Miles si rese conto che aveva di fronte un giovane disperato che stava per prendere decisioni affrettate che avrebbe pagato per il resto della sua vita. A una prima occhiata la Stazione Graf era attraente, certo, ma Corbeau era cresciuto in aperta campagna, era abituato alla gravità, all’aria aperta… si sarebbe adattato, o avrebbe finito per essere vittima di una tecnoclaustrofobia strisciante, di lì a qualche anno? E la giovane per la quale stava per gettare la sua vita alle ortiche, era degna di quel sacrificio, oppure considerava Corbeau il capriccio di un giorno, e magari, col tempo, un errore di cui pentirsi? Diavolo, si conoscevano da poche settimane… nessuno poteva prevedere come sarebbero andate le cose, tantomeno Corbeau e Garnet Cinque.
— Voglio andarmene — disse Corbeau. — Non ne posso più.
Miles tentò di nuovo: — Se ritiri la richiesta di asilo politico all’Unione prima che i quad la rifiutino, si può ancora farla sparire, senza pregiudicare la tua carriera, grazie al fatto che legalmente siamo in terra di nessuno. Ma se non la ritiri, l’accusa di diserzione finirà per caderti addosso e causarti un sacco di guai.
Corbeau alzò lo sguardo e chiese ansiosamente: — Questo fatto che la pattuglia di Brun e la Sicurezza dei quad si siano sparati addosso, non la rende diserzione sotto il fuoco nemico? Il medico di bordo della Prince Xav dice di sì.
La ’diserzione sotto il fuoco nemico’, secondo il codice militare barrayarano, era punibile con la pena di morte. Anche in tempo di pace, la diserzione poteva comportare lunghi periodi di detenzione in carceri militari estremamente dure. Considerato tutto, entrambe le cose sembravano a Miles, in quel momento, un terribile spreco. — Credo che ci vorrebbero notevoli contorsioni legali per considerare questo episodio una battaglia. E poi, chiamarla tale andrebbe direttamente contro l’esplicito desiderio dell’Imperatore di mantenere delle relazioni pacifiche con un porto commerciale molto importante. Però… se trovi una corte marziale rigida e hai un avvocato difensore incapace… Non credo che sia saggio rischiare la corte marziale in questo momento, se si può in qualche modo evitarlo. — Miles si passò un dito sulle labbra. — Eri ubriaco, per caso, quando il sergente Touchev è venuto a prenderti?
— No!
— Uhm. Peccato. L’ubriachezza è sempre una buona difesa. Suppongo che tu non sia disposto a sottoporti a…?
Corbeau comprese cosa intendesse Miles e strinse le labbra, indignato. Il suggerimento di mentire sulla composizione chimica del suo sangue al momento dell’arresto non lo avrebbe mai accettato, intuì Miles. Il che aumentò la sua stima sul giovane ufficiale. Ma non rese le cose più facili.
— Voglio andarmene — ripeté Corbeau, testardo.
— Temo che i barrayarani non siano molto simpatici ai quad, questa settimana. Fare affidamento sul fatto che ti concedano asilo per toglierti dal tuo dilemma mi sembra un grave errore. Ci devono essere almeno una dozzina di modi migliori per risolvere i tuoi problemi, se tu conservassi un minimo di apertura mentale e volessi considerare altre possibilità tattiche. In effetti, qualunque alternativa sarebbe migliore.
Corbeau scosse il capo, muto.
— Be’, pensaci su, guardiamarina. Ritengo che la situazione rimarrà confusa fino a che non scoprirò cosa è successo al tenente Solian. A quel punto spero di dipanare questa matassa il più in fretta possibile, e la tua possibilità di cambiare idea su decisioni molto poco sagge potrebbe svanire in un batter d’occhio.
Si alzò in piedi stancamente. Corbeau, dopo un attimo d’incertezza, si alzò e salutò. Miles rispose con un cenno del capo, poi fece un gesto a Roic, il quale mormorò qualcosa nell’interfonico, e lo fece uscire dalla cella.
Una volta fuori, Miles trovò il Capo Venn. — Voglio Solian, maledizione — brontolò al suo indirizzo. — Questa sparizione misteriosa non dimostra che i suoi servizi di sicurezza siano più efficienti dei nostri, sa?
Venn gli rivolse un’occhiataccia, ma non lo contraddisse.
Miles sospirò e azionò il comunicatore per chiamare Ekaterin, la quale insistette perché la raggiungesse alla Kestrel, e lui fu lietissimo di avere la scusa per togliersi dalla deprimente atmosfera del Posto di Sicurezza Tre. Non poteva chiamarla ambiguità morale, purtroppo. Peggio ancora, non poteva chiamarla nemmeno ambiguità legale. Era chiarissimo da che parte stesse la ragione: solo che non era dalla sua, dannazione.
Trovò Ekaterin nella loro minuscola cabina, intenta ad appendere l’uniforme marrone e argento. Si voltò e lo abbracciò con inusitato trasporto.
— Allora, com’è andata la tua visita nello Spazio Quad con Bel? — chiese quando ebbe di nuovo abbastanza fiato per poter parlare.
— Benissimo. Se a Bel venisse voglia di cambiare lavoro, credo che dovrebbe dedicarsi alle pubbliche relazioni. Credo di avere visto tutte le meraviglie della Stazione Graf che potevano essere visitate nel poco tempo che avevamo. Viste spettacolari, ottimo cibo, storia… Mi ha portato giù in fondo al settore a gravità zero a vedere le parti rimaste della vecchia astronave iperspaziale. Ne hanno fatto un museo, e quando siamo arrivati era pieno di scolaretti quad che rimbalzavano sulle pareti. Letteralmente. Erano incredibilmente carini. Mi ha ricordato il santuario degli antenati barrayarani. — Si voltò e indicò una grossa scatola decorata con schemi e vivaci illustrazioni a colori che occupava metà della cuccetta. — Nel negozio del museo ho trovato questa, per Nikki. È un modello in scala del D-620 Superjumper, modificato con la configurazione ad habitat orbitale, quello con cui fuggirono gli antenati dei quad.
— Oh, gli piacerà da impazzire. — Nikki, a undici anni, non aveva ancora perso la passione per ogni tipo di nave spaziale, ma soprattutto per quelle iperspaziali. Era ancora troppo presto per capire se questo entusiasmo si sarebbe trasformato in vocazione o si sarebbe sbiadito e sarebbe stato dimenticato con la fine dell’infanzia. Miles osservò il disegno sulla scatola. L’antica D-620 era stata un’enorme e goffa nave, e l’illustratore non aveva potuto fare di meglio che mostrarla come una specie di piovra spaziale che stringeva una serie di barattoli. — Questo modellino non è un po’ grosso?
Ekaterin guardò la scatola, dubbiosa. — Non particolarmente. Era una nave enorme. Forse sarebbe stato meglio prendere la versione più piccola? Ma non si apriva come questa. Adesso che l’ho portata qui non so proprio dove metterla.
Ekaterin, lasciata ai suoi slanci di madre, per amore di Nikki sarebbe stata capacissima di dividere la cuccetta con quell’oggetto per tutto il viaggio di ritorno.
— Il tenente Smolyani le troverà un posto.
— Davvero?
— Te lo garantisco. — Le fece un mezzo inchino, una mano sul cuore. Si chiese, visto che erano ancora lì, se non sarebbe stato il caso di comprarne un altro paio per i piccoli Aral Alexander ed Helen Natalia, ma probabilmente non era il caso di far ripetere un’altra volta a Ekaterin la sua teoria sui giocattoli appropriati per ogni età. — Di che cosa avete parlato, tu e Bel?
Ekaterin fece un sorrisetto. — Di te, soprattutto.
La risposta di Miles si manifestò sotto forma di un innocuo e allegro: — Oh?
— Bel voleva sapere come ci siamo incontrati, ed era abbastanza evidente che stava cercando disperatamente un modo di chiederlo in modo educato. Mi ha fatto pena, e così gli ho detto qualcosa del nostro incontro su Komarr, e su quello che è successo dopo. Tacendo su tutte le parti segrete, il nostro corteggiamento gli sarebbe apparso strano, non ti pare?
Miles concordò con una malinconica scrollatina di spalle.
— È vero che la prima volta che vi siete incontrati, hai sparato a Bel con uno storditore?
— Be’, sì. È una lunga storia. Una vecchia storia.
Gli occhi azzurri della moglie brillarono divertiti. — Certo, l’ho capito. Dicono tutti che da giovane eri un pazzo furioso. Mi chiedo che effetto mi avrebbe fatto incontrarti allora, se mi avresti affascinato o riempito di orrore.