Gli insetti mi ronzavano attorno. Le nuvole si spostavano lente nello stretto cielo. Erano piccole e rotonde come batuffoli di cotone. Incominciava a farmi male la schiena. Mi scorticai una mano sul bordo ruvido di una pietra. La ferita non era grave. Non sanguinava nemmeno, ma bruciava.
Finalmente l’uomo sparì, nascosto dalle pietre. Era sufficiente. Non era necessario che gli facessi un tumulo. Mi raddrizzai. Ormai le nuvole erano scomparse e la luce del sole penetrava obliqua nel canyon. Nia si stava tirando su a sedere.
— Bene — disse. — Il suo spirito dovrebbe avere una casa. Altrimenti il vento lo prenderà e lo trasporterà in giro per il cielo. Nessuno merita un tale destino.
— C’è qualche cerimonia che bisognerebbe celebrare?
— No. Se ci fosse qui una sciamana, canterebbe. Questo scaccerebbe la malasorte. Ma non so le parole giuste e neppure che cosa bruciare nel fuoco. — Aggrottò la fronte e si grattò il naso. — Dovrei fare qualcosa. Gli darò un coltello. Un dono d’addio.
— D’accordo — dissi.
Facemmo colazione, poi fasciai la mano di Nia. Non parlammo molto. Nia aveva l’aria stanca e io mi ritrovai a pensare all’uomo morto sotto il mucchio di pietre.
All’incirca a metà mattina la mia radio ronzò.
— La tua scatola — disse Nia. — Vuole parlare con te.
Accesi la radio. — Sì?
— Lixia? Sono Antonio. Ho parlato con il comitato per l’amministrazione giornaliera.
— Sì?
— Hanno votato per il no. E poi hanno deciso che questo non era un problema amministrativo. Era una questione di politica. Io non ero presente alla riunione, ma dev’esserci stato qualcuno del comitato che si è irritato per il voto e ha sollevato la questione della politica per avere un’altra opportunità.
Assentii col capo alla radio.
— Così la questione è stata rimessa al comitato rappresentativo dell’intera nave. Abbiamo fatto la riunione. Una seduta di emergenza, ma nondimeno una buona riunione.
— Che cosa è successo?
— Eddie, naturalmente, è contrario a qualunque tipo di intervento. Conosci le sue argomentazioni. Non starò a ripetertele. La Ivanova si è dichiarata d’accordo con lui.
— Davvero?
— Secondo lei, abbiamo deciso di non manifestarci alle popolazioni di qui finché non avessimo saputo di più su di loro. Ci sono buone ragioni a favore della nostra decisione: la nostra stessa sicurezza e il timore di mettere in pericolo la cultura indigena a causa dell’ignoranza. Come facciamo a sapere che genere di informazioni sono in grado di recepire?
"Ora, secondo la Ivanova, ci viene chiesto di abbandonare una linea di azione elaborata con gran cura, decisa in modo democratico e di importanza storica. E tutto a causa di una piccolissima frattura. Una probabile piccolissima frattura.
"Avrebbe un’opinione diversa se fosse uno dei nostri a essere in pericolo. Ma la persona ferita è una nativa, e la ferita non è affatto pericolosa."
— Già — dissi.
— Quanto ai nostri amici della Repubblica Cinese. — Antonio fece una pausa a effetto.
— Sì?
— Loro sostengono che tutto questo non sarebbe mai accaduto se i membri del team esplorativo fossero stati addestrati in modo appropriato.
— E questo che significa?
— Avresti dovuto seguire un corso di medicina socialista. Agopuntura, nozioni di erboristeria e ideologia marxista. Per quanto riesco a capire, dovresti infilzare di aghi la tua compagna e leggerle alcuni brani scelti dal Manifesto comunista.
— Chi ha tirato fuori questa splendida linea di ragionamento?
— Chi ti viene in mente? È un vecchio argomento cinese perfettamente conservato e viene da un vecchio cinese perfettamente conservato, il signor Fang.
I cinesi avevano sostenuto che sarebbe stato difficile andare fra le stelle senza bambini, e folle andarci senza persone di età ed esperienza. Il resto di noi era rimasto irremovibile riguardo ai bambini. Non ce n’erano sulla nave. Ma avevamo accettato un certo numero di persone sopra i sessant’anni e alcuni sopra i settanta. Il signor Fang era prossimo all’ottantina, un uomo magro con lunghi capelli bianchi e folte sopracciglia grigie. Veniva da Zhendu nello Sichuan, un esperto lavoratore del vimini ed esperto giardiniere, responsabile della sala principale del giardino della nave. Vi cresceva del bambù, una dozzina e più di varietà. Lungo le pareti c’erano graticci coperti di palme rampicanti. Erano la materia prima per l’arredamento. La maggior parte della mobilia della nave era di bambù e canna. Il signor Fang la riparava quando si rompeva e ne fabbricava di nuova quando era necessario.
Mi piaceva. Avevo trascorso parecchie ore nella sua officina a vederlo lavorare. Di quando in quando discutevamo di filosofia. Amava in particolare gli antichi Taoisti e Carlo Marx.
"Loro rispettavano, almeno in teoria, la saggezza del popolo. Questo è ciò che conta, Lixia. Un filosofo che teme o disprezza la gente uscirà con idee mostruose."
— Qual è stato il risultato della votazione? — chiesi a Tony.
— Tu che cosa ti aspetti? Abbiamo parlato per ore e siamo finiti dove avevamo cominciato. Per il momento ci atterremo alla nostra decisione originaria. Non scenderemo sul pianeta, se non forse per aiutare la nostra gente. Tu sei una dei nostri. Il team medico non è soddisfatto.
— Ah, bene. — Mi grattai la testa. — E adesso che faccio?
— Continua a curare la ferita come se fosse una frattura. Tienila ferma con una stecca. Impedisci alla tua amica di usare quel piede. Il tempo guarisce tutte le ferite.
— Splendido. Se sono tutti qui i consigli che hai da offrire, posso interrompere la trasmissione.
— Buona fortuna.
Spensi la radio, poi lanciai un’occhiata a Nia.
— Che cosa ha detto la tua scatola?
— Dovresti stare ferma finché la caviglia non sarà guarita.
Lei fece una smorfia. — E come posso farlo? Siamo quasi senza cibo, e qui non c’è niente da mangiare. Dobbiamo arrivare a un villaggio.
— Ce n’è uno nelle vicinanze?
— Sì. A una giornata da qui. Meno di una giornata. Vi abita il Popolo del Rame delle Pianure. — Nia serrò un pugno. — Che sfortuna! — Si colpì la coscia, poi sussultò. — Potrei percorrere una breve distanza se avessi un bastone a cui appoggiarmi, ma non riuscirò a camminare fino al villaggio. E c’è anche da inerpicarsi. Il sentiero sale nel punto in cui l’acqua cade. — Corrugò la fronte. — Va’ tu, Li-sa. Racconta alla gente del villaggio quello che è accaduto. Chiedi alla loro sciamana di venire a portarmi la medicina. Le farò un bel dono. Dille che sono una lavoratrice del ferro. Una molto brava, del Popolo del Ferro. Posso fabbricare un coltello in grado di tagliare qualsiasi cosa all’infuori della pietra. — Rifletté un momento. — Non taglierà neppure il ferro. Ma qualsiasi altra cosa.
— Okay.
— Che cosa? — domandò.
— Ci andrò.
— Che cos’è quella parola? Ok…?
— Okay. Significa "sì" oppure "sono d’accordo".
— Okay — disse Nia. — Adesso va’. Se camminerai in fretta, sarai al villaggio prima di notte. Torna domani. Fino ad allora me la caverò.
Presi il mio zaino e mi misi in cammino. Sull’altra riva del fiume mi fermai per asciugarmi i piedi. Non riuscivo a vedere Nia, ma scorgevo il fumo che saliva dal nostro fuoco, e vedevo la tomba dell’uomo pazzo. Pensavo di vederla. Forse era solo un altro mucchio di pietre.
Mi infilai i calzini e gli stivali. Poi mi voltai e mi allontanai.
Una cosa curiosa riguardo al canyon. Viste da lontano, le pareti apparivano spoglie, e il fondo del canyon era pietra grigia. Avvicinandomi, però, scorgevo fiori e insetti dai vivaci colori. Gli animali a sei zampe erano spariti. Ora vedevo creature che sembravano uccelli o forse minuscoli dinosauri. Si tenevano eretti sulle zampe posteriori ed erano coperti di penne. Ma avevano braccia al posto delle ali. Ne vidi uno catturare un insetto. Afferrò l’insetto con le piccole mani fornite di artigli e aprì la bocca. Scorsi file di denti. Un attimo dopo, uno scricchiolio! E l’insetto era sparito.