Cordelia sospirò. — Suppongo che siamo d’accordo sul fatto d’essere in disaccordo circa la costituzione. Non sono io ad esser stata nominata Reggente di Barrayar. Comunque ti avverto: non rinuncerò al proposito di farti cambiare idea.

Illyan inarcò un sopracciglio a quelle parole. Cordelia si appoggiò allo schienale e guardò le belle case antiche del centro di Vorbarr Sultana, la capitale di Barrayar, scorrere via oltre lo spesso cristallo dei finestrini. Lei non aveva chiesto di diventare la moglie del Reggente di Barrayar, quattro mesi prima. Aveva sposato semplicemente un militare in ritiro. Sì, era logico aspettarsi che un uomo cambiasse dopo il matrimonio, di solito in peggio, ma… a questo punto? E così all’improvviso? Questo non è il lavoro per cui ho firmato, signore.

— Ieri, quando l’Imperatore Ezar ha detto che la Reggenza doveva andare a te, il suo è stato un gesto di fiducia. Non è poi il pragmatico sregolato che vorresti farmi credere — disse.

— Be’, è stato un atto di fiducia ma compiuto sotto la spinta della necessità. Se dici così, significa che non hai compreso il significato del fatto che la protezione della Principessa è stata affidata al capitano Negri.

— No. C’era un significato?

— Ma certo. Un messaggio molto chiaro. Negri continuerà a svolgere il suo compito come ha fatto finora, nelle sue vesti di Capo della Sicurezza Imperiale. Naturalmente non presenterà i suoi rapporti a un bambino di quattro anni, ma a me. Il capitano Illyan sarà soltanto il suo assistente. — Vorkosigan e Illyan si scambiarono un’occhiata ironica. — Non c’è dubbio su chi Negri onorerà della sua lealtà, se io dovessi arrogarmi il potere imperiale di nome oltreché di fatto. È certo che ha ricevuto ordini segreti riguardo a me, per l’eventualità che questo accada.

— Oh. Be’, io posso giurare per iscritto che non nutro l’ambizione di diventare l’Imperatrice di Barrayar. Questo nel caso che tu avessi un dubbio in proposito.

— Non credo di averlo.

La vettura si fermò a un cancello aperto in un alto muro di pietra rossa. Quattro guardie misero dentro la testa per esaminarli da capo a piedi, controllarono i documenti di Illyan e infine accennarono all’autista di proseguire. Tutta quella sorveglianza armata, lì ed a Casa Vorkosigan… contro chi facevano la guardia? Contro altri barrayarani, presumibilmente, in quel panorama politico dalle molte e contrapposte fazioni. Una tipica frase barrayarana che il vecchio Conte aveva usato tornò a solleticare il suo senso dell’umorismo: «Con tutti questi stallieri attorno, dev’esserci almeno un pony da qualche parte.» I cavalli erano praticamente sconosciuti su Colonia Beta, a parte pochi esemplari negli zoo. Con tutte queste guardie attorno… Ma io non sono nemica di nessuno; perché qualcuno dovrebbe essere mio nemico?

Illyan, che si stava agitando sul sedile, finalmente aprì bocca: — Vorrei suggerirle, signore — disse a Vorkosigan, — anzi vorrei pregarla, di trasferirsi qui alla Residenza Imperiale. — I problemi della sicurezza… i miei problemi — sottolineò con un sorriso che non rese un favore ai suoi lineamenti rigidi, — sarebbero molto più facili da risolversi, qui.

— A che appartamento sta pensando? — domandò Vorkosigan.

— Be’… quando Gregor sarà ufficialmente designato per la successione, lui e sua madre si trasferiranno nell’appartamento imperiale. Quello di Kareen resterà libero.

— Quello del Principe Serg, insomma. — L’espressione di Vorkosigan si scurì. — Io… penso che preferirò risiedere a Casa Vorkosigan. Mio padre passa sempre più tempo in campagna, a Vorkosigan Surleau. Non credo che gli importerà se mi prendo il palazzo di città.

— Non posso approvare quest’idea, signore, almeno dal punto di vista della sicurezza. Il palazzo è nel quartiere più vecchio della città. Le strade sono mal frequentate. Sotto quella zona ci sono ben tre livelli di tunnel: la sotterranea, la fognatura e le condotte dei trasporti merci. Inoltre nei pressi sono stati costruiti degli edifici piuttosto alti dai quali è possibile… uh, vedere tutto. Occorreranno almeno sei pattuglie a turno continuato, solo per la sorveglianza di routine.

— Non ha uomini disponibili?

— Be’, sì.

— Casa Vorkosigan, allora. — Il Conte consolò con un sorrisetto il disappunto di Illyan. — Può essere inadatta alla sicurezza, ma è ottima per le relazioni pubbliche. Darà un sapore di… uh solida umiltà alla nuova Reggenza. Dovrebbe contribuire a ridurre la paranoia di palazzo per i colpi di stato.

E le misure di sicurezza nel palazzo in questione, vide Cordelia, non erano poche. La complessa architettura della Residenza Imperiale faceva apparire semplice e umile anche Casa Vorkosigan. Le ampie ali erano a due ed a quattro piani, arricchite di torri, scalinate e terrazze. Aggiunte fatte in epoche diverse s’intrecciavano creando passaggi e cortili intimi, talvolta ben proporzionati, talaltra in contrasto con le aspettative dello sguardo. La facciata di pietra scolpita, volta a oriente, esibiva uno stile pesante ma uniforme. Il lato nord, più severo d’aspetto, era alleggerito dalla presenza di giardinetti ben curati. L’ala occidentale, lungo il parco, era la più antica; quella meridionale la più moderna.

La vettura andò a fermarsi di fronte al porticato a due piani dell’ala sud, e Illyan li precedette oltre una postazione di guardia e su per una larga scala di pietra e marmo fino a uno spazioso alloggio del secondo piano. Cordelia notò che perfino Illyan aveva la sensibilità di salire lentamente, per adattarsi all’andatura difficoltosa del tenente Koudelka. Questi ne prese atto con accigliato rincrescimento; poi chinò il capo per concentrarsi sugli scalini… o per la vergogna? Non ci sono ascensori in questo palazzo? si chiese Cordelia, irritata. Sul lato opposto di quel labirinto di pietra, in una stanza che dava sui giardini a nord, un pallido vegliardo ormai svuotato e morente giaceva sul suo enorme letto ancestrale…

Nell’arioso corridoio del secondo piano, arricchito da quadri alle pareti, lunghi tappeti rossastri e tavolinetti su cui erano in mostra cosette d’ogni forma (oggetti d’arte, suppose Cordelia) trovarono il capitano Negri occupato a parlare sottovoce con una donna bionda, che lo ascoltava a braccia conserte. Cordelia aveva già incontrato il famoso — o famigerato — Capo della Sicurezza Imperiale di Barrayar il giorno prima, nell’ala nord, al termine dello «storico» colloquio di Vorkosigan con il quasi-fu Ezar Vorbarra. Negri era un individuo solido dal volto duro, quasi calvo, un freddo funzionario dell’aristocrazia che negli ultimi quarant’anni era stato corpo e anima al servizio dell’Imperatore. Una leggenda alquanto sinistra, dallo sguardo illeggibile.

Negri li accolse con impeccabile formalità; prese la mano di Cordelia e si inchinò leggermente salutandola con un «milady» dal tono sincero, o almeno non più velato d’ironia degli altri suoi convenevoli. La signora — o signorina? — bionda dall’aria attenta indossava un abito civile ma aveva qualcosa di militaresco. Era alta, fornita di una muscolatura sviluppatissima, e ricambiò lo sguardo di Cordelia con notevole interesse.

Vorkosigan e Negri si salutarono brevemente, nello stile di due uomini che avessero comunicato così a lungo da sviluppare una sorta di codice telegrafico per quegli scambi di amenità. — E questa è la signorina Droushnakovi — disse Negri, a beneficio di Cordelia ma senza specificare alcun titolo, presentandole la bionda con un rapido cenno della mano sinistra.

— E… uh, cosa fa di bello lei, signorina Droushnakovi? — disse un po’ disperatamente Cordelia dopo qualche secondo, visto che gli uomini stavano parlando fra loro. Negri non aveva presentato Koudelka, e lui e la Droushnakovi s’erano scambiati un’occhiata di lieve imbarazzo per quell’omissione.

— Sono Servente di Camera Interna, milady — rispose lei, con un accenno d’inchino col capo, per cortesia.


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