di quel periodo: l’occupazione cetagandana, i periodi di pace e quelli di guerra. La madre di Aral era morta esattamente all’inizio della guerra contro Yuri il Folle. Nello spazio vuoto alla sua destra, riservato a Piotr, Cordelia vide una lapide, probabilmente scolpita trentatré anni prima. Da quella data la moglie lo stava aspettando. E gli uomini accusano le donne d’essere lente. Il figlio più anziano, il fratello di Aral, era sepolto a sinistra della madre.

— Sediamoci là. — Cordelia accennò col capo verso una panchina di pietra circondata da pianticelle in fiore color arancio, a cui dava ombra una quercia importata dalla Terra quasi un secolo addietro. — Queste persone sono dei buoni ascoltatori, ormai. E non fanno pettegolezzi.


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