Gli ubbidii e feci un po’ di yoga sulla riva del lago. Ero ancora molto rigida ma, per quanto ero in grado di giudicare, non avevo subito gravi danni. Tanto per parlare di fortuna!

Quando tornai all’accampamento, Nia si stava infilando una delle tuniche di Inahooli. Era di un azzurro spento, con ricami color arancione: un disegno a triangoli. Indossò la sua cintura, il coltello con il manico d’osso e il fodero di cuoio scuro. Dopo di che tirò l’orlo della tunica e se la lisciò sul petto. — Ah! Così va meglio! Bisogna dire qualcosa per un nuovo indumento dai vivaci colori e senza nessun cattivo odore.

Mangiammo e levammo il campo, seguendo la pista lungo il lago per poi tornare sulla pianura. C’erano nuvole a ovest e a sud. Erano alte, soffici e sottili, disposte a mucchi e a grappoli. A nord il cielo era limpido. Riuscivo a distinguere Hani Akhar.

Pensai al China Clipper: corridoi e stanzette e troppa gente. Non ci sarebbero stati né cielo, né vento, né uccelli, se non nell’uccelliera. Forse mi sarei dovuta dare alla fuga, avrei dovuto gettar via la radio e il registratore audiovisivo e sparire nei territori selvaggi. Era un modo di evitare la critica di gruppo, sempre che non mi catturassero, naturalmente.

Guardai la pianura attorno a me. Era, o sembrava, quasi deserta. Alcuni insetti color arancione svolazzavano sopra la pseudo-erba. Alcuni uccelli volavano alti nel cielo. In lontananza scorsi un branco di animali. Erano puntini neri che si muovevano fra la vegetazione verde e gialla. Non avevo idea di che cosa fossero.

Questa terra era troppo vasta e troppo aliena. Non potevo voltare le spalle alla mia civiltà e vivere completamente sola senza speranza né aiuto dalla mia gente.

Quella notte ci accampammo in cima a una bassa collina. Non c’era niente in vista all’infuori della pseudo-erba. Mangiammo il cibo di Inahooli. Eddie non chiamò.

— Dovremmo chiamarlo noi? — chiesi.

Derek fece il gesto che significava "no". — Non dobbiamo peggiorare la situazione. Ci troverà, più di quanto noi si voglia o si abbia bisogno.

Feci il gesto dell’approvazione.

A metà della notte incominciò a piovere. Il tuono brontolava e guizzavano i lampi. Ci raggomitolammo sotto i mantelli e i poncho e ci bagnammo.

Al mattino la pioggia era cessata. L’aria, però, rimaneva umida e la vegetazione sulla pianura era ornata di goccioline d’acqua e si piegava sullo stretto sentiero. Derek e io ci aprimmo un varco fra di essa, bagnandoci una seconda volta. I nativi, che cavalcavano dietro di noi, sembravano più comodi, ma non molto.

— Sta arrivando una persona — disse Nia.

Mi guardai attorno. La pista era una linea scura che serpeggiava fra la vegetazione. Lungo la pista si muoveva un cornacurve e in sella all’animale c’era una persona.

— Un uomo — disse Nia. — Viaggia da solo.

— No — la corresse Derek. — C’è qualcun altro, lontano sulla pianura. — Puntò il dito verso nord.

Guardai attentamente e vidi un puntino che scendeva lungo un pendio. — Perché non sono insieme?

— Non lo so — rispose Nia. — Forse sono entrambi uomini.

La pista entrava in un avvallamento e persi di vista i cavalieri, anche se solo per pochi minuti. Emergemmo su una modesta altura. Al centro della pista c’era un cornacurve: un animale grande, di color bigio con una macchia bianca sul petto. Le corna erano nere e lucenti come ossidiana.

Derek e io ci fermammo. I due nativi vennero a mettersi ai nostri due lati e tirarono le redini dei loro animali. Guardai il cavaliere del cornacurve.

Quasi certamente un maschio. Alto e grosso, con la pelliccia scura e ispida. La sua tunica era simile a quella che indossavo io: color panna con ricami a disegni geometrici. Sulle braccia portava grossi braccialetti d’oro e aveva al collo una collana d’oro e ambra.

Ci osservò con calma, poi parlò nel linguaggio dei doni. — Vedo che avete incontrato mia sorella. — La sua voce era sommessa e profonda.

— Inahooli — disse Derek.

L’uomo fece il gesto dell’assenso. — Sono Toohala Inzara del Clan della Cordaia e del Popolo dell’Ambra. — Fece un cenno con la mano verso nord. — Mio fratello Tzoon è più lontano, in quella direzione. Non vedo mio fratello Ara da un paio di giorni. Ma si trova là fuori da qualche parte, probabilmente a sud. Come sta nostra sorella?

— Bene quanto ci si può aspettare — rispose Derek. — È stata sola per parecchio tempo.

L’uomo fece il gesto dell’approvazione. — Ha sempre avuto un carattere irritabile ed è sempre stato difficile andare d’accordo con lei. Speravo che il suo temperamento sarebbe migliorato ora che, finalmente, ha raggiunto qualcosa di importante. Ma non è cosi?

— No — disse Derek.

— Aiya! Che persona difficile! Se non vi dispiace, me ne vado. Non mi piace trovarmi con tante persone. E devo dire che voi due avete un aspetto ben strano. Questo mi mette ancor più a disagio. — Ci osservò di nuovo. — Peccato che non vi abbia visti Ara. È un tipo curioso. — Fece deviare il suo animale dalla pista e ci girò attorno.

Derek si rimise in cammino, più in fretta di prima. Noi lo seguimmo. Dopo un po’ Derek disse: — Sta andando a far visita a Inahooli. È possibile?

— Nessuno fra la mia gente farebbe una cosa del genere — disse Nia. — Sebbene io sia andata a trovare mio fratello anni fa.

L’oracolo disse: — Io vado a far visita a mia madre di quando in quando. Ma sono santo e anche un po’ pazzo. Un uomo comune non andrebbe a trovare le sue parenti.

— Questo non dev’essere un uomo comune — osservò Derek. — Arriverà al lago domani pomeriggio e troverà la tomba. Allora che cosa farà?

Nia fece il gesto dell’incertezza. — Non lo so.

— Era enorme — feci io. — I vostri uomini sono quasi tutti così grandi?

— No — rispose Nia.

— Sia ringraziato il cielo — fu il commento di Derek. — Incominciavo a pensare di incontrare tre fratelli grossi come gorilla e cercare di spiegare loro che cosa è accaduto alla loro sorella.

— Grossi come? — domandò Nia.

— Gorilla. Sono nostri parenti, ma molto più grandi di noi. — Derek stava ancora camminando velocemente. — Quando si metterà in viaggio, avrà un paio di giorni di ritardo su di noi.

— Di che cosa stai parlando? — gli domandai.

— Inzara. Se deciderà di inseguirci. Forse tre giorni, se saremo fortunati e si fermerà un po’ di tempo presso il lago. Nia, a che velocità può viaggiare un cornacurve?

— Il Popolo dell’Ambra segue le mandrie. Capisce gli animali e conosce bene la pazienza. Non sarà tanto sciocco da forzare troppo il suo cornacurve. Più probabilmente, manterrà un’andatura che è il doppio della nostra.

— Ho sempre odiato i problemi come questo. Bob ha il doppio di frutti di Alice, che a sua volta è alta la metà di Krishna. Quanti giorni ci vorranno prima che Inzara ci raggiunga?

— E adesso di che cosa sta parlando? — domandò l’oracolo.

— Niente di importante. — Riflettei un momento. — Gli ci vorranno due giorni, Derek. Dovremmo incominciare a preoccuparci la sera di dopodomani. No, il giorno dopo.

— Okay. Procederemo più velocemente che potremo. Forse il fiume è più vicino di quanto pensiamo.

— Hai paura? — chiesi.

— Certo, è naturale — rispose in inglese. — Se uccideremo altri nativi, finiremo il nostro lavoro sulla nave, molto probabilmente a pulire gli scarichi delle fognature. O forse a pulire le gabbie nei laboratori. In ogni caso, avremo finito per sempre quaggiù. — Mi lanciò un’occhiata. — Stravolgo molto i regolamenti e opero assai vicino al limite. Ma non ho intenzione di cacciarmi in guai seri.

— Perché stravolgi i regolamenti?

Lui rise. — Per dimostrare che posso.

Viaggiammo fino al tramonto, poi ci accampammo. Le nuvole si aprirono e la Grande Luna ci inondò con la sua luce. Era un po’ più che piena. Derek la osservò attentamente. — L’eruzione dev’essere terminata.


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