Il cacciatore inclinò il capo e mi guardò. Ricambiai lo sguardo. Il corpo della creatura era ricoperto di penne azzurre all’infuori del ventre e della gola. Il ventre era bianco, la gola di un giallo sulfureo.

La creatura sibilò nella mia direzione.

— Oh, sì? — dissi.

Quella fuggì.

A mezzogiorno mi fermai a mangiare. Sopra di me gli uccelli si libravano nel vento. Un pesce saltò nel fiume. Mi riposai un momento, poi proseguii. Il fiume si fece più turbolento. Il sentiero prese a salire e a scendere, serpeggiando attorno a grossi blocchi di pietra nera e grigiastra, dalla forma irregolare. Davanti a me vidi la fine del canyon: una parete di pietra, malamente frastagliata, piena di fenditure. L’acqua scendeva fra le fenditure, comparendo e scomparendo. Alla sommità, l’acqua si trovava alla luce del sole. Luccicava come argento. Più in basso, in ombra, era grigia. In fondo alla scogliera c’era una pozza d’acqua, seminascosta da una nebbiolina.

Perfino in distanza riuscivo a sentire il rumore dell’acqua. Era uno scroscio sommesso e continuo.

Continuai a camminare. La pista seguiva un lato della pozza. Accanto a me c’era la parete del canyon. Nella roccia erano stati incisi dei disegni: spirali e triangoli e figure di animali.

Aha! pensai. Un luogo sacro. Ma sacro a che cosa? Le spirali potevano rappresentare il sole. Da noi sulla Terra il triangolo era spesso un simbolo di fertilità o di sessualità femminile. Gli animali erano specie locali, o così almeno supponevo. Un quadrupede con le corna. Un bipede con un collo simile a uno struzzo e lunghe braccia striminzite. Venivano adorati oppure cacciati? O entrambe le cose?

Il vento spingeva verso di me gli spruzzi della cascata. Il sentiero si era fatto scivoloso. Decisi di concentrarmi su dove mettevo i piedi.

La pista girava attorno a un’alta roccia ricoperta di pittogrammi. Sull’altro lato c’era un uomo. Non c’era alcun dubbio sul suo sesso. Era nudo e il suo membro maschile era abbastanza grosso da essere ben visibile. Stava danzando, saltellando da un piede all’altro. Teneva in mano una pertica. In cima c’erano un paio di corna, verdi a causa della corrosione. Quasi certamente rame. L’uomo fece una piroetta e agitò il lungo bastone, poi tornò a girarsi, trovandosi così faccia a faccia con me. Ora mi resi conto che una cosa la portava: un filo di grosse perline rotonde e di un azzurro intenso. Mi ricordavano le perline di faenza provenienti dall’Egitto.

Lui smise di danzare e mi fissò. Rimasi immobile, guardando indietro. Era grande all’incirca quanto me, forse un po’ più robusto. La sua pelliccia era marrone scuro, lunga e ispida; gli occhi grandi e di un giallo chiaro.

Disse qualcosa che non compresi.

— Non conosco quella lingua — risposi.

— Tu parli il linguaggio dei doni — fece lui. — Devi essere una straniera. Ho pensato che fossi un demonio, ma un demonio mi avrebbe capito. — Corrugò la fronte. — Immagino che potresti essere un demonio che viene da molto lontano. Un demonio che viene da lontano potrebbe non sapere la lingua del mio popolo. È questo che sei?

— Un demonio? No. Sono una persona. Mi chiamo Lixia. E tu chi sei?

L’uomo parve sorpreso. — La Voce della Cascata. Non hai sentito parlare di me?

— No.

— Devi venire da molto, molto lontano.

— Sì.

— Io parlo per lo spirito della cascata. Esso è molto potente e conosce quasi ogni cosa. — L’uomo si mise a cantare:

"Conosce

ciò che dicono i pesci

nell’acqua.

"Conosce

ciò che dicono gli uccelli

nel vento.

"Conosce

ciò che dicono i demoni

nelle viscere della terra…

"Quelli che muovono,

quelli che scuotono,

quelli che mandano su fuoco…

"Conosce

ciò che si dicono

l’un l’altro".

— La gente mi fa domande. Mi chiede che cosa sento nel rumore dell’acqua. — Saltellò su un piede e si girò, sempre saltellando. Poi barcollò e appoggiò entrambi i piedi per terra. — Che cosa vuoi? Perché sei qui?

— Sto viaggiando con una del tuo popolo. È ferita e sto cercando aiuto.

L’uomo aggrottò la fronte. Agitò il suo bastone e gridò:

"O cascata,

dimmi,

dimmi come interpretare tutto ciò".

Inclinò il capo e rimase in ascolto. Ascoltai anch’io, ma non sentii niente all’infuori dello scroscio dell’acqua.

— La cascata dice che probabilmente parli con sincerità. In ogni caso, dice la cascata, porta sfortuna molestare i viandanti o coloro che chiedono aiuto. Pertanto ti aiuterò. Vieni con me. — Si voltò e s’incamminò su per il sentiero. Esitai un momento, poi lo seguii. Non era mai una buona idea discutere con un oracolo, soprattutto uno di una società che non si comprendeva. Ben presto ci trovammo a una buona distanza sopra la pozza. Guardai giù e vidi l’acqua spumeggiante. Nella foschia splendeva, tenue, un frammento di arcobaleno.

La pista si addentrava in una fenditura. Procedemmo fra nere pareti di roccia lungo le quali gocciolava l’acqua. Sulla roccia c’erano chiazze di una sterposa vegetazione color arancione. Una creatura camminava fra le chiazze. Era all’altezza della mia spalla e si muoveva lenta, dell’azzurro del cielo terrestre e con almeno una dozzina di zampe. Dal davanti spuntavano due antenne che ondeggiavano lievemente. Altre due antenne spuntavano sul dietro e anche queste ondeggiavano appena. Non riuscii a scorgere né una bocca né occhi.

Immaginai che l’animale stesse procedendo in avanti, ma non avevo modo di giudicarlo. Pensai di raccoglierlo. Forse c’erano organi visibili nella parte inferiore. Ma non mi erano mai piaciuti gli animali con più di otto zampe.

La mia guida si muoveva rapida. La seguii, scivolando di quando in quando sulla pietra bagnata.

Stavamo arrivando alla fine del passaggio. Le pareti erano alte solo un paio di metri e in cima vi crescevano delle piante. Vidi foglie, steli e fiori.

L’altezza delle pareti diminuì ulteriormente. Ormai riuscivo a vedere al di là di queste e della vegetazione. Stavamo emergendo su una pianura.

Su un lato, in lontananza, c’era una rupe, piuttosto bassa e costellata di alberi. In tutte le altre direzioni la terra era pianeggiante e coperta da una specie di pianta dalle foglie lunghe, sottili e flessibili. La pianta era alta circa un metro. Il suo colore variava: verde e verdeazzurro, gialloverde e un grigio-verdeazzurro argenteo. Non avrei saputo dire che cosa significassero le differenze nel colore. C’era più di una specie di pianta che cresceva sulla pianura? O il colore rappresentava variazioni all’interno di una specie?

— Ecco. — L’uomo indicò la rupe. — Il fiume è laggiù. La pista corre lungo il fiume. Seguila. All’imbrunire arriverai a un villaggio. Chiedi della sciamana e dille che hai un messaggio della Voce della Cascata. Dille che la cascata ordina di dare a questa persona ciò che chiede. Di’ che non c’è nessun male in questo. Lo so. Me l’ha detto la cascata.

"Non rifiutare di credermi,

o popolo.

Io so ciò che sa il fiume.

"Conosco i segreti

scoperti

dalla pioggia."

Agitò il suo bastone e danzò di lato, poi fece una piroetta e indicò la pista più sotto. — Va’!

Ubbidii. Quando arrivai in cima alla rupe, mi guardai indietro. Scorgevo la pista che serpeggiava fra la pseudo-erba, ma non riuscivo a vedere l’uomo. Doveva essere tornato nel canyon presso la cascata.

Scesi faticosamente lungo il pendio in direzione del fiume, che in quel punto era ampio e poco profondo, ombreggiato da alberi dalle foglie di un azzurro scuro.


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