— La gelosia è un conto, danneggiare macchine e far del male alla gente è un altro — dice Tom. — Mi dispiace che tu abbia dovuto subire tanti fastidi. Pensavo che lui ce l'avesse con me.
— Io sto bene — ripeto. — Lui non mi ha fatto niente. Sapevo che aveva antipatia per me, così la scoperta non è stata tanto dolorosa come poteva essere.
— Lou, sei… stupefacente. Io ancora penso che in parte sia colpa mia.
Questo non lo capisco. È stato Don a fare tutto, non è stato Tom a farglielo fare. Come potrebbe essere colpa di Tom, anche in piccolissima parte?
— Se avessi avuto qualche presentimento, se avessi avuto una migliore influenza su Don…
— Don è una persona, non una cosa — dico. — Nessuno può controllare completamente un'altra persona, ed è sbagliato tentare.
Il suo viso si rilassa. — Lou, a volte credo che tu sia il più saggio di noi. Sta bene. Non è stata colpa mia; però mi dispiace ancora che tu abbia dovuto affrontare un'esperienza simile. Anche il processo, poi… non sarà facile per te. Non è mai facile per nessuno che sia coinvolto in un processo.
— Un processo? Perché dovrei subire un processo?
— Non tu: dovrai testimoniare al processo di Don, ne sono certo. Non te lo hanno detto?
— No. — Non so come si deve comportare un testimone in un processo. Non mi è mai piaciuto guardare spettacoli su processi in TV.
— Be', non succederà tanto presto e avremo tempo di parlarne. Adesso però… c'è qualcosa che io o Lucia possiamo fare per te?
— No, io sto bene. Verrò a esercitarmi domani.
— Ne sono contento. Non avrei voluto che tu ci abbandonassi per paura che qualcun altro nel gruppo cominciasse a comportarsi come Don.
— Non avevo pensato affatto a questo. — Sembra un'idea sciocca, ma poi mi chiedo se il gruppo aveva bisogno di un Don e se qualcuno dovesse calarsi in quel ruolo. Eppure, se una persona normale come Don poteva nascondere quel carico di collera e di violenza, forse tutte le persone normali hanno quella facoltà in potenza. Io non credo di averla.
— Bene. Se però dovessi avere la minima preoccupazione su questo punto, a proposito di chiunque… fammelo sapere subito, per favore. I gruppi sono bizzarri. Io ho fatto parte di gruppi dove, quando qualcuno che era antipatico a tutti se ne andava, immediatamente trovavamo qualcun altro da detestare e si ricominciava daccapo.
— Così ci sono schemi nei gruppi?
— Quello è uno dei tanti. — Sospira. — Spero che non esista nel nostro gruppo, e comunque terrò gli occhi aperti. Chissà come, nel caso di Don non ci siamo accorti di niente.
Suona il campanello. Tom mi guarda con aria interrogativa. — Credo sia un poliziotto — dico. — Il signor Stacy ha detto che avrebbe mandato qualcuno a raccogliere la mia deposizione.
— Allora io posso andare — mi saluta Tom.
Il poliziotto, che è il signor Stacy, siede sul mio divano. Porta calzoni avana e una camicia a quadretti con maniche corte; ha scarpe marroni di pelle ruvida. Appena entrato si è guardato attorno e si capiva che stava notando tutto. Anche Danny guarda nello stesso modo, facendo caso a tutto.
— Ho i rapporti sugli altri episodi di vandalismo, signor Arrendale — dice. — Perciò, se lei mi dirà tutto su quanto è avvenuto questa sera… — Ma è sciocco: lui era lì. Mi ha fatto delle domande e io ho risposto e lui ha scritto sul suo palmare. Non capisco perché sia qui a farmi ripetere tutto daccapo.
— Questo è il mio giorno per andare a fare la spesa — dico. — Io vado a fare la spesa nello stesso supermercato, perché è più facile trovare le cose in un supermercato quando si va lì ogni settimana.
— Ci va alla stessa ora ogni settimana?
— Sì. Vado dopo il lavoro e prima di prepararmi la cena.
— E fa una lista delle cose da acquistare?
— Sì. — È naturale, credo, ma forse Stacy pensa che non tutti facciano una lista. — Però l'ho gettata via quando sono arrivato a casa. — Mi chiedo se lui vorrà che vada a ripescarla dalla spazzatura.
— Oh, non importa. Volevo solo rendermi conto di quanto erano prevedibili i suoi movimenti.
— La prevedibilità è una buona cosa — dico. Sto cominciando a sudare. — È importante avere delle abitudini.
— Certo, naturalmente — annuisce lui. — Ma avere delle abitudini rende più facile localizzarla per qualcuno che voglia farle del male. Ricordi che io l'avevo ammonita in proposito la settimana scorsa.
Io non ci avevo pensato da quel punto di vista.
— Comunque continui, non volevo interromperla. Mi dica tutto.
Mi pare strano avere qualcuno che ascolta con tanta attenzione cose insignificanti come l'ordine secondo il quale faccio le mie spese… ma lui vuole che gli dica tutto. Non so cos'abbia a che fare questo con l'attentato, però io riferisco tutto, come organizzo la mia spesa per evitare di fare giri inutili.
— Poi sono uscito — continuo. — Non era completamente buio, ma nel parcheggio le luci erano accese. Io avevo parcheggiato a sinistra, nell'undicesima fila. — A me piace fermarmi in un posto la cui locazione sia un numero primo, ma questo non lo dico. — Avevo in mano le chiavi e ho aperto la macchina. Ho preso i sacchetti della spesa dal carrello e li ho riposti nel retro. Poi ho sentito il carrello muoversi alle mie spalle e mi sono voltato. Allora Don mi ha rivolto la parola.
M'interrompo, cercando di ricordare quali parole esatte ha adoperato e in che ordine. — Sembrava davvero furioso — dico. — Aveva la voce rauca. Ha detto: "È stata tutta colpa tua. È colpa tua se Tom mi ha buttato fuori". — M'interrompo di nuovo. Don ha detto un sacco di cose molto in fretta e io non sono sicuro di ricordarle tutte nel dovuto ordine. Sarebbe sbagliato riferirle in modo inesatto.
Il tenente Stacy aspetta in silenzio.
— Non sono certo di ricordare tutto esattamente — mi giustifico.
— Non importa — dice lui. — Mi racconti tutto ciò che ricorda.
— Lui ha detto: "È colpa tua se Marjory mi ha scaricato". Tom è la persona che ha organizzato il gruppo di schermidori. Marjory è… le ho parlato di lei la settimana scorsa. Non è mai stata la ragazza di Don. — Mi sento imbarazzato a parlare di Marjory: lei dovrebbe parlare per sé. — Marjory ha simpatia per me in un certo senso, ma… — Questo non posso dirlo. Non so in che modo piaccio a Marjory, se come conoscente o come amico o come qualcosa di più. Se dico "non come un amante" non rischio di dire una cosa vera? Io non voglio che sia vera.
— Mi ha detto: "I fenomeni da baraccone dovrebbero accoppiarsi con fenomeni da baraccone, se è proprio necessario che si accoppino". Era molto arrabbiato. Ha detto che era colpa mia se c'era la depressione e lui non riusciva a trovare un buon lavoro.
— Uhm. — Stacy emette solo un piccolo grugnito e non dice nulla.
— Mi ha detto di entrare in macchina. Ha spinto l'arma verso di me. Non è bene entrare in macchina con un assalitore, lo hanno detto in un programma lo scorso anno.
— Lo ripetiamo tutti gli anni — dice Stacy. — Però c'è sempre gente che lo fa. Sono contento che lei non l'abbia fatto.
— Io potevo vedere il suo schema di attacco — spiego. — Così mi sono mosso: ho parato la sua arma e l'ho colpito allo stomaco. So che è sbagliato colpire qualcuno, ma lui voleva farmi del male.
— Lei ha visto il suo schema di attacco? — chiede Stacy. — Di cosa si tratta?
— Abbiamo fatto parte dello stesso gruppo di schermidori per anni — racconto. — Quando Don spinge il braccio destro in avanti per una stoccata, muove sempre insieme il piede destro e poi sposta il sinistro di lato, quindi sporge il gomito in fuori e tira la stoccata in un giro largo verso destra. Ecco perché sapevo che se gliel'avessi mandata a vuoto e poi avessi tirato la mia stoccata al centro avrei avuto la possibilità di colpirlo prima che lui mi toccasse.
— Ma se lui ha tirato di scherma con lei per anni, come mai non s'è accorto della sua contromossa?