"Ma è assurdo! Peter non poteva sapere cosa voleva quell’uomo. Le sue richieste non avevano alcun senso!"

"Interessante." Il dottor Abaddon si era interrotto per prendere qualche appunto. "Come le ho detto, però, a me ha confidato di saperlo. Suo fratello è convinto che, se avesse collaborato con l’intruso, forse oggi vostra madre sarebbe ancora viva. Quella decisione sbagliata è all’origine dei suoi sensi di colpa."

"Pazzesco" aveva commentato Katherine scuotendo la testa.

Abaddon si era riappoggiato allo schienale della poltrona. Pareva preoccupato. "Signora Solomon, è stata una conversazione molto utile. Purtroppo suo fratello sembra aver sofferto di un lieve straniamento. Devo ammettere che è quanto temevo. È per questo che gli ho chiesto di tornare da me oggi. Questi episodi di delirio non sono affatto insoliti quando si riferiscono a ricordi traumatici."

Katherine aveva scosso di nuovo la testa. "Peter è tutto fuorché delirante, dottor Abaddon."

"Tenderei a essere d’accordo con lei, solo che…"

"Solo che cosa?"

"Solo che il suo resoconto dell’aggressione è stato appena l’inizio… una piccola parte di una storia lunga e improbabile che lui mi ha raccontato."

Katherine si era sporta in avanti. "Cosa le ha detto Peter?"

Abaddon le aveva rivolto un sorriso mesto. "Signora Solomon, lasci che le faccia io una domanda. Suo fratello le ha mai accennato a ciò che ritiene sia nascosto qui a Washington… o al ruolo che lui pensa di ricoprire a difesa di un grande tesoro… di una conoscenza antica e perduta?"

Katherine era rimasta letteralmente a bocca aperta. "Di cosa sta parlando?"

Il dottor Abaddon aveva fatto un lungo sospiro. "Ciò che sto per dirle rappresenterà un piccolo shock per lei, Katherine. ’ S i era interrotto e l’aveva guardata negli occhi. "Ma mi sarà molto utile se vorrà raccontarmi ciò che sa al riguardo." Si era sporto in avanti per prendere la sua tazza. "Ancora un po’ di tè?"

23

Un altro tatuaggio.

Langdon si accucciò angosciato accanto alla mano aperta di Peter ed esaminò i sette minuscoli simboli che erano rimasti nascosti sotto le dita piegate e prive di vita.

Il simbolo perduto pic_1.jpg

«Sembrano numeri» disse Langdon sorpreso. «Ma non li riconosco.»

«Il primo è un numero romano» osservò Anderson.

«No, non direi» lo corresse Langdon. «Il numero romano IIIX non esiste. Sarebbe scritto VII.»

«E il resto?» chiese Sato.

«Non ne sono sicuro. Sembrerebbe otto-otto-cinque in numeri arabi.»

«Arabi?» chiese Anderson. «A me sembrano numeri normalissimi.»

«I numeri che usiamo normalmente sono arabi.»

Langdon era così abituato a dover chiarire questo punto con i suoi studenti che aveva preparato una lezione sulle scoperte scientifiche compiute dalle prime culture mediorientali, e fra queste il nostro sistema numerico moderno, i cui vantaggi rispetto a quello romano sono, fra gli altri, la notazione posizionale e l’invenzione del numero zero. Naturalmente, concludeva sempre la sua lezione rammentando agli studenti che la cultura araba aveva regalato all’umanità anche la parola "al-kuhl" — la bevanda preferita delle matricole di Harvard -, da noi tradotta come "alcol".

Osservò con attenzione il tatuaggio, rimanendo sconcertato. «E non sono sicuro neppure riguardo all’otto-otto-cinque. La grafia è molto insolita. Potrebbe non trattarsi di numeri.»

«E allora cosa sono?» chiese Sato.

«Non saprei. Il tatuaggio, nell’insieme, sembra quasi… runico.»

«Sarebbe a dire?» lo incalzò Sato.

«Gli alfabeti runici sono composti soltanto di linee rette perché spesso erano usati per le incisioni sulla pietra, dove le linee curve sono difficili da riprodurre.»

«Se queste sono rune» disse Sato «qual è il loro significato?»

Langdon scosse la testa. Le sue conoscenze si limitavano all’alfabeto runico più arcaico — il futhark — una sequenza usata dalle popolazioni germaniche e risalente al terzo secolo, e quello non era futhark. «Se devo essere sincero, non giurerei neppure che queste siano rune. Dovreste chiedere a uno specialista. Ne esistono decine di forme diverse, per esempio la serie vichinga, quella anglosassone e la medievale…»

«Peter Solomon è un massone, vero?»

Langdon la guardò sbalordito. «Sì, ma cosa c’entra con questo?» Si rialzò in piedi. Ora incombeva sulla donna minuta.

«Me lo dica lei. Ha appena spiegato che i caratteri runici sono usati per le incisioni su pietra, e mi risulta che i primi massoni fossero muratori. Faccio questa affermazione perché, quando ho chiesto al mio ufficio di cercare un collegamento fra la Mano dei Misteri e Peter Solomon, i risultati ci hanno rinviato a un argomento in particolare.» Fece una pausa, come per sottolineare l’importanza della scoperta. «I massoni.»

Langdon si lasciò sfuggire un sospiro, sopprimendo l’impulso di dire a Sato quello che ripeteva sempre ai suoi studenti: "Google non è sinonimo di ricerca". In quell’epoca di interrogazioni a livello globale tramite parole chiave, sembrava che ogni cosa fosse collegata all’altra. Il mondo stava diventando un unico grande groviglio di informazioni, ogni giorno sempre più fitto.

Langdon si sforzò di mantenere un tono paziente. «Non mi sorprende che nella ricerca dei suoi collaboratori siano comparsi i massoni. Sono un collegamento ovvio tra Peter Solomon e una grande quantità di argomenti esoterici.»

«Sì» disse Sato «e questo è un altro dei motivi per cui mi sorprende che questa sera lei non li abbia ancora menzionati. Dopotutto, ha continuato a parlare di un sapere segreto protetto da pochi illuminati. È tipico dei massoni, non è vero?»

«Sì… come pure dei rosacroce, dei cabalisti, degli alumbrados e di molti altri gruppi esoterici.»

«Ma Peter Solomon è un massone… e molto potente, per giunta. Mi sembra che i massoni siano il primo pensiero che viene in mente parlando di segreti. Dio solo sa quanto amino la segretezza.»

A Langdon non sfuggì il tono di disprezzo nella voce di Sato, disprezzo che non condivideva. «Se vuole sapere qualcosa sui massoni, farebbe meglio a chiedere a uno di loro.»

«A dire il vero» ribatté Sato «preferirei chiederlo a qualcuno di cui mi fido.»

Langdon trovò quel commento tanto arrogante quanto offensivo. «Per l’esattezza, signora, tutta la filosofia massonica si fonda sull’onestà e l’integrità. I massoni sono tra gli uomini più degni di fiducia che uno possa sperare di incontrare.»

«Ho prove convincenti del contrario.»

A Langdon il direttore Sato piaceva sempre meno. Aveva passato anni a scrivere della ricca tradizione massonica di simboli e iconografia metaforica e sapeva che la massoneria era sempre stata una delle organizzazioni più ingiustamente diffamate e incomprese al mondo. Accusati di ogni nefandezza, dall’adorare il diavolo al cospirare per un unico governo mondiale, i massoni seguivano la politica di non reagire mai alle critiche, e questo faceva di loro un facile bersaglio.

«Comunque sia» continuò Sato in tono sarcastico «ci troviamo di nuovo a un punto morto, signor Langdon. Ho l’impressione che ci sia qualcosa che le sfugge, o di cui vuole tenermi all’oscuro. Quell’uomo ha detto che Peter Solomon ha scelto specificamente lei.» Qui si interruppe e gli rivolse uno sguardo gelido. «Io credo che sia venuto il momento di proseguire questa conversazione al quartier generale della CIA. Forse là avremo più fortuna.»

La minaccia di Sato lasciò Langdon del tutto indifferente. La donna aveva appena detto qualcosa che si era insinuato nella sua mente. Peter Solomon ha scelto lei. Quella frase, insieme al riferimento ai massoni, lo aveva inspiegabilmente colpito. Abbassò lo sguardo sull’anello al dito di Peter. Era uno dei suoi beni più preziosi, un cimelio della famiglia Solomon recante il simbolo della fenice a due teste, la massima icona del sapere massonico. Lo scintillio dell’oro colpito dalla luce aveva inaspettatamente suscitato in lui un ricordo.


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