Lui fece per ribattere, ma poi si strinse nelle spalle, e rivoltosi a Ricky disse con voce alta e ferma: — Svegliati, Federica. Svegliati. Devi svegliarti subito.
Le palpebre di Ricky ebbero un fremito lieve, poi gli occhi si aprirono, si volsero in giro, e quando si fermarono su di me, la sua faccia si illuminò in un sorriso. — Danny… e Pete! — Sollevò le braccia, e io potei vedere che aveva infilato al pollice il mio vecchio anello.
Pete si mise a fare le fusa e balzò sul letto, dandole grandi testate, avanti e indietro, sotto il mento, in un’estasi di benvenuto.
Il dottor Ramsey avrebbe voluto che passasse un’altra notte al Ricovero, ma Ricky non volle. La nonna di Ricky era morta nel 1980, e lei non aveva altri parenti, ma aveva ancora qualche oggetto di sua proprietà, soprattutto libri, che io feci spedire alla sede dell’Aladino, al nome di John Sutton. Ricky era un po’ confusa e stordita notando i cambiamenti avvenuti nei vent’anni e più in cui aveva dormito, e non si staccava mai dal mio braccio. Ma non provò mai quel senso di solitudine caratteristico di chi si sveglia dal Lungo Sonno e non ha nessuno ad aspettarlo.
Dopo Brawley ci recammo a Yuma, dove io firmai il registro matrimoniale del municipio scrivendo per esteso, in bella calligrafia, il mio nome: Daniel Boone Davis, perché non ci fossero dubbi su quale D. B. avesse apposto quell’importante firma. Pochi istanti dopo, con la mano di Ricky nella mia, ripetevo le parole del celebrante: — Io, Daniel, prendo te Federica in legittima sposa… fino a che morte non ci divida.
Pete fu il mio compare d’anello. I testimoni furono due impiegati del municipio.
Partimmo subito da Yuma per un ranch-albergo, dove affittammo un villino appartato in cui un Pronto-agli-Ordini sbrigava le faccende, in modo che nessuno potesse turbare la nostra intimità. Pete sostenne una memorabile battaglia col gatto del proprietario, che fino a quel giorno non aveva avuto rivali nel ranch. Questo è l’unico avvenimento importante che ricordo, di cui non fossimo protagonisti Ricky e io.
D’altro, c’è poco da dire. Con le azioni della Domestica Perfetta di cui Ricky era proprietaria potei far varare la mia proposta di mettere Chuck al posto di direttore tecnico e confinare Mac Bee al rango di Ricercatore Emerito.
John è direttore generale della Aladino, che in effetti dirige insieme a Jenny. Io mi limito alla parte di azionista, così le due società sono spronate a farsi concorrenza… questo è vantaggioso per tutti.
Io mi accontento di una stanzetta piena di progetti e di disegni, e quando i progetti sono completi, chiedo i brevetti. Ho ritrovato gli appunti presi durante i colloqui col professor Twitchell, al quale ho scritto che il suo esperimento è pienamente riuscito, e che sono tornato via sonno freddo scusandomi sentitamente per aver espresso dei dubbi sulle sue capacità.
Gli ho anche chiesto se aveva piacere che pubblicassi il libro della sua biografia, ma non mi ha risposto. Evidentemente è ancora in collera con me.
Comunque, io scrivo sul serio la sua biografia, che pubblicherò a mie spese e farò esporre in tutte le librerie e donerò alle biblioteche nazionali. È il meno che possa fare per lui, perché solo per merito suo io, oggi, ho Ricky. E Pete. Intitolerò il libro: Un genio nell’ombra.
Jenny e John sono sempre gli stessi, sembra che siano eterni. Grazie ai progressi della geriatria, all’aria buona, al sole, alla ginnastica, Jenny è più carina adesso a, credo, sessantatré anni, che trent’anni fa. John, nonostante l’implicita ammissione del suo biglietto, continua a insistere che io devo essere un veggente o qualcosa del genere, rifiutandosi di ammettere l’evidenza. Quanto a Ricky, quando ho tentato di spiegarle tutta la storia, durante la luna di miele, dicendole che mentre mi recavo da lei al campeggio delle Giovani Esploratrici ero contemporaneamente drogato in casa di Miles a San Fernando Valley, è diventata pallida e mi ha imposto di smettere. Ma anche se mi avesse lasciato parlare fino in fondo la mia spiegazione non sarebbe stata completa ed esauriente. Tutte le volte che ci penso, infatti, e non sono poche, c’è un punto che resta oscuro. Perché non lessi la notizia della mia rinascita? Alludo alla seconda, avvenuta nell’aprile del 2001, non a quella avvenuta nel periodo del mio primo risveglio quando vidi anche quel famoso F. V. Heinicke grazie al quale riuscii a risalire fino a Ricky. La seconda volta, dunque, venni svegliato venerdì 27 aprile 2001 e la partecipazione della mia rinascita avrebbe dovuto comparire sul Times del giorno successivo. Invece, allora, non la vidi. Quando mi presi la briga di controllare, dopo il secondo risveglio, la trovai nel Times di sabato 28 aprile.
Filosoficamente, basta una riga d’inchiostro per mutare l’universo, allo stesso modo che esso muterebbe se scomparisse, poniamo, l’Europa. Che si tratti dell’antica nozione, riveduta e corretta, delle diramazioni della corrente del tempo e degli universi multipli? Al secondo risveglio mi ritrovai forse in un altro universo. E allo stesso modo, esiste forse tuttora un universo in cui Pete, chissà dove, e chissà quando, miagolò disperatamente ritrovandosi solo e abbandonato? E in cui Ricky non riuscì mai a fuggire con la nonna ma dovette sopportare la collera vendicativa di Belle?
Una linea di caratteri di stampa non è una prova sufficiente. È probabile che quella sera io mi sia addormentato senza aver letto il mio nome, e il mattino dopo abbia gettato il Times nel dissipatore, convinto di averlo letto tutto. Mi capita spesso di essere distratto e assente, specie quando ho qualche progetto per la testa.
Ma se l’avessi visto, che cosa avrei fatto? Sarei andato al Ricovero, mi sarei visto, e sarei impazzito? No, perché se così avessi fatto non avrei agito in seguito come invece feci, dico in seguito relativamente a me stesso è chiaro, e le cose non sarebbero andate come sono andate. La mia è un’analisi negativa, inutile perché nata con un vizio d’origine, in quanto l’esistenza o meno di quella famosa riga di stampa dipende dalla possibilità che mi sia sfuggita. Quanto alla possibilità che avrei invece avuto di vederla fa parte delle non possibilità escluse dallo schema fondamentale dell’universo.
C’è una divinità che forma i nostri destini abbozzandoli appena, e la nostra volontà finisce di foggiarli. In questa frase sono ammessi la predestinazione e il libero arbitrio, dando credito di verità a ciascuno. Esiste un unico mondo reale, con un solo passato e un solo avvenire… com’era in principio, ed ora e sempre, nei secoli dei secoli, così sia. Uno solo, sì, ma grande e complesso quel tanto che basta a comprendere il libero arbitrio e lo spostamento temporale e tutto quanto il resto nei suoi allacciamenti e circuiti e controlli. Pur di mantenersi alle regole si può fare quello che si vuole… ma poi, alla fine, bisogna sempre tornare alla propria porta.
Io non sono l’unica persona che abbia viaggiato nel tempo. Fort elencò parecchi casi altrimenti inspiegabili, e altrettanto fece Ambrose Bierce; poi ci sono quelle due signore nel giardino del Trianon. Inoltre ho il sospetto che il professor Twitchell abbia premuto quel pulsante più volte di quanto non gli piaccia ammettere… per non parlare di altri che, in passato o in avvenire, hanno scoperto il sistema di spostarsi avanti o indietro nel tempo. Comunque, non credo che sia una scoperta destinata a diffondersi. A quanto ne so, oltre a me tre altre persone soltanto ne sono al corrente, e di queste, due non ci vogliono credere. Spostarsi nel tempo non sempre è utile, e come dice Fort si può viaggiare in ferrovia solo quando il tempo è maturo per le ferrovie.
Quello però che non riesco a togliermi dalla testa è Leonard Vincent. È possibile che lui e Leonardo da Vinci fossero la stessa persona? Secondo l’enciclopedia visse così e così, ma non è da escludere che i dati siano stati inventati, non ci sarebbe niente da meravigliarsi, tanto più che nell’Italia del quindicesimo secolo non vigevano certo i sistemi d’identificazione individuali odierni. Non c’erano carte d’identità, tabelle d’impronte digitali e così via, quindi niente di più facile che falsificare dei dati.