«Sono arrivato qui soltanto cinque giorni fa. Per abitudine ho controllato subito i registri dei viaggiatori in transito, alla ricerca di eventuali cetagandani. E ho scoperto che Millisor alloggiava qui da tre mesi facendosi passare per un commerciante di oggetti d’arte e di artigianato. Dapprima avvicinarlo senza che i suoi uomini mi individuassero è stato un problema, ma poi gli sono arrivato a distanza abbastanza breve da potergli leggere la mente con una certa chiarezza. Ho scoperto così che lui e gli altri stavano frugando in tutta la stazione per cercare lei e Okita. Il loro proposito è quello di rintracciare me, ovviamente, ma con un uomo in meno hanno delle difficoltà. Non riescono neppure a coprire tutti i moli dove ci sono navi passeggeri in partenza o in arrivo. Questo è un vantaggio di cui devo ringraziare lei, dottor Urquhart. Posso chiederle come è riuscito a eliminare Okita?

Ethan rifiutò di lasciarsi distrarre. — Lei cos’ha avuto a che fare con il lavoro dei Laboratori Bharaputra sull’ordinazione di Athos? — chiese, inchiodandogli addosso in via sperimentale uno sguardo fermo e inespressivo.

Cee si umettò le labbra. — Niente. Millisor pensa che io c’entri per qualcosa, lo so. Temo di avergli lasciato credere che sia così, tanto per dargli una falsa pista.

— Guardi che io non sono ingenuo come posso sembrarle — disse cortesemente Ethan. Cee ebbe un gesto come a dire che non l’aveva mai pensato. — Si dà il caso che io abbia saputo, da un’altra fonte molto attendibile, che la squadra genetica principale di Casa Bharaputra ha lavorato per ben due mesi su un’ordinazione che avrebbe potuto essere soddisfatta in una settimana. — Indicò la misera cameretta intorno a loro. — Noto anche che lei sembra aver già speso altrove la sua montagna di denaro. — Raddolcì la voce ancor di più. — Li ha incaricati di ricavare delle colture ovariche dal corpo di sua moglie, invece di farla clonare, quando ha capito che la clonatura non le avrebbe restituito la persona che lei era? E li ha pagati per spedire queste colture ad Athos, con l’idea di seguirle sul nostro pianeta?

Cee deglutì saliva. Agitò una mano come per cercare qualche scusa, ma infine sussurrò soltanto: — Sì, signore.

— Colture ovariche contenenti il complesso di geni della glandola pineale mutata?

— Sì, signore. La sua eredità genetica, inalterata. — Cee abbassò gli occhi al suolo. — Lei amava i bambini. Sperava di averne da me, appena fossimo stati certi d’essere al sicuro, prima che Rau spegnesse anche quel sogno. Perciò… quella era ormai la sola cosa. l’unica cosa al mondo che io potessi fare per lei. Qualsiasi altra cosa, come ad esempio un clone, l’avrei fatto meramente per me. Riesce a capirlo, signore?

Ethan, commosso, annuì. In quel momento sarebbe stato disposto a rimbeccare senza esitare qualsiasi fondamentalista athosiano che avesse affermato che la fissazione di Cee per la sua femmina era disgustosa e preistorica, indegna di un uomo dalla mente libera. Quel sentimento inaspettato, così radicale, gli diede un brivido. E tuttavia s’era tanto immedesimato nelle parole di Cee da sentirlo, quasi, come un sentimento suo…

Il cicalino della porta emise un ronzio secco.

I due uomini balzarono in piedi. Cee si portò una mano sotto la blusa in cerca di un’arma nascosta e lo guardò allarmato. Ethan aveva il fiato mozzo.

— Qualcuno sa che lei è qui? — sussurrò Cee.

Ethan scosse il capo. Ma aveva promesso a quel giovanotto la protezione di Athos, per quel che valeva. — Apro io — si offrì. — Lei, uh… mi copra — aggiunse, mentre l’altro cominciava a obiettare. Cee annuì e si trasse da parte, tenendosi pronto.

Ethan sfiorò il pulsante. Il battente scivolò di lato con un sibilo.

— Buongiorno, ambasciatore Urquhart. — La bruna femmina in attesa fuori dalla porta gli elargì un sorrisetto. — Ho sentito dire che l’ambasciata athosiana è disposta ad assumere guardie, impiegati ed esperti in spionaggio. Non cercate oltre. Elli Quinn è qui, tutte e tre le cose in una sola persona. Faccio anche sconti speciali per salvare e togliere dai guai stranieri in difficoltà su Stazione Kline, purché l’offerta mi pervenga prima di mezzanotte. — E dopo un momento aggiunse: — Mancano cinque minuti, perciò hai tutto il tempo di invitarmi a entrare.

CAPITOLO NONO

— Ancora lei! — esclamò Ethan, incredulo di vederla lì. Poi le implicazioni di ciò che la mercenaria aveva detto lo colpirono, e la gratificò di uno sguardo ostile. — Dove mi ha appiccicato la microspia, stavolta?

— Nella tua carta di credito — rispose lei senza esitare. — Era l’unica cosa che ti portavi anche a letto. Si appoggiò allo stipite della porta e sporse la testa, per guardare dentro oltre le spalle di Ethan. — Non vuoi presentarmi al tuo nuovo amico? È il minimo che puoi fare, dopo avermi trasmesso la sua triste storia.

Ethan mugolò alcune parole sottovoce.

— Proprio così — annuì Quinn. — E devo dire che tu sei il miglior specchietto per le allodole che abbia mai visto, anche se quelli che hai catturato stamattina nel Settore Verde erano canarini. Ma oggi hai invischiato una preda assai più ricercata.

— Credevo che lei non sapesse cosa farsene dei "chiacchieroni che non hanno il fegato di fare le cose fino in fondo" — disse freddamente Ethan.

Lei ebbe un sogghigno astuto. — Be’, non prendertela tanto per una semplice osservazione. In realtà stavo cercando un modo per farti uscire da sotto il mio letto. Mi ha fatto piacere vedere che sai dimostrare una certa iniziativa.

Le labbra di Ethan si piegarono in una smorfia. Era sicuro che lo stesse prendendo in giro. Ma finché la mercenaria avesse tenuto il piede davanti alla fessura la porta avrebbe rifiutato di uscire dal muro. Si fece indietro e le accennò di entrare, di malavoglia.

Terrence Cee aveva ancora una mano sotto il bordo della blusa. — È un’amica? — gli domandò, teso.

— Io non ho amiche femmine — disse brusco Ethan.

— È un po’ timido con le ragazze, tutto qui — commentò Elli Quinn, dirigendo un sorriso abbagliante sul suo nuovo bersaglio.

Terrence Cee, notò Ethan con un vago disgusto, mostrava la stessa stupida attrazione che tutti i maschi non-athosiani rivelavano nei confronti della comandante Quinn; ma con suo sollievo parve subito riprendersi dalla reazione glandolare e la scrutò da capo a piedi con occhi simili al mirino di una pistola. Lo sguardo di Quinn prese le misure del giovanotto biondo con la stessa rapidità e, benché Cee fosse stato svelto a fingere di grattarsi il petto con la mano, lei inarcò un sopracciglio per comunicargli che sapeva benissimo cos’aveva sotto la blusa. Ethan sospirò. Era destino che quella mercenaria fosse sempre un passo più avanti di lui?

Mentre la porta si richiudeva con un sospiro. Quinn tirò giù un altro sportello-sedia e si sedette con le mani sulle ginocchia, visibilmente lontane dalla fondina e dall’arsenale che aveva celato addosso. — Racconta al tuo amico chi sono, Ambasciator-Dottor Urquhart.

— Perché? — grugnì Ethan.

— Oh, avanti, sii gentile. Dopotutto mi devi un favore o due.

— Cosa? — sbottò lui, agitando un dito mentre cercava il fiato per esprimere la sua indignazione. Ma Quinn lo precedette.

— Proprio così. Se io non avessi telefonato a mio cugino Teki per chiedergli di tirarti fuori dal Reparto Quarantena saresti ancora là, senza documenti, innocente quanto i canarini che hai aiutato a catturare ma prigioniero come loro. O avevi davvero la stupida illusione che raccontando chi sei alla Sicurezza (dopo esserti fatto pescare travestito da operaio, mentre in giro c’è un evaso collegato come te a una sparatoria e ad altri fatti molto strani) ti avrebbero scortato con tutti gli onori alla prima astronave per Colonia Beta?

— Senta, non è certo per merito suo che…

— Be’, devi a me se oggi eri abbastanza libero da fare la conoscenza col signor Cee. Perciò presentami.


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