— Lega gli animali — gli disse Inzara.

Nia guardò me e l’oracolo. — Smontate, tutti e due.

Smontammo. Nia afferrò le nostre redini e condusse i nostri animali nel boschetto più vicino. Il terzo fratello la seguì.

Tornarono indietro insieme, ma camminando a una certa distanza l’uno dall’altra. Avevano entrambi un’aria circospetta. Nia era un donnone, ma l’uomo la faceva sembrare piccola. Era enorme come i fratelli. Indossava un gonnellino di un tessuto verde scuro e una cintura gialla. La fibbia era d’argento. Gli stivali erano di cuoio verde. Sull’ampio torace portava una collana. Era aggrovigliata nel pelo lungo e arruffato e quasi completamente nascosta. Distinsi delle perline d’argento, lunghe e sottili, alternate a perline d’ambra rotonde, gialle come burro.

Inzara lo indicò con un cenno della mano. — Questo, come vi ho detto prima, è mio fratello Tzoon.

L’uomo ci guardò, poi grugnì. — Unh!

— Chi siete? — domandò Ara. Era rimasto sulla pista, a nord di dove ci trovavamo noi. Inzara se ne stava un po’ più a sud, vicino alla riva del fiume. Il terzo fratello era a est, ai margini del boschetto. Eravamo circondati, in trappola.

Nia si grattò il naso. — Volete prima rispondere a una domanda per me? Poi vi dirò chi siamo.

Inzara fece il gesto dell’assenso.

— Perché viaggiate insieme?

— Non siamo uomini comuni — rispose Inzara. — Siamo nati insieme, tutti e tre da un solo parto.

— Aiya! - esclamò l’oracolo.

Nia disse: — Uh!

— Nessuno nel nostro villaggio aveva mai visto una cosa del genere. Due bambini in una sola volta, sì. Questo è successo, anche se non spesso. Di norma i bambini sono piccoli e deboli. Muoiono. Ma tre… una cosa senza precedenti. Ed eravamo tutti grandi e sani. La gente disse che nostra madre doveva aver incontrato l’Imbroglione sulla pianura. Era destino che fossimo sfortunati. Nessuna donna poteva allattare tre figli. Uno di noi, almeno, sarebbe dovuto morire.

Ara continuò il racconto: — Nostra madre disse che eravamo tutti dei bellissimi bambini. Non poteva decidere quale di noi dovesse essere portato fuori sulla pianura e lasciato là come cibo per gli animali che si nutrono di carogne. Voleva tenerci tutti. Nostra madre non ha mai amato nessun genere di spreco.

Il terzo fratello, Tzoon, fece il gesto dell’approvazione.

Ara proseguì: — Nostra madre portò doni alla sciamana: una lunga corda di eccellente qualità e una pezza di stoffa ricoperta di ricami.

— E una pentola fatta dal Popolo del Ferro — aggiunse Inzara. — Non è mai stata una che tenesse nascoste le cose dentro la tenda. Conosceva l’importanza di donare.

Ara fece il gesto dell’approvazione. — Domandò alla sciamana di eseguire la cerimonia dell’interpretazione. Questa richiese tre giorni. Nostra madre ci allattò come meglio poté. Il secondo giorno della cerimonia, quando la sciamana era in un profondo stato di trance, nostra zia Iatzi perse il suo bambino.

— Era sempre stato malaticcio — aggiunse Inzara.

Una volta ancora Ara fece il gesto dell’approvazione. — Era il suo primo figlio. Ora la sua tenda era vuota e lei aveva latte in abbondanza. Si offrì di aiutare nostra madre.

Inzara riprese il racconto: — Quando la sciamana si destò, riferì alle abitanti del villaggio di essere salita in cielo e di aver incontrato la Cordaia, la Madre delle Madri e il Signore delle Mandrie. Le avevano detto: "Questi bambini appartengono a noi e provvederemo a loro come riterremo opportuno. Se è nostra intenzione che vivano, vivranno. Se decideremo che è il momento che muoiano, insieme o ciascuno separatamente, vedrete il risultato. Non immischiatevi e non abbiate la pretesa di capire le nostre intenzioni". Così terminò la sua visione.

"Che altro c’è da dire? Quando eravamo bambini, amavamo stare insieme. Non litigavamo quasi mai. C’era gente nel villaggio che sosteneva che avessimo un unico spirito per tutti e tre. Forse avevano ragione. Non lo sappiamo. Ci sono differenze fra di noi. Tzoon è taciturno. Ara è curioso. Io sono generalmente tranquillo. Ma è vero che siamo uniti come sorelle, e ciascuno di noi sa quello che stanno pensando gli altri. Abbiamo subito il cambiamento esattamente nello stesso periodo."

— Perfino allora — disse Ara — non litigavamo, anche se Tzoon divenne più taciturno di prima.

Guardai il terzo fratello, che aggrottò la fronte.

— Nella Terra dell’Estate e quando la mandria è in movimento, restiamo vicini. Ci piace guardarci attorno e vedere un fratello in lontananza. E ci piace incontrarci di quando in quando per dividere il cibo e conversare. Io e Inzara parliamo. Tzoon ascolta.

Il terzo fratello disse: — In primavera ci separiamo.

Inzara fece il gesto dell’approvazione. — Non sappiamo che cosa potrebbe accadere allora. Se una donna arrivasse dal villaggio in preda alla smania e due di noi la vedessero? Ci azzufferemmo? Sarebbe terribile!

— Ci assicuriamo che i nostri territori siano ben lontani fra loro, anche se tutti ugualmente vicini al villaggio — disse Ara. — È diventato difficile in anni recenti. Siamo tutti uomini grandi e grossi, e i territori che abbiamo ora sono quasi nel villaggio.

Inzara continuò: — Lasciamo che altri uomini, uomini che potremmo facilmente sopraffare, s’insinuino fra i nostri territori. In quel modo perdiamo alcune donne. Ma nostra madre dice sempre: "Non si ottiene niente con l’avidità".

— Adesso — intervenne Tzoon — diteci chi siete.

Nia indicò ciascuno di noi e riferì i nostri nomi. Disse il proprio nome per ultimo.

— Tu sei la donna che amava un uomo — osservò Inzara.

Nia fece il gesto dell’assenso.

— E adesso viaggi con un altro uomo. — Additò l’oracolo. — E con due individui che non hanno quasi pelo.

— Sì.

— Di che sesso sono quelle persone?

— Una è una donna. L’altro è un uomo.

— Aiya! - esclamò Inzara.

Tzoon fece il gesto che significava "non ha importanza". — Questo non ci riguarda. Se vogliono correre il rischio della sfortuna, be’, che facciano pure. Non appartengono al nostro villaggio.

Ara fece il gesto dell’approvazione. — Quello che a noi interessa è Inahooli. Come è morta?

Nia si massaggiò la nuca. — Non è una cosa facile da spiegare.

Tzoon si accigliò.

Nia guardò lui, poi i suoi fratelli. — Per prima cosa, ci siamo imbattuti in un suwahara. Un maschio con una famiglia da proteggere. Ha spaventato i nostri cornacurve, che sono fuggiti. Siamo rimasti bloccati sulla riva del Lago degli Insetti e delle Pietre. È importante che voi lo sappiate. Non avevamo alcuna possibilità di fuggire da Inahooli quando è impazzita.

— Ah — commentò Inzara.

— La prima volta che è venuta, io e Li-sa eravamo sole. Inahooli ha voluto mostrarle la torre, e Li-sa era curiosa. È una persona particolare, che sta sempre a fare domande, come una bambina, toccando le cose, aprendole, ficcandoci il naso e facendo domande su domande. Aiya!

Ara aggrottò la fronte. — Qualunque cosa può diventare eccessiva. Ma non c’è niente di male nella curiosità.

— In ogni caso — proseguì Nia — Li-sa è andata a vedere la torre. Poi Inahooli ha deciso che era un demonio e ha tirato fuori un coltello. Ha cercato di uccidere Li-sa. Ma lei è fuggita.

— Perché pensava che quella fosse un demonio? — Ara fece un cenno della mano nella mia direzione.

Nia esitò, aggrottando la fronte. Si mordicchiò l’unghia del pollice. — Inahooli si è ricordata di me. E ha pensato che una persona senza pelo che viaggiava con una pervertita dovesse essere un demonio.

— Questo ha senso.

Inzara fece il gesto del dissenso. — La torre è protetta. La sciamana ha eseguito cerimonie in primavera dopo che è stata edificata. C’è la magia in tutta la torre, intrecciata in ogni pezzo di corda e attorno a ogni pezzo di legno.

— La magia la protegge da qualunque cosa? — domandai.


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