— Lei come fa a sapere tutto questo?

— Abbiamo monitorato tuo fratello e tua sorella, Ender. E ti stupirebbe sapere quanto è sensibile quello strumento. Eravamo in collegamento diretto col tuo cervello. Sentivamo tutto quello che ti giungeva agli orecchi, che tu stessi ascoltando con attenzione o meno. E… che tu lo capissi o meno, noi lo capivamo.

— Così i miei genitori mi amano o non mi amano?

— Ti amano. La questione è se ti vogliono qui. La tua presenza in questa casa è un elemento di costante disgregazione. Una fonte di tensione. Capisci?

— Non sono io quello che causa tensione.

— Non è quello che fai, Ender. È il fatto che esisti. Tuo fratello ti odia perché sei la prova vivente che lui non è stato abbastanza bravo. I tuoi genitori vedono in te tutto il passato da cui hanno cercato di fuggire.

— Valentine mi vuole bene.

— Con tutto il cuore, lealmente, appassionatamente. Lei ti è devota e tu l’adori. Te l’ho detto che non è cosa facile.

— Come sarà, lassù?

— Lavorerai duro. Studierai come qui a scuola, ma avrai un’istruzione ferrea in matematica e nei computer. In storia militare. In strategia e tattica. E soprattutto, la sala di battaglia.

— Che cos’è?

— Simulazione bellica. Tutti gli studenti sono inquadrati in piccoli eserciti. Ogni giorno combattono battaglie simulate. Nessuno resta ferito, ci sono soltanto vincitori e perdenti. Ognuno comincia come soldato semplice, sottoposto agli ordini. I ragazzi più anziani saranno i tuoi ufficiali, col dovere di addestrarti e guidarti in battaglia. Ma c’è più di questo. È come giocare a Scorpioni e Astronauti… salvo che avrai armi funzionanti, e compagni che combatteranno al tuo fianco, perché il vostro futuro e quello dell’intera razza umana dipendono dalle vostre capacità di imparare e di affrontare la guerra. Ma è chiaro che con la tua mentalità, e con lo svantaggio d’essere un Terzo, non avresti comunque un’adolescenza normale.

— Sono tutti maschi?

— Ci sono anche delle femmine. Ma poche riescono a passare i test del reclutamento. Troppi secoli di evoluzione le ostacolano ancora. Nessuna di loro potrà essere per te una seconda Valentine, stanne certo. Ma troverai là dei fratelli, Ender.

— Come Peter?

— Peter non è stato accettato, Ender, e per la stessa ragione per cui si fa odiare da te.

— Io non lo odio. Solo che…

— Ne hai paura. Be’, Peter non è del tutto malvagio, lo sai. Lo giudicammo il migliore che avevamo visto fino a quel momento. Subito dopo chiedemmo ai tuoi genitori di avere una figlia femmina (l’avrebbero voluta comunque) sperando che Valentine sarebbe stata un Peter dall’animo più mite. Ma risultò troppo mite. Così chiedemmo loro di avere te.

— Contando che fossi una via di mezzo fra Peter e Valentine?

— Se tu avessi ereditato i cromosomi giusti.

— E li ho?

— Sì, per quanto ne possiamo dire. I tuoi test sono risultati molto buoni, Ender. Però essi non ci dicono tutto. In realtà anzi, quando si viene ai fatti, ci dicono assai poco. Ma sono meglio di niente. — Graff si chinò e prese le mani di Ender fra le sue. — Ender Wiggin, se si trattasse soltanto di scegliere per te il futuro migliore ti direi di restare qui a casa tua. Ti direi di amare i tuoi, di crescere, di farti una vita. Ci sono cose peggiori che essere un Terzo o avere un fratello maggiore che non riesce a decidere se essere una persona o un cane rabbioso. La Scuola di Guerra è una di queste cose peggiori. Però abbiamo bisogno di ragazzini come te. Può darsi che oggi gli Scorpioni ti sembrino una specie di gioco, Ender, ma il loro ultimo attacco è andato maledettamente vicino a spazzar via la razza umana. Ci avevano soverchiati, sia come numero che come mezzi e armamenti. La sola cosa che ci salvò fu la fortuna, perché proprio allora era in servizio il più brillante dei nostri generali. Chiamala fortuna, chiamala provvidenza divina, chiamalo un dannatissimo caso, noi avevamo Mazer Rackham.

«Ma adesso un Rackham non ce l’abbiamo, Ender. Si è dato fondo alle risorse di tutto il pianeta, e abbiamo una flotta al cui confronto quella che ci hanno mandato addosso l’ultima volta è una frotta di barchette a galla in una vasca da bagno. Ci sono anche alcune nuove armi. Ma questo potrebbe non essere abbastanza, perché negli ottant’anni trascorsi dall’ultima guerra loro hanno avuto lo stesso tempo per potenziarsi. Ci serve il meglio che possiamo avere, e ci serve adesso. Non so se tu voglia metterti a lavorare con noi o no, Ender, e non so dirti se ce la farai a resistere allo sforzo. Forse non otterrai altro che rovinare la tua vita, forse mi odierai per essere venuto oggi a casa tua. Ma se c’è una possibilità che arruolandoti nella Flotta tu possa contribuire alla sopravvivenza dell’umanità nella lotta contro gli Scorpioni… allora è mio dovere chiederti di farlo, e di venire con me.

Gli occhi di Ender non mettevano più a fuoco il colonnello Graff. L’uomo gli appariva stranamente lontano, e così piccolo che ebbe l’impressione di poterlo raccogliere con un paio di pinzette e metterselo in tasca. Lasciare tutto ciò che aveva lì: andare in un posto duro e spiacevole, senza Valentine, senza mamma e papà.

E poi ripensò ai film sugli Scorpioni che tutti avevano occasione di vedere almeno una volta all’anno. La devastazione della Cina. La battaglia degli Asteroidi. E Mazer Rackham che con le sue brillanti manovre tattiche distruggeva una flotta nemica due volte più grossa della sua e con una doppia potenza di fuoco, mandando all’attacco quelle astronavi che sembravano così fragili e inermi. Come bambini che si battessero contro adulti grossi e minacciosi. E avevano vinto.

— Ho paura — disse Ender sottovoce, — ma credo che verrò con lei.

— Non devi avere dubbi — disse Graff.

Lui scosse il capo. — È per questo che sono nato, non è così? Se non venissi, che scopo avrebbe la mia vita?

— Questo non è ancora un buon motivo — osservò Graff.

— Non voglio venire con lei — disse Ender, — ma verrò lo stesso.

Graff annuì. — Puoi ancora cambiare idea. Fino al momento in cui salirai sulla mia auto, puoi cambiarla. Ma da allora in poi sarai sottoposto all’autorità della Flotta Internazionale. Lo capisci questo?

Ender accennò di sì.

— Va bene. Dillo ai tuoi.

Sua madre pianse. Suo padre lo abbracciò strettamente. Peter gli strinse la mano e disse: — Tu, piccolo fortunato stronzetto presuntuoso. — Valentine lo baciò e gli lasciò le sue lacrime sulle guance.

Non c’erano valigie da fare. Nessun oggetto personale da potare con sé. — La scuola provvederà a darti tutto quello che ti serve, dalle uniformi al rancio quotidiano. E per giocare… avrai soltanto le simulazioni belliche.

— Arrivederci — disse Ender ai suoi familiari. Mise una mano in quella del colonnello Graff e uscì dalla porta al suo fianco.

— Fai fuori un paio di Scorpioni per me! — gli gridò Peter.

— Non dimenticare che ti voglio bene, Andrew! — disse sua madre.

— Ti scriveremo! — promise il padre.

E mentre saliva sull’auto che li attendeva nel corridoio esterno sentì la voce di Valentine rotta dai singhiozzi: — Ritorna da me! Ritorna, io ti vorrò bene per sempre!


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