Bothari cominciò a piangere, se quei rauchi versi che la sua gola emetteva erano singhiozzi. Ma aveva gli occhi pieni di lacrime, a metà fra l’agonia e la gioia. — Grazie a Dio! È sicura che…

— Vorrutyer ti aveva ordinato di farlo. Tu hai rifiutato. Di tua spontanea volontà, e sapendo che con quel rifiuto condannavi te stesso oltre ogni speranza di salvezza. Hai avuto un sacco di guai dopo questo fatto, per un po’. — Cordelia avrebbe voluto dirgli anche il resto, ma Bothari era in uno stato psicofisico così alterato che un passo falso avrebbe potuto avere gravi conseguenze. — Da quanto tempo ricordi questa cosa? Da quanto ti stai facendo questa domanda?

— Fin dal giorno in cui l’ho vista di nuovo. Quest’estate. Quando lei è venuta qui per sposare Lord Vorkosigan.

— E per sei mesi sei andato in giro con questo dubbio nella mente, senza osare chiedermi…

— Sì, milady.

Lei si appoggiò allo schienale, inorridita, e si accorse che anche il suo respiro era accelerato molto. — La prossima volta non aspettare tanto.

Con una mano premuta sullo stomaco Bothari si alzò in piedi, grigio in faccia; le fece segno di scusarlo e vacillò via verso il muro, nascondendosi dietro un cespuglio. Ansiosamente Cordelia ascoltò per qualche minuto i suoi ansiti, mentre vomitava a stomaco vuoto. Una reazione psichica, a quanto poteva dire lei, e anche piuttosto violenta. Ma pian piano l’attacco di nausea si placò, e lo sentì inalare l’aria con energia. Quando fece ritorno, passandosi una mano sulle labbra, era ancora pallido e scosso ma nei suoi occhi c’era una luce più calma, di sollievo.

Mentre si sedeva, tuttavia, quel sollievo scomparve. Si sfregò le mani sui ginocchi e lasciò vagare lo sguardo al suolo. — Il fatto che lei non sia stata una mia vittima non significa che io… fossi innocente. Di altri atti di violenza.

— Questo è vero.

— Io non posso… fidarmi di me stesso. Lei come può fidarsi di me? Sa qual è una cosa ancora più eccitante del sesso?

Lei si chiese se ci fosse modo di cambiare argomento senza causare in lui una reazione troppo emotiva. — Sentiamo.

— Uccidere. Uno si sente perfino meglio, dopo. Non dovrebbe essere un… un piacere simile. Per Lord Vorkosigan uccidere non è così. — Aveva gli occhi socchiusi, ma non era stretto dalle sbarre della sua agonia; doveva vedere la cosa dall’esterno, adesso che Vorrutyer non era più nella sua mente.

— Per la rabbia è una catarsi, suppongo — disse lei, con cautela. — Come ha potuto accumularsi in te tanta rabbia? A volte basta guardarti per intuirla. Gli altri la vedono.

Lui si passò una mano sul collo, con una smorfia. — È una cosa che viene da lontano, dal passato. Io non la sento mai, questa rabbia. A volte però arriva da sola, così, all’improvviso.

— Anche Bothari ha paura di Bothari — mormorò lei, perplessa.

— Lei no. A lei faccio ancor meno paura che a Lord Vorkosigan.

— Io ti vedo legato a lui, in qualche modo. E lui è nel mio cuore. Come posso aver paura di ciò che è nel mio cuore?

— Milady, un patto.

— Mmh?

— Mi dica lei… quando è giusto. Uccidere, voglio dire. E poi io lo saprò.

— Non posso… ascolta, supponi che io non ci sia. Quando questa cosa ti afferra, non puoi avere il tempo di fermarti e analizzarla. Devi avere la possibilità di difenderti, ma devi anche riuscire a capire in che modo attaccare, caso per caso. — Cordelia si mordicchiò un labbro, colpita da un’intuizione. — È per questo che la tua uniforme è importante per te, vero? Ti dice se stai facendo una cosa giusta, quando tu non sei in grado di saperlo. Tutte quelle routine militaresche a cui sei legato servono a farti capire se hai un buon motivo, se sei sulla buona strada.

— Sì. Io ho giurato di difendere Casa Vorkosigan, ad esempio. E so che questo è giusto. — Annuì fra sé, rassicurato. Ma, si chiese Cordelia, per l’amor del cielo, rassicurato da cosa?

— Tu mi stai chiedendo d’essere la tua coscienza. Di esprimere un giudizio al tuo posto. Ma sei un uomo completo. Io ti ho già visto fare le scelte giuste, anche sotto la tensione peggiore.

Lui si passò di nuovo una mano sul cranio, a denti stretti, e mormorò: — Ma non riesco a ricordarlo. Non ricordo come ho agito.

— Oh. — Cordelia si sentiva molto piccola. — Be’… qualunque cosa io possa fare per te, hai tutto il diritto di chiedermela. Noi ti dobbiamo molto, Aral e io. Noi ricordiamo cos’hai fatto, anche se tu l’hai dimenticato.

— Allora ricordi lei al mio posto, milady — disse sottovoce Bothari, — e per me questo basterà.

— Puoi contarci.

CAPITOLO SETTIMO

La settimana dopo, mentre Cordelia faceva colazione con suo marito e il Conte Piotr in una saletta al pianterreno di Casa Vorkosigan, di fronte al giardino posteriore, Aral attirò l’attenzione del cameriere che li stava servendo.

— Per favore, avverti il tenente Koudelka che vorrei vederlo. Chiedigli di portare il programma di oggi e i documenti di cui abbiamo parlato.

— Uh, credo che lei non l’abbia ancora saputo, mio Lord — mormorò l’uomo.

— Saputo cosa? Siamo appena scesi.

— Il tenente Koudelka è in ospedale, questa mattina.

— In ospedale! Signore Iddio, perché non sono stato informato subito? Cos’è successo?

— Ci è stato detto che il capitano Illyan avrebbe presentato un rapporto completo, mio Lord. Il capoguardia… aspettava lui.

Rabbia e allarme si mescolavano sul volto di Vorkosigan. — Come sta? Non è un… effetto ritardato di quella granata sonica, no? Cosa gli è successo?

— È stato percosso, mio Lord — disse il cameriere, impassibile.

Vorkosigan si appoggiò indietro e fece un lungo respiro. Un muscolo si contrasse sulla sua mandibola. — Mandami qui il capoguardia — grugnì.

Il cameriere si dileguò, e Vorkosigan rimase lì a battere con impazienza un cucchiaino sul tavolo. Accorgendosi che Cordelia era scossa le rivolse quello che forse a lui sembrava un sorrisetto d’incoraggiamento. Anche il Conte Piotr era sbalordito.

— Chi può aver voluto fare del male a Kou? — domandò Cordelia. — È da vigliacchi aggredire un uomo che non può difendersi a dovere.

Vorkosigan scosse il capo. — Qualcuno che voleva un bersaglio facile, evidentemente. Scopriremo chi. Oh, se lo scopriremo.

Il capoguardia della Sicurezza Imperiale, elegante nella sua uniforme verde, apparve sulla porta ed eseguì il saluto militare. — Signore.

— Per sua futura informazione, e può dirlo agli altri, se ai membri del mio staff accade un incidente io voglio esserne informato subito. Sono stato chiaro?

— Sissignore. Era molto tardi quando la notizia è arrivata qui, signore. E poiché sapevamo che erano vivi entrambi, il capitano Illyan ha detto di lasciarla dormire, signore.

— Capisco. — Vorkosigan si passò una mano sul mento. — Entrambi?

— Il tenente Koudelka e il sergente Bothari, signore.

— Non si saranno battuti? — chiese Cordelia, ora allarmata più che mai.

— Sì. Oh, no… non uno contro l’altro, milady. Sono stati aggrediti.

Scuro in faccia Vorkosigan gli accennò di entrare. — Meglio che cominci dall’inizio.

— Sì, signore. Mmh. Il tenente Koudelka e il sergente Bothari sono usciti insieme, ieri sera. Non in uniforme. Sono andati nel quartiere dietro il vecchio caravanserraglio, la zona dove un tempo venivano a fermarsi le carovane.

— Mio Dio. E a fare cosa?

— Uh. — Il capoguardia gettò uno sguardo a Cordelia. — In cerca di… divertimento, credo, signore.

— Divertimento?

— Sì, signore. Il sergente Bothari va laggiù circa una volta al mese, nella sua giornata di libertà, quando il signor Conte è qui in città. Pare che si rechi in quel posto da anni.

— Al caravanserraglio? — domandò Piotr, incredulo.

— Mmh. — Il sottufficiale guardò il cameriere come in cerca di aiuto.


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