Bel presentò la sua autorizzazione, e le due guardie fluttuarono di lato per consentirgli l’accesso. Il portello dell’ampio accesso di carico scivolò verso l’alto e, lasciata la scorta della Milizia dell’Unione a sorvegliare l’ingresso, Miles, Roic e Dubauer seguirono Bel a bordo della nave.

L’Idris, come la nave gemella Rudra, era costruita secondo un progetto funzionale che non badava all’eleganza. Era sostanzialmente un fascio di sette enormi cilindri paralleli: quello centrale riservato al personale, quattro di quelli esterni al carico, e i due rimanenti, sui lati opposti, ospitavano le barre di Necklin, che generavano il campo necessario a spingere la nave attraverso i punti di salto. Dietro si trovavano i motori per lo spazio normale, e davanti i generatori dello scudo di massa. La nave poteva ruotare sul suo asse in modo da allineare ciascuno dei cilindri esterni con il portello della Stazione, per il carico o scarico automatizzato dei contenitori, o la movimentazione manuale di carichi delicati. Il progetto offriva anche un certo margine di sicurezza, perché in caso di perdita di pressurizzazione in uno o più cilindri, ciascuno degli altri poteva servire da rifugio temporaneo in attesa delle riparazioni o dell’evacuazione.

Mentre s’inoltravano all’interno della nave, Miles si guardava attorno per esaminare l’intera lunghezza del corridoio di accesso che in fondo spariva nelle tenebre. Attraverso un portello stagno passarono in un piccolo vano che si trovava nella parte anteriore del cilindro centrale della nave. Da una parte c’erano le cabine dei passeggeri; nell’altra quelle del personale e gli uffici. Tubi ascensore e un paio di rampe di scale portavano in alto, verso i livelli dove c’erano la mensa, l’infermeria e i locali per la ricreazione, e verso il basso, nella sezione motori.

Roic diede un’occhiata alla mappa che si era opportunamente procurata e indicò: — L’ufficio di Solian è da quella parte, Milord.

— Io accompagno Dubauer al suo gregge — disse Bel — e poi vi raggiungerò. — Dubauer eseguì un altro dei suoi piccoli inchini a metà, e i due ermafroditi sparirono al di là del portello che portava a una delle sezioni di carico.

Superato un secondo condotto di collegamento, Roic contò le porte e inserì un codice attraverso la tastiera di un ingresso verso poppa. La porta dell’ufficio scivolò di lato e la luce si accese, rivelando un ambiente piccolo e ben ordinato, che conteneva poco più di un’interfaccia del computer e due sedie, oltre ad alcuni armadietti chiusi a chiave. Miles accese l’interfaccia mentre Roic provvedeva a fare un rapido inventario del contenuto degli armadietti. Tutte le armi e le munizioni erano al loro posto, tutto l’equipaggiamento di sicurezza conservato accuratamente. Nell’ufficio non c’erano effetti personali, nessun video di una ragazza lasciata a casa, niente vignette, politiche o no, incollate all’interno delle porte degli armadietti. Ma gli investigatori di Brun erano già passati di lì, dopo la scomparsa di Solian, prima che la nave venisse evacuata dai quad dopo lo scontro con i barrayarani; Miles prese nota che doveva chiedere se Brun, o Venn, avessero portato via qualcosa.

I codici di Roic sbloccarono subito tutti i documenti di Solian. Miles cominciò a esaminare le registrazioni dell’ultimo turno di servizio del guardiamarina. I suoi rapporti giornalieri erano laconici, ripetitivi, e privi in modo deludente di qualsiasi commento e di possibili indizi che potessero essere messi in relazione con la sua scomparsa. Miles si chiese se stesse ascoltando la voce di un morto, ma dal tono della voce ebbe l’impressione che l’ufficiale esternasse una specie di presentimento. L’inquietante silenzio della nave incoraggiava l’immaginazione.

Mentre la nave era attraccata, il suo sistema di sicurezza continuava a effettuare la registrazione video di tutti e tutto ciò che entrava o usciva dai portelli, era una precauzione automatica destinata a scoraggiare i furti o i sabotaggi. Passare in rassegna tutti i movimenti avvenuti nei dieci giorni precedenti al sequestro della nave sarebbe stato un compito ingrato, anche con l’avanzamento veloce. Senza tener conto della possibilità che le registrazioni potevano essere state alterate o cancellate, come Brun sospettava che Solian avesse fatto per coprire la sua diserzione.

Miles eseguì delle copie di tutto ciò che gli sembrava anche solo vagamente pertinente, in modo da poterle esaminare in seguito con più comodo, poi lui e Roic andarono a vedere la cabina personale di Solian, che si trovava pochi metri più in là. Anche quella era piccola, spoglia e non rivelò nulla d’interessante. Non era possibile indovinare quali oggetti personali Solian potesse avere riposto in una borsa, ma di certo non ne restavano molti. La nave aveva lasciato Komarr da sei settimane, e prima di attraccare lì, era stata in almeno una dozzina di altri porti. Siccome la Sicurezza era impegnata soprattutto quando la nave era in porto, forse Solian non aveva avuto tempo di scendere per comprarsi souvenir.

Miles cercò di trarre un senso da quel poco che restava. Una mezza dozzina di uniformi, qualche abito civile, scarpe, stivali e… la tuta a pressione di Solian, quella su misura. Sembrava un oggetto prezioso, soprattutto in vista di un lungo soggiorno nello Spazio Quad. Ma per uno che voleva sparire non era particolarmente anonima, specie per i contrassegni militari barrayarani.

Non trovando nulla che li potesse sollevare dallo scomodo compito di visionare le registrazioni, Miles e Roic tornarono nell’ufficio di Solian e ricominciarono. Se non altro, rifletté Miles, esaminare le registrazioni di sicurezza gli avrebbe dato un’immagine delle potenziali dramatis personae… anche se sarebbero state confuse nella folla di quelli che non avevano nulla a che fare con la cosa. Osservare tutto era un segno che ancora non aveva la minima idea di cosa stesse facendo, ma era l’unico modo che avesse per far saltare fuori quell’indizio che tutti gli altri avevano trascurato…

Dopo un po’, avvertì un movimento sulla soglia dell’ufficio. Bel era tornato.

— Trovato nulla? — chiese l’ermafrodita.

— Per ora no. — Miles mise in pausa la registrazione. — Il tuo amico betano ha risolto i suoi problemi?

— Ci sta lavorando. Nutrendo le sue bestiole e spalando letame, o almeno, aggiungendo nutrimento concentrato ai serbatoi dei replicatori e rimuovendo le sacche di rifiuti dalle unità filtranti. Capisco perfettamente come mai Dubauer fosse tanto preoccupato. Ci devono essere almeno un migliaio di feti animali in quella stiva. Una perdita finanziaria notevole, se mai dovesse diventare una perdita.

— Uhm. Per lo più gli allevatori spediscono embrioni congelati — annuì Miles. — È così che mio nonno importava i suoi purosangue dalla Terra. Appena arrivati, li impiantava in una giumenta. Meno peso, meno manutenzione, più economico… e i ritardi non erano un problema, perché si poteva impiegare il tempo del viaggio per la gestazione.

Bel scrollò le spalle. — Hai trovato qualcosa su Dubauer e il suo carico, tanto per curiosità?

Miles richiamò i documenti in questione. — Salito a bordo al momento della formazione della flotta nell’orbita di Komarr. Diretto a Xerxes… il porto successivo alla Stazione Graf, il che deve rendere questo pasticcio particolarmente frustrante per lui. La prenotazione è stata fatta da uno spedizioniere komarrano… circa sei settimane prima della partenza della flotta. — Una compagnia perfettamente legittima; Miles ne riconobbe il nome. — I documenti non dicono da dove proviene Dubauer con il suo carico, né se l’ermafrodita aveva intenzione di imbarcarsi su un altro cargo diretto su un’altra destinazione. — Rivolse a Bel un’occhiata. — Perché me lo hai chiesto? Qualcosa ti insospettisce?

— Be’… non lo so. C’è qualcosa di strano in quel tizio.

— In che senso?

— Se potessi spiegarlo, non mi inquieterebbe tanto.


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