Bonn si diresse alla porta del bunker. — Non la apra! — gridarono subito il medico e il comandante dei vigili del fuoco. — Dentro non c'è più nessuno — aggiunse quest'ultimo. — Sono già stati evacuati tutti.

— Ma cos'è successo? — Bonn passò una mano guantata sul finestrino della porta incrostato di ghiaccio, cercando di vedere qualcosa nell'interno.

— Quei due stavano spostando delle casse. Dovevano fare spazio per altro materiale che arriverà domani — lo informò il comandante dei vigili del fuoco, un luogotenente di nome Yaski. — Hanno rovesciato il fork-lift. Uno di loro ci è rimasto sotto e si è fratturato una gamba.

— Cristo, bisogna proprio mettercela tutta per far ribaltare un fork-lift — mugolò Bonn con una smorfia, come se stentasse a immaginare la scena.

— Succede, quando si fanno lavorare gli uomini fino a quest'ora — disse l'ufficiale medico, con impazienza. — Ma il peggio non è questo. Hanno tirato giù anche diversi contenitori di fetaine allineati su uno scaffale, e sembra che almeno due si siano rotti. L'interno ne è saturo, adesso. Noi abbiamo sigillato il bunker il meglio possibile. — In quanto a ripulirlo… — Fece un grugnito. — È compito suo, questo. Io devo andare. — Aveva l'aria di volersi liberare al più presto anche della pelle, oltre che dei vestiti. Salutò con un gesto rapido e salì su una motopulce, affrettandosi a seguire i quattro già diretti all'impianto di decontaminazione dell'infermeria.

— Fetaine! — mormorò Miles, stupito. Bonn s'era subito scostato dalla porta. Il fetaine era un veleno mutagenico sviluppato come arma deterrente, benché non fosse mai stato usato in combattimento, almeno per quanto ne sapeva lui. — Credevo che fosse roba ormai obsoleta, cancellata dal menu. — Gli insegnanti dei corsi di armi chimiche e biologiche, all'Accademia, ne avevano appena parlato.

— Il fetaine è sorpassato, infatti — disse cupamente Bonn. — Non lo fabbricano più da vent'anni. Questo dev'essere l'ultimo deposito rimasto su Barrayar. Dannazione, quei contenitori non dovrebbero rompersi neanche se ci atterrasse sopra una navetta.

— Si trovano qui da vent'anni o più — precisò il comandante dei vigili del fuoco. — Corrosione, forse.

Bonn lo guardò. — Se è così, in che stato sono gli altri?

— Questa è la domanda numero uno — annuì Yaski.

— Il fetaine si può distruggere col calore, no? — osservò Miles, mentre si accertava nervosamente che stessero discutendo sopravvento rispetto al bunker. — Si scompone in sostanze chimiche innocue, ho sentito dire.

— Be', non esattamente innocue — disse Yaski, — però almeno non si mangiano il DNA che uno ha nelle palle.

— Ci sono anche degli esplosivi qui dentro, tenente? — domandò Miles.

— No — rispose Bonn. — Solo il fetaine.

— Se buttassimo un paio di mine al plasma attraverso la porta, pensate che tutto il fetaine potrebbe decomporsi prima che il calore fonda il soffitto?

— Io non ci tengo a far fondere il soffitto. E magari anche il pavimento. Se quella roba si disperdesse nel terreno… Però, usando un paio di mine a combustione lenta, e aggiungendoci qualche chilo di plastosigillante, il bunker potrebbe reggere per un certo tempo. — Bonn si grattò la mandibola, cercando di calcolare le conseguenze. — Sì… potrebbe funzionare. In effetti può essere l'unico modo sicuro di togliere questa castagna dal fuoco, specialmente se gli altri contenitori cominciano a essere difettosi tutti quanti.

— Dipende dalla direzione del vento, però — disse il tenente Yaski accennando verso la Base, e guardò Miles.

— Le previsioni dicono che la temperatura avrà ancora un calo, e che questo vento continuerà a tirare da est fino alle 0070 circa di domattina — disse Miles, in risposta al suo sguardo.

— Poi girerà da nord e aumenterà di forza. Domani sera intorno alle 1800 ci saranno le condizioni potenziali per un wha-wha.

— Se scegliamo questa soluzione è meglio darsi da fare stanotte, allora — disse Yaski.

— Va bene — decise Bonn. — Prepara i tuoi uomini. Io vado a tirare giù dal letto i miei. Poi studierò la struttura di questi bunker e calcolerò il calore che occorre. Ci vediamo fra un'ora con il capo della sussistenza, in amministrazione.

Il comandante dei vigili del fuoco lasciò il suo sergente a guardia del bunker, per tenere alla larga chi fosse passato sulla strada. Un incarico poco divertente ma non insopportabile, dato che se la temperatura si fosse abbassata l'uomo avrebbe potuto ripararsi nella motopulce. Miles tornò alla Base con Bonn e si fece scaricare davanti all'edificio dell'amministrazione, per controllare di nuovo la situazione meteorologica e le correnti d'aria in arrivo da nord-est.

Elaborò i dati appena giunti dalle stazioni e cominciò ad annotare i vettori del vento che il programma gli estrapolava per le 26,7 ore standard del giorno di Barrayar. Voleva poter fornire le più precise previsioni ottenibili. Ma prima di avere in mano lo stampato vide, dalla finestra, che Bonn e Yaski stavano uscendo dall'edificio dell'amministrazione. I due salirono su una motopulce, si allontanarono in fretta sulla neve e scomparvero nel buio. Che andassero a incontrarsi col capo della sussistenza da qualche altra parte? Miles considerò l'idea di seguirli, ma le previsioni aggiornate non erano diverse da quelle che aveva già comunicato loro. Gli conveniva andare ad assistere alla distruzione del bunker contaminato? Avrebbe potuto essere interessante. D'altra parte, la sua presenza sarebbe stata del tutto superflua. E come unico discendente della famiglia Vorkosigan — e quindi, probabilmente, futuro padre del prossimo Conte Vorkosigan — non aveva il diritto di esporsi a un rischio genetico per mera curiosità. Alla Base non avrebbe corso alcun pericolo, salvo che nella vaga ipotesi che il vento girasse prima del previsto. O la sua era la prudenza dei codardi mascherata da logica? In ogni caso, si disse, la prudenza era una virtù.

Visto che non aveva più sonno, comunque, decise di restare in ufficio per rimettersi in pari coi dati delle previsioni a lunga scadenza, che quel mattino aveva lasciato da parte per andare alla Stazione Undici. Un'ora al computer gli bastò per finire tutto quello che poteva anche remotamente passare per lavoro. Quando s'accorse che per tener occupate le mani stava spolverando uno scaffale, decise che era tempo di andarsene a letto, sonno o non sonno. In quel momento scorse una luce con la coda dell'occhio, e voltandosi verso la finestra vide arrivare una motopulce.

Ah, Bonn e Yaski. Già di ritorno? Erano stati svelti a sistemare il bunker… o non avevano ancora cominciato? Miles raccolse lo stampato con le previsioni del vento e scese all'ufficio ingegneria della Base, in fondo al corridoio del pianterreno.

L'ufficio del tenente Bonn era al buio; ma dalla porta esterna, socchiusa, di quello del comandante della Base usciva una striscia di luce verticale. Luce accesa, e più all'interno voci dal tono secco e nervoso. Miles si avvicinò, col foglio in mano.

Spinse la porta e sbirciò nell'altro ufficio. Metzov sedeva alla sua scrivania, girato a mezzo verso una consolle laterale, e con aria irritata stava battendo un dito sulle immagini colorate dello schermo. Bonn e Yaski erano in piedi davanti a lui. Miles spinse la porta e fece udire un passo sul pavimento di legno per annunciare la sua presenza.

Yaski girò la testa e lo vide. — Mandi Vorkosigan, allora. Lui è già un mutante e non ha problemi, no?

Miles si affrettò a farsi avanti, salutò rispettosamente e disse: — Mi scusi, signore, ma non è esatto. Non lo sono. L'incontro che ho avuto prima della nascita con una sostanza tossica di uso bellico ha causato danni teratogeni, non genetici. I miei figli saranno sani quanto si può esserlo, se ne avrò. Uh… mandarmi dove, comunque, signore?

Metzov lo stava scrutando, ma non raccolse il suggerimento di Yaski. Lui porse il foglio a Bonn, che lo lesse in fretta, ebbe un sogghigno duro e se lo ficcò quasi selvaggiamente in una tasca dei pantaloni.


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