— Sta' zitto — disse lady Diana. — Lo uccideremo, appena avremo terminato. Ancora qualche domanda. John?
— Sì.
— Perché Gladstone ha bisogno di sapere cosa accade ai Pellegrini allo Shrike? Riguarda la guerra con gli Ouster?
— Non lo so con certezza.
— Merda — mormorò Hermund. — Andiamo via!
— Zitto. John, da dove provieni?
— Ero su Esperance, negli ultimi dieci mesi.
— E prima?
— Sulla Terra.
— Quale Terra? — domandò Hermund. — Nuova Terra? Terra Due? Terra City? Quale?
— Terra — dissi. Poi ricordai. — Vecchia Terra.
— Vecchia Terra? - disse un gorilla. — Questo qui è suonato. Me ne vado subito.
Ci fu lo sfrigolio di pancetta fritta tipico di un'arma laser. Sentii un odore più dolce di quello della pancetta in padella e udii il tonfo di un corpo pesante. Diana Philomel disse: — John, ti riferisci alla vita della tua personalità originaria sulla Vecchia Terra?
— No.
— Tu… tu come cìbrido… eri sulla Vecchia Terra?
— Sì — dissi. — Lì mi sono destato dalla morte. Nella stessa stanza della casa in Piazza di Spagna dove morii. Severn non c'era, ma il dottor Clark e alcuni altri erano prese…
— È davvero pazzo — disse Hermund. — La Vecchia Terra è stata distrutta più di quattro secoli fa… a meno che i cìbridi non vivano più di quattrocento anni…
— No — sbottò lady Diana. — Chiudi il becco e lasciami terminare. John, perché il Nucleo… ti ha riportato in vita?
— Non lo so con certezza.
— Riguarda la guerra civile in corso fra le Intelligenze Artificiali?
— Forse — dissi. — È probabile. — Diana faceva domande interessanti.
— Quale gruppo ti ha creato? I Finali, gli Stabili o i Volatili?
— Non so.
Udii un sospiro d'esasperazione. — John, hai comunicato a nessuno dove ti trovi e che cosa ti accade al momento?
— No — dissi. Era un segno dell'intelligenza della donna, il fatto che avesse atteso tanto per porre la domanda.
Anche Hermund emise un sospiro. — Magnifico — disse. — Filiamocela prima che…
— John — disse Diana — sai perché Gladstone ha fabbricato questa guerra contro gli Ouster?
— No — dissi. — O meglio, potrebbero esserci diversi motivi. Il più probabile sembra una manovra contrattuale nell'ambito dei suoi rapporti con il Nucleo.
— Perché?
— Elementi nella ROM governativa del Nucleo hanno paura di Hyperion — dissi. — Hyperion è una variabile ignota in una galassia dove ogni variabile è stata quantificata.
— Chi ha paura, John? I Finali, gli Stabili o i Volatili? Quale gruppo di IA ha paura di Hyperion?
— Tutt'e tre — dissi.
— Merda — mormorò Hermund. — Sta' a sentire… John… le Tombe del Tempo e lo Shrike hanno a che fare con questa storia?
— Sì, hanno un mucchio a che fare.
— Come? — domandò Diana.
— Non so. Nessuno lo sa.
Hermund, o un altro, mi colpì malignamente, con forza, al petto. — Vuoi dire che la merdosa Commissione di Consulenza del Nucleo non ha previsto il risultato di questa guerra, di questi eventi? — ringhiò Hermund. — Vorresti farmi credere che Gladstone e il Senato s'imbarcano in una guerra senza avere una previsione di probabilità?
— No — dissi. — È stata predetta da secoli.
Diana Philomel emise un verso simile a quello di un bambino di fronte a una montagna di dolci. — Cosa hanno predetto, John? Riferisci tutto.
Avevo la bocca secca. La scioglilingua mi aveva prosciugato della saliva. — Hanno predetto la guerra — dissi. — L'identità dei partecipanti al Pellegrinaggio allo Shrike. Il tradimento del Console dell'Egemonia che ha attivato un congegno che avrebbe aperto… che ha aperto… le Tombe del Tempo. L'emergenza del Flagello Shrike. Il risultato della guerra e il Flagello…
— Qual è il risultato, John? — bisbigliò la donna con cui avevo fatto l'amore qualche ora prima.
— La fine dell'Egemonia — dissi. — La distruzione della Rete dei Mondi. — Provai a umettarmi le labbra, ma avevo la lingua secca. — La fine della razza umana.
— Oh, Gesù e Allah — mormorò Diana. — C'è qualche possibilità che la previsione sia errata?
— No — dissi. — O meglio, solo per quanto riguarda l'effetto di Hyperion sul risultato. Le altre variabili sono chiare.
— Uccidilo — gridò Hermund Philomel. — Uccidi questo… oggetto. Così possiamo andarcene e informare Harbrit e gli altri.
— D'accordo — disse lady Diana. Poi, l'attimo dopo: — No, non il laser, idiota. Gli inietteremo la dose letale d'alcol, secondo il piano. Tieni, reggi la manetta a osmosi, così collego la fleboclisi.
Sentii una pressione al braccio destro. Subito dopo ci furono esplosioni, scosse violente, un grido. Odore di fumo e d'aria ionizzata. Uno strillo di donna.
— Toglietegli la manetta — disse Leigh Hunt. Me lo vedevo, lì in piedi, sempre con il tradizionale abito grigio, circondato dai commandos dell'Esecutivo di Sicurezza in tuta blindata e polimero camaleonte. Un commando alto il doppio di Hunt si mise a tracolla la frustalaser e si precipitò a eseguire l'ordine.
In uno dei canali tattici, che da qualche tempo tenevo sotto controllo, vedevo l'immagine di me stesso… nudo, disteso sul letto, braccia e gambe divaricate, manetta a osmosi al braccio destro e un livido sempre più scuro sulla cassa toracica. Diana Philomel, suo marito e uno dei due gorilla giacevano, privi di conoscenza, fra schegge di legno e frantumi di vetro. L'altro gorilla era riverso sulla soglia: la parte superiore del corpo aveva il colore e la consistenza di una bistecca troppo cotta.
— Sta bene, signor Severn? — domandò Leigh Hunt; mi sollevò la testa e mi mise sul naso e sulla bocca la membrana sottile di una maschera a ossigeno.
— Hrrmmmggh — dissi. — Arrct. — Nuotai alla superficie dei miei sensi come un tuffatore che risalga troppo in fretta dalle profondità. La testa mi doleva. Le costole mi facevano un male d'inferno. Gli occhi ancora non mi funzionavano bene, ma attraverso il canale tattico riuscii a vedere Leigh Hunt piegare le labbra in quella piccola smorfia che passava per un sorriso.
— L'aiuteremo a vestirsi — disse Hunt. — Le daremo del caffè, nel volo di ritorno. Andiamo alla Casa del Governo, signor Severn. È in ritardo all'appuntamento con il PFE.
7
Le battaglie spaziali, nei film e negli olodrammi, mi avevano sempre annoiato, ma una battaglia vera aveva un certo fascino: era un po' come guardare la cronaca dal vivo di una serie di incidenti per il traffico. In effetti, i costi di produzione della realtà — come indubbiamente è sempre stato nei secoli — erano molto inferiori anche allo stanziamento per un olodramma di media qualità. Pur considerando le tremende energie in atto, di fronte a una vera battaglia spaziale si aveva la sconvolgente impressione che lo spazio fosse smisurato e che le flotte e le navi e le corazzate e tutto il resto fossero tremendamente piccole.
Almeno così pensavo, seduto nel Centro d'Informazione Tattica, la cosiddetta Sala di Guerra, con Gladstone e con i suoi sciocchi militari, nel guardare le pareti trasformarsi in buchi di venti metri nell'infinito mentre quattro massicce cornici olografiche ci circondavano con lo scenario tridimensionale e i commentatori riempivano la stanza di trasmissioni astrotel: chiacchiere radio fra caccia, brontolio di canali tattici di comando, messaggi nave-nave su banda larga, canali laserizzati, astrotel in codice, e tutte le grida, gli urli, gli strilli, le oscenità di battaglia preesistenti a ogni tipo di media, a parte l'aria e la voce umana.
Era una versione drammatica del caos totale, una definizione funzionale della confusione, una danza non coreografica di violenza disperata. Era la guerra.
Gladstone e una manciata di suoi collaboratori sedevano nel mezzo di tutto quel frastuono e quelle luci; la Sala di Guerra galleggiava come un rettangolo dal tappeto grigio fra stelle ed esplosioni, il limbo di Hypcrion era uno splendore color lapislazzuli che riempiva metà della parete olografica nord, le urla dei moribondi erano su ogni canale e in ogni orecchio. Facevo parte della manciata di collaboratori di Gladstone con il privilegio e la maledizione di trovarsi lì.