— Tempo. — Miles buttò giù un altro sorso di vino e decise che avrebbe fatto meglio a non berne più. L'alcol era un deprimente, per qualcuno. — Quanto tempo? Dannazione, se non mi danno qualcosa da fare, e subito, qui dentro si verificherà il primo caso di combustione umana spontanea della storia. — Agitò minacciosamente un dito verso il soffitto. — Io non ho bisogno di… non chiedo di lasciare l'edificio, ma almeno che mi diano un lavoro. Da operaio, da mezzemaniche… sono perfino esperto nella pulizia delle fogne, qualunque cosa. Mio padre ha parlato con Illyan della possibilità di assegnarmi alla Sicurezza… uh, l'unico dipartimento che potrebbe volermi, dice. E deve aver avuto in mente qualcosa di meglio che una ma… ma… mascotte. — Bevve di nuovo, in fretta, per tapparsi la bocca. Aveva già detto troppo. Dannazione al vino. Dannazione alla voglia di lamentarsi che gli avevano messo addosso.

Gregor aveva costruito una piccola torre coi pezzi mobili della mini-tattica. La abbatté con un dito. — Oh, quello della mascotte non è un brutto lavoro, se trovi chi ti assume. — Riunì i pezzi e li mise nella scatola. — Vedrò cosa posso fare. Non ti prometto niente, però.

Miles non seppe mai se fu grazie all'Imperatore, alle microspie o ad ingranaggi che già stavano girando (con irritante lentezza), ma due giorni dopo gli fu assegnato un incarico: assistente amministrativo del comandante del corpo di guardia dell'edificio. Era un lavoro da scrivania, riempire moduli, catalogare, stampare circolari e aggiornare i file dei computer. Per una settimana, mentre imparava, fu interessante; in seguito mortalmente noioso. Alla fine di quel mese la banalità di quell'occupazione cominciava a dargli sui nervi. Si stava dimostrando leale, oppure solamente stupido? Chi apparteneva a un corpo di guardia, era stato costretto ad accorgersi, doveva restare in prigione tutto il giorno. Anzi, come guardia il suo primo compito era di tenere in prigione se stesso. Dannata sottigliezza di Illyan; nessun altro avrebbe potuto trattenerlo se avesse voluto andarsene da lì. Sapeva dove trovare le finestre, adesso, anche se fuori cominciava a venir giù un po' di neve.

Sarebbe uscito da quella scatola di cemento prima della fine dell'inverno? C'erano delle festività a cui gli sarebbe piaciuto partecipare. Quanto ci avrebbe messo il mondo a dimenticarsi di lui, comunque? Se si fosse suicidato, avrebbero politicamente preferito dichiararlo ucciso durante la fuga? Illyan stava cercando di farlo uscire di senno, o soltanto dal suo dipartimento?

Un altro mese se ne andò. Come esercizio spirituale, decise di arricchire le sue ore d'ufficio sorbendosi tutti i video per l'istruzione delle reclute che trovò in biblioteca, in ordine alfabetico. Ce n'era un assortimento stupefacente. Fra gli altri, fu molto divertito da un documentario di trenta minuti sotto la I: Igiene (pulizia corporale) che spiegava come farsi una doccia. Be'… probabilmente erano esistite reclute, provenienti da qualche buco sperduto, che avevano avuto urgente bisogno di quelle istruzioni. Dopo qualche settimana era arrivato alla L: Laser (Fucile a) Modello D-67, (batterie, circuiti, manutenzione e riparazione), quando fu interrotto da una telefonata ed ebbe l'ordine di presentarsi a rapporto da Illyan.

L'ufficio del Capo della Sicurezza non era fatto per rasserenare gli umori di chi entrava: una stanza senza finestre, arredata con una scrivania e una consolle di comunicazioni che sembrava tolta da un'astronave, poteva avere un effetto positivo soltanto sull'umore di chi ne usciva. Ma stavolta le sedie erano due, notò Miles. Forse non sarebbe stato costretto ad accovacciarsi sul pavimento. Quella di destra era occupata da un ufficiale coi gradi di capitano e l'Occhio di Horus della Sicurezza Imperiale sul petto dell'uniforme verde.

Interessante individuo, quel capitano. Miles lo scrutò con la coda dell'occhio mentre scambiava un saluto formale con Illyan. Sui trenta-trentacinque anni, aveva la stessa espressione illeggibile del suo Capo ed era ancor più massiccio. Pallido e serio. Avrebbe potuto passare per un piccolo burocrate, un sedentario, ma c'era qualcosa dell'uomo d'azione nel suo sguardo. Qualcosa che parlava di lunghi periodi trascorsi a bordo di astronavi nello spazio.

— Alfiere Vorkosigan, il capitano Ungari — li presentò Illyan. — Il capitano è uno dei miei agenti galattici operativi. Ha dieci anni di esperienza nel raccogliere informazioni per questo dipartimento. La sua specialità è la valutazione degli aspetti militari.

Ungari gli aveva rivolto un educato cenno del capo identico al suo, e lo osservava con sguardo neutro. Miles si chiese se la spia stesse valutando il suo aspetto, e raddrizzò le spalle per renderlo il più militare possibile. Non c'era niente di decifrabile nella reazione che Ungari aveva avuto nel vederlo, se pure ne aveva avuto una.

Illyan si appoggiò all'indietro nella sua poltrona girevole. — Vorrei che mi dicesse una cosa, alfiere. — Illyan non dava mai del tu a un aristocratico in presenza di chi non lo era. — Di recente ha avuto notizie dei Mercenari Dendarii?

— I mercenari, signore? — Miles ne fu colto di sorpresa. Non era l'argomento che si sarebbe aspettato. — Io non… di recente, nulla. Ho avuto una lettera, un anno fa, da Elena Bothari… cioè, Bothari-Jesek. Ma era una cosa privata, uh, auguri di compleanno.

— Sì, ne ho avuto una copia.

Ci avrei scommesso, razza di bastardo.

— Da allora niente? — chiese Illyan.

— No, signore.

— Mmh. — L'uomo agitò una mano verso la sedia libera. — Si metta comodo, alfiere. — Il suo tono era spiccio, da affari. Qualcosa di concreto, finalmente? — Ripassiamoci un po' di astrografia. L'esame del terreno, così si dice, è il padre di ogni strategia. — Batté qualcosa su una tastiera della sua consolle e girò la piastra olografica per far vedere anche a loro.

Una mappa spaziale della distorsione galattica e dei corridoi di transito apparve in tre dimensioni sulla piastra. Ricordava il modello di una molecola organica di strana forma, vivacemente colorato: le sfere rappresentavano i punti d'incrocio, le linee dritte i corridoi per il balzo spaziale che si aprivano nel caos invisibile della distorsione. Schematica, con i dati compressi in poco spazio invece che in scala. Illyan zumò su una porzione un po' periferica e comparvero altre linee rosse e azzurre, che collegavano fra loro sette sfere e uscivano di campo in direzioni diverse. — Le è familiare, alfiere?

— La sfera doppia, al centro è il Mozzo Hegen, signore — rispose Miles.

— Proprio così. — Illyan gli consegnò il telecomando. — Mi dia un quadro strategico del Mozzo Hegen, alfiere.

Lui si schiarì la gola. — Si tratta di una stella doppia, senza pianeti abitabili. Ci sono quattro stazioni di balzo e alcuni satelliti per lo sfruttamento dell'energia solare. Pochi sono i motivi per indugiare nella zona. Come quasi tutti gli incroci di una certa grandezza sulla distorsione, è più un luogo di transito che altro, importante solo per le zone a cui dà accesso. In questo caso quattro regioni dello spazio locale, ciascuna con pianeti abitabili. — Miles proseguì facendo illuminare in verde le sfere a cui si riferiva.

— Aslund. Aslund è in fondo a un vicolo cieco come Barrayar. In quella zona, il Mozzo Hegen è l'unico passaggio che dia accesso alla grande rete di transito galattica. Il Mozzo è quindi vitale per Aslund come lo è Komarr per noi.

«In alto, il Gruppo Jackson. Il Mozzo Hegen è soltanto uno dei cinque corridoi di transito che si dipartono da lì. Oltre il Gruppo Jackson si stende una buona metà della galassia conosciuta.

«Più in basso vediamo Vervain, in una dilatazione del corridoio di transito e quindi con due uscite: una verso il Mozzo e l'altra dalla parte dei settori controllati dall'Impero Cetagandano.


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