Egli sembrò sorpreso. — Caspita, signor Arlen, signore, non è che generalmente non fanno niente. Oggi è domenica, il Sabbath. Già domani saremo tornati all’addestramento regolare. Il generale Marion conosceva il valore di un giorno di riposo e il recupero dello spirito umano.

Si guardò attorno soddisfatto per l’indolente gioco d’azzardo, per le persone che guardavano la corsa degli scooter, per le sagome mezzo accasciate probabilmente sotto l’effetto di stupefacenti. Solo tre facce in quella intera maledetta stanza mostravano un’autentica animazione. Quelle di Joncey e Abigail che si sorridevano a vicenda, mentre Abby continuava a cucire il pizzo ondeggiante e disegnato, e quella di Peg.

— Deve mangiare lo stufato, figliolo — disse con gentilezza Hubbley. — Avrà bisogno di cibo per mantenersi in forze.

Lasciai il cucchiaio dov’era. — No — dissi. — Non è vero.

Ovviamente non capì. Peg, invece, con il tipico atteggiamento di allerta di un animale, colse qualcosa nel mio tono di voce. Mi fissò duramente prima di tornare a guardare Jimmy Hubbley con il volto arcigno trasformato dal rispetto, dalla adorazione e dall’amore languido e senza speranza di una persona comune per un’altra che lei ritiene chiaramente superiore rispetto a sé, quanto una divinità.

PARTE TERZA

Ottobre 2114

La verifica del nostro progresso non consiste nell’aumentare l’abbondanza di coloro che hanno molto, ma nel fornire il necessario a coloro che hanno troppo poco.

Franklin Delano Roosevelt, (Secondo Discorso di Inaugurazione)

10

Diana Covington — East Oleanta

La cosa più rimarchevole del trovarsi in una topaia fuori mano come East Oleanta avvenne quando mi resi conto che l’ECGS non sapeva dove fosse Miranda Sharifi. Era un ente governativo sofisticato e determinato ma, apparentemente, non sapevano nemmeno dove mi trovassi io. Non stavo usando nessuna delle identità che mi aveva procurato Colin Kowalski e avevo cambiato il mio personaggio tre volte lungo il tragitto verso East Oleanta. "Victoria Turner" aveva credenziali con il Fisco, con lo Stato del Texas, con la banca in cui era depositato il fondo fiduciario della sua famiglia, con gli istituti di istruzione software, con il Servizio di Assistenza Medica Nazionale, con negozi di drogheria: il mio amico ladro era bravissimo nel proprio mestiere. Abbastanza bravo da convincere Huevos Verdes… chi poteva saperlo? Mi sentivo comunque sicura che l’ECCS non ne sapesse niente.

La seconda cosa rimarchevole fu che io non chiamai l’ECGS per dire dove mi trovassi e cosa sospettassi. Lo imputai all’arroganza. Volevo essere in grado di dire: "Ecco qui Miranda Sharifi, latitudine 43°45’16 secondi — longitudine 74°50’86 secondi; è un laboratorio illegale di modificazione genetica, andate a prenderla, ragazzi" invece di dire: "Be’, penso che sia qui da qualche parte nelle vicinanze, anche se non ho prove". Se fossi stato un agente regolare il mio silenzio sarebbe risultato intollerabile. Io però non ero un agente regolare. Non ero proprio niente di regolare. Volevo, una volta nella mia incapace vita, avere successo in qualche cosa per mio conto. Lo volevo maledettamente.

Ovviamente, come quelli dell’ECGS, non sapevo con esattezza dove si trovasse Miranda Sharifi, anche se sospettavo che fosse nascosta in un qualche luogo nelle boschive Montagne Adirondack presso East Oleanta. Non avevo però la benché minima idea di dove poterla effettivamente trovare.

Fino a Lizzie Francy.

Tornai a trovare Lizzie Francy la stessa sera in cui le avevo spiegato per la prima volta alcune semplici operazioni del computer, il giorno dopo averle applicato un cerotto medico. Avevo notato come avesse cambiato colore Billy Washington quando gli avevo chiesto dell’Eden. Quel vecchio era il peggior bugiardo che avessi mai visto. Sapeva qualcosa sull’Eden: era disperatamente innamorato della ben più forte e ben più convenzionale Annie; Lizzie avrebbe potuto fare di lui tutto ciò che avesse voluto. Povero Billy.

Lizzie era seduta su un orrendo sofà in sintoplastica e indossava una camicia da notte rosa; aveva i capelli suddivisi in sedici treccine raccolte in un nastro rosa. Parti elettroniche erano sparpagliate sulla coperta. La avvistai alle spalle di Billy, che mi aveva aperto la porta ma non mi voleva lasciare entrare.

— Lizzie dorme, lei.

— No, Billy. È là dietro.

— Vicki! — gridò Lizzie con la sua vocetta da bambina e qualcosa di inaspettato mi si rigirò in petto. — Sei qui!

— È ammalata, lei, troppo ammalata per ricevere gente.

— Io sto bene, io — disse Lizzie. — Lascia entrare Vicki, Billy. Ti preeeeeego.

Egli lo fece, con espressione infelice. Annie non era in giro. Io dissi: — Che cosa hai lì, Lizzie?

— Il robot per pelare le mele della cucina del caffè — rispose lei prontamente e senza alcun senso di colpa. Billy si contrasse. — Si è rotto e io l’ho fatto a pezzi, io, per vedere se riesco a ripararlo.

— E ci riesci?

— No. E tu? — Mi fissò con scuri occhi affamati. Billy uscì dall’appartamento.

— Probabilmente no — risposi. — Non sono un tecnico di robot. Fammi dare un’occhiata, però.

— Ti faccio vedere tutto, io.

Lo fece. Rimise insieme i pezzi del robot-pela-mele che aveva un semplice chip Kellor standard alimentato da energia-Y. Io ero andata a scuola con Alison Kellor la quale aveva sempre professato un disprezzo annoiato per l’impero elettronico che avrebbe un giorno ereditato. Lizzie riassemblò il robot in due minuti circa e mi mostrò come non funzionasse nonostante un chip attivo. — Vedi questo pezzettino qui, Vicki? Dove il braccio che sbuccia si inserisce nel robot? Sembra come sciolto, lui.

Dissi: — Cosa pensi che lo abbia provocato?

I grandi occhi scuri mi fissarono. — Non lo so, io.

— Io sì. — La giuntura distrutta era in duragem. Era stata in duragem, fino all’attacco del rinnegato disgregatore replicante.

— Che cosa lo ha sciolto, Vicki?

Rivoltai il robot fra le mani, alla ricerca di altre giunture in duragem. C’erano, fra le parti in plastica fisse meno durevoli, ma più economiche. Le altre non "sembravano come sciolte, loro". Ma non lo erano nemmeno alcune delle parti in duragem.

— Che cosa l’ha sciolto, Vicki? Vicki? — Sentii una mano su un braccio.

Perché le altre giunture in duragem non erano state attaccate? Perché il disgregatore aveva una specie di meccanismo a orologeria. Si era autodistrutto dopo un certo periodo di tempo e aveva anche smesso di replicarsi dopo avere prodotto un determinato numero di copie di sé. Molti dei meccanismi di nano-tecnologia avevano questo dispositivo di sicurezza.

Lizzie mi scosse il braccio. — Che cosa l’ha sciolto, Vicki? Cosa?

— Un minutissimo macchinario. Troppo piccolo perché lo si possa vedere.

— Il disgregatore di duragem? Quello che io ho visto al notiziario, io?

Subito sollevai lo sguardo. — Tu guardi i notiziari dei Muli?

Mi lanciò un’occhiata lunga e seria. Mi resi conto che per lei si trattava di un’importante decisione da prendere: fidarsi di me o no. Alla fine disse, come se fosse una risposta: — Ho quasi dodici anni, io. La mia mamma, lei, pensa ancora che ci ho sei anni.

— Oh — commentai io. — E come fa una ragazzina di dodici anni a vedere i notiziari dei Muli? Al caffè non vengono mai trasmessi.

— Non c’è niente in piena notte. Qualche notte. Io vado lì, io, e me li guardo.

— Sgattaioli fuori di casa?

Lei annuì con espressione solenne, certa che questa ammissione avrebbe fatto crollare il mondo. Aveva ragione. Non avevo mai immaginato un bambino Vivo con tanta ambizione, curiosità, intelligenza o fegato. Mi resi conto che Lizzie Francy avrebbe avuto un’esistenza difficile: sgradita sia ai Vivi, sia ai Muli.


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