— Eddie, non è stato possibile. Non potevamo continuare a sgattaiolare fuori nell’oscurità. "Scusatemi, prendo questa scatola e me ne vado a orinare. Sarò di ritorno fra mezz’ora. Oh, a proposito, io parlo da solo mentre sto orinando, così se sentite delle voci nella notte, non preoccupatevi."

Eddie disse: — Questa faccenda sta diventando sempre più un pasticcio. — Fece una pausa. — Hai qualcosa da riferire?

— Sì — rispose Derek. — Una nativa ci ha aggrediti. È morta.

— Che cosa?

Derek raccontò la storia. Quando ebbe terminato, Eddie disse: — Voglio vedere che cos’hanno raccolto i vostri registratori. Trasmetti l’informazione.

Derek si tolse il medaglione e lo infilò nella radio. Mi guardò. — Continuo a dimenticarmi dei medaglioni.

— Non preoccuparti, Derek. Te la cavi benissimo a spiegare quasi ogni cosa con le parole. — Mi tolsi il medaglione e glielo lanciai. — Trasmetti anche questo.

Un paio di minuti più tardi Eddie riprese a parlare. — Vi richiameremo dopo che avremo esaminato le vostre informazioni. Ti avverto, questa faccenda non mi piace. Intendo chiedere a Lysenko se c’è qualche posto nelle vostre vicinanze dove può atterrare.

Lysenko era il primo pilota dell’aereo a razzo: un uomo con un nome infelice. I biologi ridevano di lui.

— Hai intenzione di prelevarci? — domandò Derek.

— Voglio considerare quella possibilità. Chiedi a Nia e all’oracolo se sono a conoscenza di un qualche luogo. Il fondo di un lago prosciugato sarebbe l’ideale. Anche un lago con dell’acqua dovrebbe essere possibile, se è abbastanza profondo.

— Okay.

— E cercate di tenervi fuori dai guai per un po’.

Derek spense la radio. Si alzò in piedi e si stiracchiò. — Uno dei guai con Eddie è che è nato per stare dietro una scrivania. È capace di organizzare, dirigere, analizzare e criticare, ma non ha alcuna idea di come vadano le cose sul campo.

— Che cosa ha detto la vostra scatola? — chiese Nia. — Perché Derek è arrabbiato?

Mi alzai. — Spiegaglielo tu, Derek. Sono stanca di parlare di Inahooli. — M’incamminai verso il margine della pianura. Davanti a me c’era la pianura, scura e monotona. Sopra di me il cielo era pieno di stelle. Restai ad ascoltare i rumori della notte: fruscii fra i rami e un sommesso ronzio fra la pseudoerba. Riflettei sulla mia carriera. C’era la possibilità che fosse rovinata. Chi si sarebbe fidato di me nella ricerca di dati sul campo dopo questa faccenda? Soprattutto se Eddie e gli altri del comitato socioscientifico avessero deciso che avevo agito veramente in modo non allineato. Avrebbero potuto inserire un rimprovero nel mio curriculum e insistere perché mi sottoponessi a una critica di gruppo.

Era un’idea sgradevole. Avevo visto una volta un gruppo in azione. Avevo fatto amicizia con un uomo durante il lungo viaggio dal sistema solare, prima che ci addormentassimo. Era un maestro capocuoco proveniente dalla Cina. Aveva una personalità incostante che si associa agli artisti, e un viso straordinario: pallido e glabro, simile a una maschera intagliata in giada bianca. Aveva capelli neri, lunghi, folti e lucenti. Quando cucinava, li teneva raccolti sotto un copricapo. Ma quando sedeva a chiacchierare con gli amici, gli cadevano attorno al viso e gli arrivavano alle spalle. Forse ero un po’ innamorata di lui. Ero certamente innamorata della sua iguana Mu Shu.

Si era risvegliato ai margini di questo sistema e finalmente si era reso conto di ciò che aveva fatto. Aveva lasciato la sua famiglia, la sua casa, la sua società, il suo pianeta. Quando fosse ritornato, avrebbe trovato tutto cambiato.

Cadde in una profonda depressione, il che non era del tutto sorprendente. La maggior parte di noi si sentiva depressa prima o poi. Ma De era un vero esperto nella depressione. Si tormentava nello stesso modo in cui cucinava: con abilità e passione.

Incominciò a bere, e questo gli causò problemi sul lavoro.

La maggior parte dei suoi colleghi erano cinesi, e insistevano per la critica di gruppo. Andai a portare sostegno morale: a De, non ai suoi critici. Ci riunimmo in una piccola sala dalle pareti di celadon. De era seduto sul davanti e aveva di fronte venti persone. Erano per lo più addetti alla cucina; alcune erano persone che conosceva al di fuori del lavoro, altre erano relativamente estranee. La riunione era aperta a tutti, e tutti potevano parlare. La voce delle masse andava ascoltata.

Gli addetti alla cucina parlarono l’uno dopo l’altro. De aveva perso un sacco di lavoro, costringendo altri a coprirlo. Aveva rifiutato consigli e critica costruttiva. Il suo atteggiamento era negativo. Aveva messo in discussione decisioni prese democraticamente dagli addetti alla cucina. Aveva mentito sul suo vizio di bere.

Si alzò qualcuno del suo dormitorio. De era tornato a tutte le ore, facendo un sacco di rumore e svegliando altre persone. Una volta aveva rigettato nel corridoio, proprio fuori dalla cabina del portavoce.

Un’altra persona, una bionda dall’accento scandinavo, si alzò e parlò dei danni del vizio del bere. Altri due si alzarono e discussero con lei. Il problema non era l’alcol, ma la mancanza di un programma ricreativo soddisfacente. Era il culto occidentale dell’individualismo. Era la penosa prestazione del team psicologico.

De se ne stava seduto e ascoltava. La sua faccia era più pallida del solito e aveva chiazze scure sotto gli occhi. Appariva esausto e infelice. Finalmente, quando tutti ebbero finito, si alzò in piedi. Si scusò con i suoi colleghi, con le persone della nave, con l’intera razza umana. Promise di correggere il proprio comportamento, di recarsi puntualmente al lavoro e di sottoporsi alla terapia psicanalitica. Infine, ringraziò tutti i presenti per il loro interesse e i buoni consigli. Era sincero, per quanto fossi in grado di giudicare. La mia famiglia era da troppo tempo in Occidente; non avrei mai capito veramente i cinesi.

Il dietista più anziano si alzò e lodò De per il suo nuovo atteggiamento costruttivo e aperto alla collaborazione. La riunione si concluse e io andai in cerca di qualcosa di forte da bere.

Mai, pensai. Non mi sarei mai sottoposta a una critica di gruppo. Non ero sicura di quello che avrei fatto se il comitato l’avesse preteso. Non potevo andarmene, né loro potevano licenziarmi. Non a quella distanza dalla Terra. Più probabilmente, se si fosse arrivati a una crisi, mi avrebbero esonerata dal mio incarico e rinviata a un comitato incaricato della manutenzione non meccanica. Avrei riparato pareti o sostituito piastrelle rotte fino al momento di lasciare questo sistema.

Una volta ancora correvo troppo col pensiero. Falla finita! mi dissi, e feci ritorno all’accampamento. Derek era seduto accanto al fuoco, le ginocchia sollevate, le braccia allacciate attorno alle ginocchia.

— Ebbene?

Mi lanciò un’occhiata e sorrise. — L’oracolo si è offerto di parlare con Eddie e di spiegargli che non è sbagliato uccidere per legittima difesa. Sembra pensare che Eddie sia una specie di idiota. E Nia ha detto che c’è un fiume che scorre fra il territorio del Popolo dell’Ambra e il suo terriorio, la terra del Popolo del Ferro. C’è un punto in cui il fiume si allarga in un lago lungo e stretto. Il lago è profondo e non ci sono isole. Potrebbe essere un posto sicuro per atterrare.

— A che distanza da qui?

— Non lo sa con assoluta certezza. Nove o dieci giorni, pensa.

— Andiamo laggiù? — chiesi.

Derek fece il gesto dell’affermazione. — La cosa farà felice Eddie, ed è lungo il percorso per raggiungere il popolo di Nia.

La luce del sole mi svegliò, penetrando obliqua nel boschetto. Un grigio filo di fumo saliva a spirale attraverso il raggio di sole, muovendosi lentamente. L’oracolo era accoccolato accanto al fuoco e stava spellando un pesce.

— Hai rimesso a posto le trappole — dissi.

— Sì, e siamo stati fortunati. Questo è un pesce verde. È delizioso, specialmente cotto al forno. Va’ a eseguire la tua cerimonia mattutina.


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