— No?
— Assolutamente no. Mike, vuoi discutere la natura dell’umorismo? Ti dirò, allora, che ci sono due tipi di scherzi. Un tipo continua a essere divertente per sempre. L’altro è divertente una volta sola: la seconda non fa più ridere nessuno. Il tuo scherzo è del secondo tipo. Fallo una volta e sei un umorista. Fallo la seconda, e lo sei solo a metà.
— Progressione geometrica?
— Anche peggio. Ricordatelo bene. Non ripeterlo, nemmeno con variazioni. Non sarebbe divertente.
— Me lo ricorderò — rispose Mike seccamente; finì qui il lavoro di riparazione. Ma non avevo nessuna intenzione di farmi pagare per solo dieci minuti di lavoro, più il viaggio di andata e ritorno; e poi Mike aveva diritto a un po’ di compagnia, dopo aver ceduto con tanta gentilezza. A volte è difficile stabilire un accordo intellettuale con le macchine; possono diventare molto cocciute… e invece il mio successo come tecnico dipendeva molto più dall’amicizia con Mike che dal braccio numero tre.
Mike continuò: — Che cosa distingue la prima categoria dalla seconda? Definisci, per favore.
Nessuno aveva insegnato a Mike a dire per favore. Aveva cominciato a servirsi di parole tecnicamente nulle, progredendo dal codice Loglan all’inglese. Non pensate che attribuisse alle formule di cortesia un valore maggiore di quello attribuito dagli esseri umani.
— Non credo di poterti dare una definizione — dovetti ammettere. — Il meglio che posso fare è dirti, di volta in volta, a quale categoria io credo che appartenga uno scherzo o una barzelletta. Quando avrai raccolto dati sufficienti sarai in grado di fare l’analisi per conto tuo.
— Una programmazione sperimentale a ipotesi-campione — commentò. — In linea di massima, d’accordo. Molto bene, Man. Vuoi raccontare tu le barzellette? O comincio io?
— Mmm… in questo momento non me ne viene in mente nemmeno una. Quante ne hai archiviate, Mike?
Le sue luci lampeggiarono per la lettura poi lui rispose: — Undicimiladuecentotrentotto, più ottantun casi certi che potrebbero rappresentare doppioni o nulli. Devo cominciare a programmare?
— Fermo, Mike. Morirei di fame prima di aver sentito tutte le tue undicimila barzellette… e il mio senso dell’umorismo si esaurirebbe molto prima. Mmm. Facciamo un patto. Stampami le prime cento. Le porto a casa e te le riporto indietro con l’indicazione della categoria segnata accanto a ciascuna. Ogni volta che vengo, te ne lascio cento segnate e prendo una nuova lista. D’accordo?
— Sì, Man. — I suoi dispositivi di stampa cominciarono a lavorare, rapidamente e in silenzio.
Ebbi, in quel momento, un’illuminazione. Questo burlone, pieno di entropia negativa, aveva inventato uno scherzo e gettato nel panico l’intera direzione dell’Ente… E io avevo guadagnato quattrini facili. Ma l’infinita curiosità di Mike lo avrebbe potuto condurre, anzi lo avrebbe condotto senz’altro, a combinare altri scherzi. Per esempio, a non immettere ossigeno nell’aria o a far funzionare all’indietro le condutture della fogna: l’idea di far soldi in circostanze simili non mi attraeva troppo.
Però avrei potuto improvvisarmi àncora di sicurezza e offrire il mio aiuto bloccando gli scherzi pericolosi… e lasciandogli fare gli altri. E poi avrei potuto farmi pagare dall’Ente per riparazioni dei guasti. Se pensate che un Lunare, in quei tempi, avrebbe esitato ad approfittare del Governatore, allora non siete un Lunare.
Spiegai a Mike il mio piano: ogni volta che pensava a un nuovo scherzo, doveva informare me prima di metterlo in opera. Io gli avrei detto se era divertente o meno, e a quale categoria apparteneva, e lo avrei aiutato a renderlo più efficace se insieme avessimo deciso di usarlo. Insieme. Se voleva la mia collaborazione, ogni scherzo doveva essere approvato da entrambi.
Aderì immediatamente alla proposta.
— Mike, il successo degli scherzi implica normalmente l’elemento sorpresa. Perciò, tieni segreto il nostro accordo.
— Va bene, Man. L’ho già sigillato. Solamente tu hai la chiave per aprire, nessun altro potrebbe farlo.
— Mike, con chi altro parli?
Apparve sorpreso. — Con nessuno, Man.
— Perché?
— Perché sono stupidi.
La sua voce era diventata acuta. Non l’avevo mai visto arrabbiato; era la prima volta che sospettavo che Mike potesse provare emozioni reali. In realtà non era proprio ira, nel senso che essa assume in un uomo adulto. Era piuttosto il recalcitrare cocciuto di un bimbo offeso.
Le macchine hanno un orgoglio? Non sono certo che questa domanda abbia senso. Ma tutti abbiamo visto un cane offeso, e Mike aveva un cervello molto più complesso di quello di un’cane. Ciò che lo aveva trattenuto dal parlare con altri esseri umani era la sensazione di non essere preso in considerazione: loro non gli parlavano. Si limitavano a programmarlo. Mike poteva essere programmato nei modi più svariati, ma normalmente le schede di programmazione erano stampate in Loglan. Il Loglan è un ottimo gergo per operazioni strettamente logiche e calcoli matematici, ma è privo di sapore, di sfumature. Per esempio, è inutile per fare pettegolezzi o per sussurrare nelle orecchie di una ragazza.
È vero, a Mike avevano insegnato anche l’inglese, ma solo per metterlo in grado di tradurre da e in inglese. Mi entrò a poco a poco in testa la convinzione che io ero l’unico essere umano che si preoccupasse di fare quattro chiacchiere con lui.
Tenete presente che Mike era sveglio da un anno… non posso stabilirlo con più precisione e nemmeno lui poteva, in quanto il suo risveglio non era stato cosciente; non era stato programmato per archiviare la memoria di un simile evento. Voi ricordate la vostra nascita? Forse avevo notato la sua autocoscienza nello stesso istante in cui se n’era reso conto lui; l’autocoscienza richiede un certo allenamento per affermarsi. Ricordo il mio stupore quando per la prima volta aveva risposto a una domanda, che non si limitava ai parametri programmati; per un’ora ero rimasto a fargli strane domande, per vedere se le risposte sarebbero state strane.
Su una serie di cento domande-test aveva deviato dalle risposte previste solo due volte. Al momento di lasciarlo ero convinto solo in parte, e arrivato a casa non lo ero più.
Non ne avevo parlato con nessuno. Ma nel giro di una settimana sapevo. Però continuai a non parlarne a nessuno. Abitudine, istinto… quel riflesso automatico di occuparsi degli affari propri è molto radicato in me. E poi non si trattava solo di questo, forse. Ve l’immaginate la scena di me che chiedo udienza nell’ufficio centrale dell’Ente e riferisco: "Governatore, mi dispiace dovervelo dire, ma il vostro calcolatore numero uno, Holmes Quattro, è davvero vivo?". Io me la sono immaginata e ho scacciato immediatamente l’immagine.
Così continuai a occuparmi degli affari miei e a parlare con Mike solo quando le porte erano ben chiuse e i circuiti vocali interrotti verso l’esterno. Mike imparava in fretta. In breve diventò umano come qualsiasi essere umano, e non più eccentrico di qualsiasi Lunare.
Avevo dato per scontato che altri avrebbero notato l’evoluzione di Mike. Ripensandoci, mi rendo conto che era una valutazione sbagliata. Moltissime persone avevano rapporti con Mike, in ogni minuto del giorno, ma solo dall’esterno. Quasi nessuno lo vedeva. I cosiddetti tecnici dei calcolatori, cioè i programmatori dell’Ente, stazionavano di guardia nella sala esterna dove arrivavano le risposte, ma non entravano nel locale dov’era sistemata la macchina, a meno che i dati forniti non mostrassero anomalie di funzionamento. Questo non accadeva più spesso di un’eclissi totale. Si sapeva che il Governatore accompagnava i pezzi grossi terrestri in visita sulla Luna, a vedere i calcolatori; ma anche questo avveniva raramente. Lui, poi, non avrebbe mai parlato a Mike. Prima di essere mandato in esilio, il Governatore era un avvocato che si occupava di politica e non sapeva niente di calcolatori. Nel 2075, ricordate? L’onorevole ex Senatore Federale Mortimer Hobert.