— No.

— Lo vedi? Ho indovinato. Quindi ci conviene tenerlo sotto l’effetto della droga finché non saremo sicuri di esserci liberati di lui. — Tornò a rivolgersi a me, per ordinarmi: — Dan, voglio sapere tutto su questa storia del Lungo Sonno. Dimmi con chi hai parlato, perché ti è venuta l’idea di farlo, perché poi hai cambiato parere. Dimmi tutto.

Naturalmente obbedii. La domanda era stata esplicita, e ripetei per filo e per segno tutti gli avvenimenti della giornata, a cominciare dalla sosta nel bar. Stavo per dirle che mi ero fermato nella tabaccheria a spedire la lettera per Ricky, quando lei m’interruppe, evidentemente convinta di saperne abbastanza. — Dunque — disse — dopo aver seguito il consiglio del medico ed esserti snebbiato la mente, hai mutato parere, e hai deciso invece di venire a seccare noi due. Ebbene, Dan, ascoltami. Non è vero che non vuoi più sottoporti al Lungo Sonno. Hai capito? Tu vuoi sottoporti al Lungo Sonno. Ripeti.

— Io voglio sottopormi al Lungo Sonno. Io voglio… — mentre parlavo mi mancarono le ginocchia. Ero in piedi da quasi un’ora, immobile perché nessuno m’aveva ordinato di fare il minimo movimento, e ora i miei muscoli cominciavano a non poterne più.

— Siediti! — mi ordinò allora bruscamente Belle, e io mi lasciai cadere sulla sedia.

— Così va bene — rispose Belle rivolgendosi a Miles. — Glielo continuerò a ripetere finché sarò sicura che non se ne possa dimenticare.

Miles guardò l’ora. — Ha detto che deve andare dal medico a mezzogiorno — disse.

— C’è tutto il tempo. Ma sarà meglio che lo accompagniamo là noi, per essere sicuri che… No, maledizione!

— Cosa c’è ancora?

— C’è troppo poco tempo. Gli ho iniettato una dose da cavallo, perché volevo metterlo fuori combattimento prima che fosse lui a colpire me. Per mezzogiorno sarà tornato abbastanza in sé da ingannare chiunque… ma non un medico.

— Credo che si tratti soltanto di una visita pro forma. Non ha detto che l’hanno già sottoposto a tutti gli esami?

— Hai sentito anche tu quello che gli ha detto il medico. Controlleranno che non abbia bevuto ancora, e con un tal genere di controlli non riusciremo a cavarcela, caro mio.

— E se telefonassimo per dire che non sta bene e rimanda la visita a dopodomani?

— Taci e lasciami pensare!

Riprese il fascio delle carte che avevo portato con me, e dopo un poco uscì dalla stanza, per tornare subito con una lente da orologiaio incastrata nell’orbita. Si rimise ad esaminare le carte con la massima attenzione, attraverso la lente, e quando Miles le chiese che cosa diavolo stesse facendo, gli intimò di lasciarla in pace. Alla fine, si tolse la lente dall’orbita e dichiarò: — Grazie al cielo si debbono servire tutti delle medesime formule legali. Ciccino, dammi l’elenco telefonico per categorie.

— Cosa ti serve?

— Prendilo, su! Voglio controllare l’esatta ragione sociale di una Società.

Miles obbedì borbottando. Lei sfogliò l’elenco e quando trovò quello che cercava, disse: — Ecco: Compagnia Madre Assicurazioni di California. Ciccino, devi accompagnarmi subito in stabilimento.

— Cosa?

— Ubbidisci. Mi serve una macchina per scrivere elettrica, anzi, vammela a prendere tu, io devo fare alcune telefonate.

— Comincio a capire il tuo piano — disse Miles, ancora perplesso — ma è pazzesco, Belle, pazzesco e pericoloso.

Lei rise. — Lo dici tu… Non ti ricordi che ancora prima di unirmi a voi ti avevo detto che avevo delle conoscenze nelle alte sfere? Credi che l’affare con la Mannix saresti stato capace di condurlo in porto tu da solo?

— Ma… non so.

— Lo so io! E forse non sai neppure che la Compagnia Madre è un’affiliata della Mannix.

— Non lo sapevo, ma non capisco che cosa importi.

— Significa che le mie relazioni sono ancora utili. Vedi, Ciccino, la ditta per cui lavoravo prima di venire da voi, è stata utile più di una volta alla Mannix riguardo a dichiarazioni del reddito… finché il mio principale non fu costretto a lasciare il paese. Come puoi ben immaginare non mi sono lasciata sfuggire l’occasione, e so sulla Mannix più di quanto tu non pensi… Adesso vai, e stai attento a quel maledetto gatto.

Miles si avviò borbottando. Aveva appena aperto la porta che si voltò per dire: — Belle, Dan non aveva parcheggiato l’auto davanti a casa nostra?

— Sì, perché?

— Non c’è più.

— Allora ci saremo sbagliati. L’avrà lasciata dietro l’angolo… Non perdere tempo per cose che non hanno importanza, e spicciati a portarmi la macchina.

Dopo che Miles fu uscito, Belle mi lasciò solo. Non so quanto tempo fosse passato, ma cominciava ad albeggiare quando Miles fu di ritorno sudando sotto il carico della nostra pesante macchina per scrivere elettrica. Poi venni lasciato di nuovo solo.

Una volta, Belle venne da me per chiedermi: — Dan, leggo in questo foglio che la Compagnia di Assicurazioni amministrerà le tue azioni della Domestica Perfetta nel corso del Lungo Sonno. Invece tu vuoi che te le amministri io, vero?

Avrei potuto dirle che, dopo aver mutato idea circa il Lungo Sonno, avevo spedito le carte a Ricky, ma lei non mi aveva fatto una domanda diretta in proposito.

Perciò continuai a guardarla tacendo, finché lei, spazientita senza motivo, disse: — Ripeti: voglio dare le azioni a Belle!

— Voglio dare le azioni a Belle!

— Così va bene. E adesso dammele sul serio. Sono nella tua macchina?

— No.

— E allora dove sono, se addosso non te le ho trovate?

— Le ho spedite.

— Cosa? — strillò lei. — Quando le hai spedite? A chi? Che cosa ti è saltato in mente?

Se mi avesse posto per ultima la seconda domanda, le avrei risposto, ma ero in condizioni di rispondere solo a una domanda per volta, e solo all’ultima che mi ponevano.

— Volevo essere sicuro — balbettai — e le ho cedute.

In quella entrò Miles.

— Dove le ha cacciate? — disse, agitato.

— Dice che le ha spedite… perché voleva essere sicuro! Sarà meglio che tu frughi bene nella sua macchina, per accertarci che le abbia spedite davvero. Figurati che mi ha detto di averle cedute! — E a me: — A chi le hai cedute?

— Alla Banca d’America. — Non mi chiese perché, altrimenti le avrei detto «perché le conservi fino al giorno in cui Ricky diventerà maggiorenne».

Invece si limitò ad alzare le spalle e a sospirare: — Possiamo dare un addio alle azioni, Ciccinò! — esclamò. — Portarle via a una Banca è impossibile. Ma vai a perquisire la sua macchina, caso mai non le abbia ancora impostate.

Miles ubbidì, per tornare dopo una decina di minuti, dichiarando: — Ho girato in lungo e in largo, ma qui attorno la sua macchina non c’è. Si vede che è venuto in tassi.

— Non dire sciocchezze. L’abbiamo visto arrivare, no?

— Già… però la sua macchina non c’è lo stesso. Chiedigli quando e dove ha impostato il plico.

Belle eseguì, e io le spiegai: — Prima di venire qui, l’ho impostato in una cassetta all’angolo tra Sepulveda e Ventura Boulevard.

— Credi che menta?

— Non potrebbe nemmeno se volesse — disse Belle — e poi ha dato particolari troppo precisi. Meglio non pensarci più, Miles. Vedremo in seguito di sistemare le cose in modo che figuri di averle cedute a noi in data anteriore a oggi, così la cessione alla Banca non ha valore… Qualche sua firma su alcuni fogli in bianco ci sarà utile.

Mi mise in mano una penna e mi invitò a firmare alcuni fogli, ma nelle condizioni in cui ero la scrittura mi riusciva alterata, e Belle non fu soddisfatta della mia prestazione: — Sei un buono a nulla! — mi gridò, esasperata, strappandomi di mano l’ultimo foglio. — La tua firma sono capace di farla meglio io!

Dopo di che mi lasciarono in pace per un bel po’. Quando tornò ad avvicinarsi a me, Belle disse: — Adesso, caro Dan, ti farò un’altra piccola puntura che ti farà sentire subito meglio. Potrai alzarti e muoverti come hai sempre fatto, e non serberai rancore a nessuno, specialmente a Miles e a me, perché noi siamo i tuoi migliori amici, vero? Chi sono i tuoi migliori amici?


Перейти на страницу:
Изменить размер шрифта: