— Nutrivi troppe speranze quando sei partito, ecco tutto. Si vede benissimo la tua delusione. Ma non prendertela, Jakob. Sono solamente degli eis.
Accorgendosi che gli altri stavano ascoltando, Agat disse ad alta voce: — Ho detto al vecchio ciò che intendevo dirgli; ed egli mi ha detto che l'avrebbe riferito al loro concilio. Ma fino a che punto abbia capito e fino a che punto abbia creduto alle mie parole, questo non lo so.
— Se ti è stato ad ascoltare, è andata meglio di quanto non sperassi — disse Alla Pasfal, intelligente e fragile, con la carnagione di un nero quasi blu, e capelli bianchi che le incorniciavano la faccia stanca. - Wold è in circolazione da quando lo sono io… anche di più, anzi. Non aspettarti che gli piaccia l'idea della guerra e del cambiamento.
— Ma dovrebbe essere disposto… ha sposato un'umana — disse Dermat.
— Sì, mia cugina Arilia, zia di Jakob… il pezzo esotico dello zoo femminile di Wold. Ricordo ancora il corteggiamento — disse Alla Pasfal, con tale amaro sarcasmo da spegnere ogni entusiasmo di Dermat.
— Non ha preso alcuna decisione, riguardo alla proposta di aiutarci? Gli hai spiegato il tuo piano di raggiungere il confine per affrontare i Gaal? — disse balbettando Jonkendy Li, frettoloso e deluso. Era molto giovane, e aveva sperato in una bella guerra, con avanzate a passo di marcia e accompagnamento di trombettieri. Come tutti gli altri, del resto. Era meglio che morire di fame, o bruciati vivi.
— Dagli tempo. Decideranno — disse Agat al ragazzo, in tono molto serio.
— Come ti ha ricevuto, Wold? — domandò Seiko Esmit. Era l'ultima di un'illustre famiglia. Solo i figli del primo capo della colonia portavano il nome Esmit. Con lei il nome sarebbe morto. Aveva la stessa età di Agat: era una donna delicata e bellissima, nervosa, piena di rancori e di rimozioni. Quando gli Alterra si incontravano, i suoi occhi erano sempre puntati su Agat. Indipendentemente da chi parlasse, ella spiava sempre Agat.
— Mi ha ricevuto come un suo uguale.
Alla Pasfal annui col capo, in segno di approvazione, e disse: — Ha sempre avuto buon senso, più degli altri loro maschi. — Ma Seiko riprese la parola: — E gli altri? Hai potuto attraversare il loro accampamento come se niente fosse? — Seiko riusciva sempre a riesumare le sue umiliazioni, per bene ch'egli le avesse sepolte e dimenticate. Sua cugina dieci volte, grazie a dieci diversi antenati comuni, sua sorella-amica-amante-compagna, ella era caratterizzata da un'immediata comprensione di qualsiasi sua debolezza, di qualsiasi suo dolore, e la sua partecipazione, la sua comprensione, lo racchiudevano come in una trappola. Erano troppo affini. Troppo apparentati tra loro: Huru, la vecchia Alla, Seiko, tutti quanti. L'isolamento che oggi l'aveva messo a disagio, gli aveva anche dato un'immagine della distanza, della solitudine, e aveva forse destato in lui un ardente desiderio. Seiko lo osservò, lo spiò con occhi chiari e delicati, scuri di colore e attenti ad ogni sua parola e ad ogni suo pensiero. La ragazza aliena, Rolery, non aveva ancora posato lo sguardo su di lui, non aveva mai incontrato i suoi occhi. Il suo sguardo si era sempre rivolto da un lato, lontano, fuggevole, dorato, straniero.
— Non mi hanno fermato — egli rispose concisamente a Seiko. — Benissimo; forse domani decideranno qualcosa, basandosi sui nostri suggerimenti. O tra due giorni. Com'è andato, quest'oggi, l'approvvigionamento della Torre? — Il discorso passò ad argomenti d'interesse generale, sebbene tendesse sempre ad accentrarsi su Jakob Agat e a far ritorno a lui. Era più giovane di molti degli altri, e i dieci Alterra erano eletti pari in grado, per tutta la durata del loro mandato di dieci anni al consiglio, ma egli era chiaramente, e per comune consenso, il loro capo, il loro centro. Nessuna visibile ragione di questo stato di cose, a meno che non si trattasse del vigore con cui agiva e parlava; l'autorità si deve poter notare nell'uomo, o in coloro che gli stanno d'intorno? Tuttavia, gli effetti della posizione di predominio si manifestavano in lui sotto forma di una certa tensione e di una certa severità, dovute al pesante fardello di responsabilità ch'egli aveva portato per un lungo periodo, e che di giorno in giorno si faceva sempre più greve.
— Ho commesso un unico errore — egli disse a Dipilota, mentre Seiko e le altre donne del Concilio preparavano e servivano le minuscole, bollenti tazzine cerimoniali di tisana di foglie di basuk; una bevanda chiamata «tii». — Ero tanto infervorato nel cercar di convincere il vecchio della realtà del pericolo rappresentato dai Gaal, che ho l'impressione di avere trasmesso, per un istante. Non verbalmente; ma ha fatto una faccia come se avesse visto uno spettro.
— Tu hai una proiezione sensoriale molto forte, e quando sei sotto tensione ne perdi il controllo. Probabilmente deve avere davvero visto uno spettro.
— Abbiamo perso per tanto tempo i contatti con gli alieni… e siamo così apparentati tra noi, qui dentro, così maledettamente isolati, che non posso fidarmi del mio controllo. Prima trasmetto verbalmente a quella ragazza, giù alla spiaggia, e poi proietto immagini a Wold… si lanceranno su di noi in una caccia alle streghe, se la cosa continuerà, esattamente come hanno fatto nei primi Anni… E dobbiamo convincerli a fidarsi di noi. In un tempo così breve. Se soltanto avessimo potuto conoscere prima la minaccia dei Gaal!
— Be' — cominciò a dire Dipilota, nella sua maniera attenta, — poiché non ci sono altre colonie umane sulla costa a settentrione, è stato soltanto per merito della tua preveggenza nel mandare esploratori a nord, se ora siamo avvertiti. Alla tua salute, Seiko — aggiunse, prendendo la minuscola e fumante tazzina ch'ella gli porgeva.
Agat prese l'ultima tazzina del vassoio, e bevve. C'era un leggero stimolante dei sensi nel tii appena preparato, ed egli fu vivamente consapevole del suo calore astringente, pulito, sulla gola, e dello sguardo profondo di Seiko, della sala spoglia e ampia illuminata dal fuoco, e dal crepuscolo che si stendeva al di là delle finestre. La tazzina ch'egli teneva in mano, di porcellana azzurra, era molto antica: opera del Quinto Anno. I libri stampati con il torchio a mano, chiusi nelle scatole sotto le finestre, erano antichi. Anche il vetro delle finestre era antico. Ogni loro comodità, ogni cosa che permetteva loro di definirsi civili, di rimanere Alterra, era antica. Nell'epoca in cui viveva Agat, e già da molto tempo prima di allora, non c'era stata l'energia, non c'era stato il tempo libero, per poter affermare in modi sottili e complessi l'abilità e lo spirito di una persona. Ora facevano del loro meglio per conservare, per sopravvivere e nulla di più.
Gradualmente, un Anno dopo l'altro, e da almeno dieci generazioni, il loro numero continuò a scemare: molto gradualmente, ma i bambini che nascevano erano sempre meno. Dovettero indietreggiare, raccogliersi insieme per far quadrato. I vecchi sogni di dominio vennero completamente abbandonati. Ritornarono — quando gli Inverni o le tribù ostili degli alieni non provvedevano per primi ad approfittare delle loro debolezze — al loro vecchio centro, la prima colonia, Landin. Insegnarono ai loro figli le vecchie conoscenze e le vecchie usanze, ma nulla di nuovo. E costantemente il loro modo di vivere diventò sempre un po' più umile, tendente a dar maggiore valore alle cose semplici che a quelle sofisticate, alla calma che al cimento, al coraggio che al successo. Si ritiravano.
Agat, fissando la minuscola tazzina che stringeva nella mano, vide nella sua chiara e intatta trasparenza, nell'abilità perfetta che si accompagnava alla sua fattura, e nella fragilità della sua sostanza una specie di allegoria dello spirito della sua gente. Al di là delle alte finestre l'aria aveva lo stesso colore blu trasparente. Ma era fredda: un crepuscolo azzurro, immenso e gelido. Il vecchio timore della sua infanzia si impadronì nuovamente di Agat; il terrore che egli stesso, una volta divenuto adulto, si era spiegato così: questo mondo in cui egli era nato, su cui erano nati suo padre e i suoi antenati di ventitré generazioni, non era la sua casa. La sua razza era straniera. In profondità ne erano sempre stati consapevoli. Erano i Nati Lontano. E a poco a poco, con la maestosa lentezza, l'ostinazione vegetale del processo evolutivo, questo mondo li stava uccidendo: rifiutava l'innesto.