Avevamo guardato tutta la notte sceriffi su veicoli da terra che facevano saltare in aria i luoghi in cui gli elettori si recavano di persona a votare: era un periodo perfino precedente a quello dei computer. Avevamo guardato vecchie sedute in fondo agli autobus. Avevamo guardato Vivi neri a cui era negato di sedersi ai caffè anche se avevano a disposizione gettoni-pasto. Parlavano tutti come James Francis Marion Hubbley. O meglio, lui parlava come loro. Il suo linguaggio era una creazione deliberata, una recitazione di un tempo antico: storia ben precedente a quella disponibile a livello elettronico. Forse pensava che durante la Rivoluzione Americana avessero parlato così. Forse aveva maggior buon senso. In entrambi i casi il suo linguaggio era disciplinato e deliberato.
Era un artista.
Hubbley disse: — Marion era malaticcio e non aveva avuto un gran che di istruzione, aveva un carattere orrendo ed era di umore nero. Aveva le ginocchia storte proprio dal giorno che sua madre lo aveva partorito. Gli inglesi gli avevano bruciato la piantagione, i suoi uomini lo piantavano in asso tutte le volte che sentivano la nostalgia delle famiglie e il suo stesso ufficiale comandante, il generale maggiore Nathanael Greene, non lo apprezzava troppo. Niente di tutto questo però ha mai trattenuto Francis Marion. Ha fatto il suo dovere nei confronti del suo paese, il suo dovere per come la vedeva lui, scoppiasse pure un pandemonio.
Dissi, tirando fuori a forza le parole: — E lei, quale immagina sia il "suo" dovere rispetto al suo paese?
Gli occhi di Hubbley scintillarono. — L’avevo detto che era sveglio, figliolo, e lo è. Ha centrato subito la questione. Abbiamo lo stesso dovere della "Volpe della palude", cioè cacciare via gli stranieri oppressori.
— E questa volta gli stranieri oppressori sono tutti quelli modificati geneticamente.
— Ha fatto centro, signor Arlen. I Vivi sono il vero popolo di questo paese, proprio come lo era l’esercito di Marion. Avevano la volontà di decidere per se stessi in quale tipo di paese volevano vivere e anche noi abbiamo la volontà di decidere per nostro conto. Abbiamo la volontà e abbiamo l’ideale di come dovrebbe essere questa gloriosa nazione, anche se adesso non lo è ancora. Noi I Vivi. E se non ci crede, caspiterina, guardi che casino hanno fatto i Muli di questo grande paese. Debiti nei confronti di nazioni straniere, alleanze capestro che ci risucchiano ogni risorsa, l’infrastruttura che ci si sgretola in faccia, la tecnologia mal utilizzata. Proprio come gli inglesi utilizzavano male i cannoni e i fucili ai loro tempi.
Cominciò a pulsarmi l’anca, debolmente. L’antidolorifico non era forte abbastanza. Avevo già sentito tutta questa roba. Non era altro che odio antiricerca, travestito da patriottismo. Alla fine avevano beccato Leisha, quegli elementi carichi d’odio. Non riuscivo a sopportare la vista di Hubbley e voltai la testa.
— Ovviamente — disse lui — non si può fermare l’ingegneria genetica. Nessuno dovrebbe fermarla. Di certo noi non lo stiamo facendo, altrimenti non avremmo liberato questo disgregatore di duragem qui.
Girai lentamente la testa per fissarlo. Egli sogghignò. I suoi occhi azzurro chiaro scintillavano nel volto bruciato dal sole.
— Non mi deve guardare in quel modo, figliolo. Non intendo dire io personalmente, Jimmy Hubbley. E nemmeno questa brigata. Ma non avrà pensato che questo disgregatore di duragem è stato liberato accidentalmente, vero?
Fu in quel momento che notai le pareti, dalla perfezione nano-tecnologica. E vidi nuovamente le stampe di Miri, incapaci di evidenziare una singola fonte per la fuoriuscita del disgregatore.
Hubbley disse, nuovamente serio: — Siamo moltissimi. Ci vogliono moltissime persone per fare una rivoluzione. Abbiamo la volontà per decidere in che genere di paese vogliamo vivere e abbiamo l’ideale. La tecnologia.
Sputai fuori: — Quale tecnologia?
— Tutta. Be’, forse non proprio tutta. Ma moltissima. Qualche nano-dispositivo non organico, qualche nano-dispositivo organico a basso livello.
— Il disgregatore di duragem… Come avete fatto…
— Be’, scoprirà tutto al momento giusto. Per oggi deve solo sapere che lo abbiamo fatto e che finirà con l’abbattere il falso governo, proprio come la Rivoluzione ha abbattuto gli inglesi. Rubiamo la tecnologia di cui abbiamo bisogno proprio come Marion rubava i fucili direttamente al nemico. Caspita nel 1781, proprio sul Santee Ri ver…
— Ma avete ucciso gli agenti dell’ECGS.
— Modificati geneticamente — tagliò corto Hubbley. — Abomini contro natura. Caspiterina, usare la nano-tecnologia per combattere una giusta battaglia, non è diverso dall’usare i cannoni del tempo del generale Marion. Ma usarla su esseri umani… quella è una guerra del tutto diversa, figliolo. Quello non è giusto. Le persone non sono cose e non devono essere trattate come cose, con le parti alterate, migliorate e riaggiustate. Non sono veicoli, industrie o robot. I Muli hanno trattato la gente come cose anche troppo a lungo in questo paese. La gente Viva.
— Ma non si può consentire l’uso dell’ingegneria genetica organica sui microorganismi e aspettarsi che non agirà anche sulle persone. Se si consente una…
— Che diamine, no. — Hubbley si alzò e flesse le gambe. — Non è per niente la stessa cosa. È giusto uccidere i germi, vero? Anche uccidere animali da mangiare? Ma non è giusto uccidere gli esseri umani. Questa distinzione è molto chiara nelle nostre leggi sull’uccidere, no? Chi diavolo pensa che non possiamo farlo anche nelle nostre leggi sull’ingegneria a modificazione genetica?
Dissi prima ancora di rendermi conto che l’avrei fatto: — Non potete nascondervi all’ECGS!
Hubbley mi fissò pacificamente con i suoi occhi azzurri acquosi. — Huevos Verdes lo fa, no?
— È diverso. Loro sono Super…
— Non sono dèi. E nemmeno angeli. — Si stiracchiò la schiena. — Il fatto è, signor Arlen, che ci nascondiamo all’ECGS da quasi cinque anni, ormai. Oh, non tutti. Il nemico ha ucciso parecchi buoni soldati finora. E anche noi abbiamo fatto vittime. Però siamo ancora qui. E il disgregatore di duragem è là fuori a portare l’intera guerra a una conclusione più veloce.
— Ma non vi potete nascondere da Huevos Verdes!
— Be’, è più difficile. Ma il fatto è che sospetto che sanno di noi. Sospetto che Huevos Verdes sa ben di più su di noi dell’ECGS. È evidente.
Miranda non me lo aveva mai detto. Non a me. Jonathan non lo aveva mai detto e nemmeno Nikos o Christy. Non a me. Non a me.
— Finora non siamo stati forti abbastanza da poter rubare a Huevos Verdes e quindi è un bene che, per così dire, ci hanno ignorato. Ma adesso è tutto diverso. Nemmeno Huevos Verdes può fermare il modo in cui questo governo sta perdendo il controllo, adesso che il disgregatore di duragem non può più essere bloccato.
— Ma…
— Basta così, per adesso — disse Hubbley, fermo, ma non scortese. — Adesso ci dobbiamo muovere. Le morti di quegli agenti faranno scoppiare un gran casino. La compagnia dovrebbe quasi essere pronta per andare e lei verrà con noi. Ma non si preoccupi, signor Arlen, avremo un sacco di tempo per parlare insieme. So che tutto questo è nuovo per lei, perché la sua istruzione è stata sbagliata. Lei ha passato un sacco di tempo con gli Insonni che non sono nemmeno più umani. Ma imparerà il giusto. Non potrà farne a meno quando vedrà avvicinarsi la vera guerra. Glielo dobbiamo. Lei è stato un vero aiuto per noi.
Lo fissai con espressione vacua. Una nauseabonda ondata di forme mi arrivò al limite della mente, un’onda si sollevò per riversarmisi sopra, per sommergermi.
— Sono stato…
— Be’, ovviamente — disse Hubbley con quello che sembrava genuino sbalordimento. — Non lo aveva già immaginato? Il suo ultimo concerto Il guerriero ha permesso alla gente di sentirsi ben più indipendente e pronta a combattere con volontà e per un ideale. Lo ha fatto lei, signor Arlen. Probabilmente non era quello che intendeva, ma è successo proprio così. Da quando ha cominciato a dare Il guerriero, il nostro reclutamento è salito del trecento per cento.