Non aveva grandi poteri, e non sarebbe riuscito a collegarsi con la Guardia del Giorno dalla metropolitana. E non ci avrebbe nemmeno provato. Per lui ero una bestia braccata, e nemmeno una bestia pericolosa: un coniglio, e non un lupo.

Coraggio, amico.

Uscii dal metrò. Scivolai di lato rispetto alla porta e cercai la mia ombra. Una sagoma incerta oscillava sul terreno e io vi entrai.

Crepuscolo.

I passanti si tramutarono in una nebbiolina spettrale, le macchine cominciarono a muoversi lente come tartarughe, la luce dei lampioni si oscurò e divenne soffocante, pesante. Silenzio. I rumori si erano trasformati in brusio sordo, appena percettibile.

Io però cercavo di muovermi in fretta, finché il mago non mi avesse raggiunto in superficie… Ma sentivo una forza che mi riempiva fino all'ultima fibra. Probabilmente era opera di Ol'ga. Sotto il mio aspetto aveva riacquistato gli antichi poteri e aveva riempito il mio corpo di energia che poi non aveva utilizzato. Era un pensiero che non doveva esserle nemmeno balenato nella mente, nonostante tutte le sue arti.

«Lo capirai da sola dov'è il confine» avevo detto a Svetlana. Ol'ga quel confine lo conosceva da millenni, e molto meglio di me.

Avanzai lungo il muro, poi provai a controllare attraverso il cemento l'interno della stazione, e il nastro della scala mobile. La macchia nera saliva. E abbastanza velocemente: il mago aveva fretta, correva su per i gradini, ma non si era ancora deciso a uscire dal mondo degli uomini. Risparmiava le forze. Su, su. muoviti.

Poi mi bloccai.

Scivolando un poco al di sopra del terreno veniva verso di me una piccola nuvola turbinante, un grumo di nebbia, che andava assumendo le fattezze di un essere umano.

Un Altro. Un ex Altro.

Forse era dei nostri. O forse no. Anche le Forze delle Tenebre, dopo la morte, raggiungono come noi un altro luogo. Adesso comunque era solo una piccola nuvola nebbiosa e sfumata, eterna pellegrina del Crepuscolo.

— Pace a te, caduto — dissi. — Chiunque tu sia stato.

La sagoma vacillante mi si fermò proprio davanti. Ne uscì una lingua di nebbia che si protese verso di me.

Che cosa voleva? I casi in cui gli abitanti del Crepuscolo avevano cercato di entrare in comunicazione con i vivi erano assai rari!

La mano — se si poteva considerare una mano — tremava. I filamenti di nebbia biancastra si spezzavano, dissolvendosi nell'oscurità o perdendosi nel terreno.

— Ho pochissimo tempo — dissi. — Caduto, chiunque tu sia stato nella vita, Tenebre o Luce, pace a te. Che cosa vuoi da me?

Poi fu come se una folata di vento dissipasse quella massa di nebbia bianca. Lo spettro si voltò, la mano tesa — ora non avevo più dubbi: si trattava davvero di una mano — indicò, attraverso l'oscurità, un punto a nord-ovest. Guardai in quella direzione: indicava una sagoma sottile e appuntita che baluginava contro il cielo.

— Sì, ho capito, la torre! Ma che cosa significa?

La nebbia cominciò a dissolversi. Ancora un istante e l'oscurità attorno a me ritornò assolutamente vuota.

Mi sentii attraversare da un tremito. Il morto aveva cercato di comunicarmi qualcosa. Era un amico o un nemico? Mi voleva dare un consiglio o voleva mettermi in guardia?

Non era più possibile capirlo.

Guardai attraverso le pareti della stazione, poi attraverso la terra. Il mio nemico era quasi arrivato in cima, ma era ancora sulla scala mobile. Dunque, proviamo a capire che cosa voleva lo spettro… Non prendevo in considerazione la possibilità di raggiungere la torre, avevo in mente un altro percorso, rischioso, ma del tutto imprevedibile. Perciò non aveva senso che volesse distogliermi dalla torre di Ostankino.

Un'indicazione? Ma da parte di chi? Amico o nemico? Ecco la questione fondamentale. Non è il caso di sperare che oltre il confine della vita le differenze siano cancellate, i nostri morti non ci lasciano nella battaglia.

Dovevo decidere io. E l'avrei fatto, ma non proprio in quel momento.

Corsi verso l'uscita della metropolitana, afferrando nel frattempo la pistola che tenevo nella fondina sotto l'ascella.

Appena in tempo: il mago delle Tenebre apparve alle porte e subito scivolò nel Crepuscolo. Subito mi accorsi che cosa gli aveva dato quella possibilità. Tempeste nelle aure dei passanti, scintille oscure che volavano in tutte le direzioni.

Se mi fossi trovato nel mondo degli umani, avrei visto come si deformavano le loro facce: per un'improvvisa fitta al cuore, o per un infarto, che è molto peggio.

Il mago delle Tenebre si guardò intorno, cercando la mia traccia. Era capace di assorbire l'energia altrui, ma dal punto di vista della tecnica era decisamente scarso.

— Zitto — dissi, premendogli la pistola contro la colonna vertebrale. — Zitto. Mi hai già trovato. Bisogna vedere se ti fa poi così piacere…

Gli stringevo il polso, per impedirgli di muovere le mani. Tutti questi giovani maghi sfacciatelli, infatti, usano un assortimento standard di incantesimi, di solito i più semplici e potenti, che però richiedono il lavoro coordinato di tutte e due le mani.

Il suo palmo era bagnato.

— Andiamo — dissi. — Dobbiamo parlare un po'.

— Tu, tu… — Non riusciva assolutamente a credere a quello che stava accadendo. — Tu sei Anton! Sei un fuorilegge!

— Ammettiamolo anche. Ma adesso pensi che ti servirà?

Voltò la testa dalla mia parte: nel Crepuscolo il suo viso si era alterato, e aveva perso quella patina di bonaria simpatia. No, non aveva ancora assunto il suo definito volto crepuscolare, a differenza di Zavulon. E tuttavia non era già più umano. Aveva la mascella troppo tirata, la bocca larga come quella di una rana, gli occhi piccoli e torbidi.

— Sei proprio un mostro, amico. — Gli spinsi un'altra volta la pistola contro la schiena. — Questa è una pistola. È caricata con pallottole d'argento, anche se non sempre è necessario. Nel Crepuscolo funziona bene come nel mondo umano; forse è un po' più lenta, ma non meno micidiale. Anzi, sentirai meglio come la pallottola lacera la pelle, scivola tra le fibre dei muscoli, frantuma le ossa, strappa i nervi.

— Non farai una cosa simile!

— Perché?

— Da questo non potresti ripulirti mai più!

— Davvero? Vuoi dire che ho ancora qualche possibilità? Sai, ho sempre più voglia di premere il grilletto. Andiamo, vigliacco.

Aiutandolo a muoversi con qualche spintone, lo condussi in uno stretto passaggio tra due bancarelle. Il muschio azzurrastro cresciuto in abbondanza sulle loro pareti cominciò a vibrare. Nella Zona Oscura la flora desidera ardentemente provare le nostre emozioni: la mia rabbia, la sua paura. E nello stesso tempo, anche se priva di cervello. è comunque sufficientemente dotata di istinto di conservazione.

Qualità che non mancava neppure al mago delle Tenebre, anzi.

— Senti, ma che cosa vuoi da me? — cominciò a gridare. — Ci hanno dato le tue caratteristiche e ci hanno ordinato di trovarti! Non ho fatto altro che eseguire un ordine! Io rispetto il Patto, agente della Guardia!

— Non sono più un agente della Guardia. — Con uno strattone lo trascinai contro una parete, nel morbido abbraccio del muschio. Che si liberasse pure di un po' di paura, così sarebbe stato più facile parlare. — Chi guida la caccia?

— La Guardia del Giorno.

— E concretamente, chi?

— Il loro capo, non so come si chiama.

Probabilmente era la verità. Del resto, io lo sapevo come si chiamava.

— Ti hanno indirizzato proprio verso questa stazione della metropolitana?

Il mago delle Tenebre esitò.

— Parla. — Gli affondai la pistola nella pancia.

— Sì.

— Da solo?

— Sì.

— Menti. Del resto non ha importanza. Che cosa ti hanno ordinato di fare, dopo che mi avessi trovato?

— Tenerti d'occhio.

— Menti. E questa volta ha importanza. Pensaci e poi dammi la risposta giusta.


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