Per un attimo il suo cuore si arrestò al pensiero che davvero fossero volate oltre il Bordo. Ma poi si rese conto che i migliaia di puntolini sotto di lei erano troppo gialli e palpitavano. Inoltre, chi aveva mai sentito di stelle disposte in un disegno così uniforme?
— È molto carino. È una città? — domandò Esk.
La Nonnina scrutò il terreno. Se era una città, allora era troppo grande. Ma ora che ci pensava, l’odore era quello di un sacco di gente.
Intorno a loro l’aria sapeva d’incenso e cereali e spezie e birra. Ma soprattutto l’odore era quello di un grande canale di scolo, di migliaia di persone e di un sistema fognario assai approssimativo.
Si riscosse dai suoi pensieri. Il nuovo giorno stava per nascere. Cercò una zona dove la luce delle torce era meno vivida e più spaziata, ciò che stava a indicare un quartiere povero e i poveri non hanno nulla contro le streghe. Manovrò il manubrio puntandolo in basso.
Riuscì ad arrivare a poco più di un metro dal terreno prima che l’alba spuntasse per la seconda volta.
La porta era veramente grande e nera, quasi fosse fatta di solida tenebra.
Confuse nella folla che si accalcava nella piazza davanti all’Università, la Nonnina ed Esk erano rimaste a fissarla. Finalmente la bambina osservò: — Non vedo come si fa per entrare.
— È la magia, suppongo — ribatté acida la Nonnina. — Questi sono i maghi. Chiunque altro avrebbe comprato un battente.
Agitò la scopa in direzione dell’alta porta.
— Non mi meraviglierei se per entrare si dovesse pronunciare una qualche formula magica — aggiunse.
Si trovavano ad Ankh-Morpork già da tre giorni e, con sua grande sorpresa, lei cominciava a provarci gusto. Avevano trovato un alloggio in un quartiere, Le Ombre, nella parte vecchia della città. Lì gli abitanti conducevano in gran parte una vita notturna e non s’impicciavano mai degli affari altrui. Infatti, la curiosità non solo uccideva il gatto, ma lo buttava nel fiume con un peso ai piedi. L’alloggio si trovava all’ultimo piano, vicino a quello di un rispettabile commerciante in oggetti rubati perché, come aveva sentito dire la Nonnina, un solido steccato vuole dire buoni vicini.
Le Ombre, in breve, erano la dimora di dei screditati e ladri non autorizzati, signore della notte e venditori ambulanti di merci esotiche, alchimisti della mente e guitti girovaghi. Insomma, il grasso sull’asse della civiltà.
Eppure, sebbene gente del genere tenda ad apprezzare le pratiche magiche più innocue, c’era una notevole penuria di streghe. La notizia dell’arrivo della Nonnina si era sparsa in poche ore nel quartiere e un flusso continuo di persone si avvicinava di soppiatto o per vie traverse o con passo deciso alla sua porta, in cerca di pozioni o amuleti o per farsi predire il futuro. Oltre a vari servizi personali e specializzati che le streghe tradizionalmente forniscono a coloro la cui vita è poco serena o tempestosa.
Al principio, la cosa l’aveva irritata, poi imbarazzata e quindi lusingata. I suoi clienti avevano soldi, il che era utile, ma pagavano anche in rispetto, una moneta più che pregiata.
Per dirla in breve, la Nonnina stava perfino contemplando la possibilità di acquistare un alloggio un po’ più grande, con un pezzetto di giardino, e di farsi venire le sue capre. L’odore della città poteva costituire un problema, ma le capre avrebbero soltanto dovuto sopportarlo.
Lei e la bambina avevano visitato Ankh-Morpork, i suoi moli affollati, i suoi numerosi ponti, i suoi suk, le sue casbe, le sue strade affiancate solo da templi. La Nonnina li aveva contati con uno sguardo assorto. Gli dei domandano sempre ai seguaci di agire al contrario della loro vera natura e il "fallout" umano che ne consegue procura un bel po’ di lavoro alle streghe.
Fino a quel momento i terrori della civiltà non si erano materializzati, se si eccettua uno scippatore che aveva tentato di squagliarsela con la borsa della Nonnina. Con grande meraviglia dei passanti, la vecchia lo aveva richiamato e lui era tornato indietro, lottando con i piedi che avevano totalmente cessato di ubbidirgli. Nessuno vide bene come erano diventati gli occhi di lei mentre lo guardava in faccia o udì le parole che gli bisbigliava nell’orecchio tremebondo. Ma lui le restituì tutto il suo denaro, più un sacco di altri soldi appartenenti ad altre vittime. E prima che lei lo lasciasse andare, le aveva promesso di radersi, di tenersi diritto e di diventare una persona migliore per il resto della sua vita. Prima di notte, la descrizione della Nonnina era stata fatta circolare a tutte le sedi locali della Corporazione dei Ladri, Tagliaborse, Scassinatori e Mestieri Affini [Una organizzazione molto rispettabile che rappresentava in effetti il maggior ente della città per l’osservanza della legge. La ragione è la seguente: la Corporazione riceveva una quota annua corrispondente a un livello socialmente accettabile di furti, scippi e assassini. In cambio, provvedeva con metodi assai decisi e finali, a che il criminale non ufficiale fosse non soltanto eliminato ma accoltellato, strangolato, smembrato e lasciato in giro per la città in un assortimento di sacchetti di carta. Una combinazione ritenuta economica e illuminata, eccetto che da quei malcontenti che venivano scippati o assassinati, e si rifiutavano di considerarlo loro dovere sociale. Tale sistema, però, permetteva ai ladri della città di pianificare una decente struttura lavorativa, con esami di ammissione e codici di condotta simili a quelli adottati dalle altre professioni. Alle quali, dato che in ogni caso la differenza non era poi così grande, in breve tempo arrivarono ad assomigliare.], insieme a severe istruzioni di starle alla larga a tutti i costi. Essendo i ladri essi stessi creature notturne, sanno riconoscere i guai quando se li trovano faccia a faccia.
La Nonnina aveva anche scritto all’Università altre due lettere. Che non avevano ricevuto risposta.
— Preferivo la foresta — dichiarò Esk.
— Non saprei — le rispose la Nonnina. — Qui in realtà è un po’ come la foresta. E comunque, sicuramente la gente di questa città apprezza una strega.
— Sono molto cordiali — riconobbe la bambina. — Conosci la casa più giù per la strada dove vive quella signora grassa con tutte quelle signorine che hai detto erano sue parenti?
— La signora Palm — rispose cauta la vecchia. — Una signora molto rispettabile.
— La gente va a visitarle tutta la notte. Li ho osservati. Mi sorprende che riescano a dormire un po’.
— Uhm — borbottò la Nonnina.
— E poi deve essere una croce per quella povera donna con tutte quelle figlie da sfamare. Credo che le persone dovrebbero avere più riguardo.
— Be’, ora. Non sono sicura che…
Fu salvata dall’arrivo davanti alla porta dell’Università di un grande carro dipinto a colori vivaci. Il conducente tirò le redini dei buoi a pochi centimetri dalla Nonnina, dicendole: — Scusami, mia buona donna, saresti così gentile da spostarti, per piacere?
La Nonnina si fece da parte, offesa da quella esibizione di cortesia e particolarmente sconvolta dall’essere considerata la buona donna di qualcuno. E il conducente scorse Esk.
Era Treatle. Le sorrise come un serpente preoccupato.
— Dico. È la signorina che pensa che le donne dovrebbero essere dei maghi, vero?
— Sì — rispose Esk, senza badare al calcio che la Nonnina le aveva sferrato alla caviglia.
— Molto divertente. Sei venuta per unirti a noi, è così?
— Sì — ripeté Esk. E poi, siccome le pareva che Treatle se lo aspettasse, aggiunse: — Signore. Solo che non possiamo entrare.
— Noi? — chiese il mago e quindi diede un’occhiata alla Nonnina. — Oh, sì, certo. Questa sarebbe tua zia?
— La mia nonnina. Solo che in realtà non è la mia, ma una specie di nonnina di tutti.
La Nonnina fece un cenno di saluto assai freddo.
— Be’, non possiamo permetterlo. — La voce di Treatle era gioviale come un budino. — No, parola mia. La nostra first lady mago lasciata fuori della porta? Sarebbe una vergogna. Posso accompagnarvi?