Non è un caso se mi stai incastrando proprio nel quartiere in cui si è svolto il nostro piccolo tafferuglio quest'inverno. Giusto? Non posso non ripensarci, significa che in un modo o nell'altro agirò sotto l'influsso dei ricordi.

La piattaforma panoramica era già vuota. Completamente. Gli ultimi visitatori erano fuggiti e di personale non ce n'era. Solo la guardia che avevo arruolato io era in piedi alla fine della scala, con la pistola in pugno e gli occhi infuocati che controllavano la rampa.

— Scambiamoci di nuovo i vestiti — gli ordinai. — Accetta la gratitudine della Luce. Poi dimenticherai tutto quello di cui abbiamo parlato. Andrai a casa. Ti ricorderai solo che è stata una giornata normale, come ieri. Nessun avvenimento particolare.

— Nessun avvenimento particolare! — ripeté pronto l'agente mentre usciva dai miei vestiti. È così facile rivolgere gli umani alla Luce o alle Tenebre, ma loro sono felici soprattutto quando gli si permette di essere se stessi.

Capitolo 6

Uscendo dalla torre, mi fermai con le mani affondate nelle tasche.

Rimasi lì a guardare i fasci di luce dei proiettori che parevano sciabolate nel cielo scuro, e la garitta illuminata del punto di controllo.

C'erano solo due cose che non capivo del gioco che stavano conducendo le Guardie, o meglio i vertici delle Guardie.

L'apparizione proveniente dal Crepuscolo: chi era, da che parte stava? Mi voleva mettere in guardia o soltanto spaventare?

E il piccolo Egor: era stato davvero casuale il nostro incontro? E se non lo era stato, che significato aveva? Un segno del nostro fatale legame, o una mossa di Zavulon?

Degli abitanti del Crepuscolo non sapevo quasi nulla. Forse non ne sapeva molto neppure Geser.

A Egor invece potevo pensare.

Era una carta ancora non assegnata. Forse anche un sei, ma di briscola, come tutti noi. E le briscole sono sempre necessarie, anche le più piccole. Egor era già stato nel Crepuscolo, una prima volta nel tentativo di vedermi, e una seconda per sfuggire alla vampira. Una combinazione tutt'altro che felice, per la verità. Tutt'e due le volte era stato guidato dal terrore, e, non c'è che dire, il suo futuro era quasi predeterminato. Poteva resistere ancora per qualche anno al confine tra gli umani e gli Altri, ma la sua strada lo portava alle Tenebre.

Era meglio guardare negli occhi la verità.

Probabilmente sarebbe diventato un mago delle Tenebre. E non aveva nessuna importanza se per il momento era un bravo ragazzino simile a tanti altri. Se fossi sopravvissuto, in caso di un nostro incontro avrei dovuto chiedergli i documenti o presentargli i miei.

Probabilmente Zavulon era in grado di influenzarlo. Di dirigerlo nel punto in cui mi trovavo io. Questo implicava che fosse perfettamente al corrente anche della mia posizione. Ma questo me l'aspettavo.

Soltanto, aveva un senso quel nostro incontro "casuale"?

Considerando la dichiarazione dell'operatore informatico, e cioè il fatto che la zona dell'Esposizione Permanente non fosse ancora stata controllata, avrei detto di sì. Avrei potuto farmi venire la bella idea di servirmi del ragazzino, nascondendomi a casa sua o mandandolo a cercare aiuto. Avrei potuto dirigermi a casa sua. Giusto?

Troppo complicato. Esagerato. Prendermi sarebbe stato comunque facile. C'era qualcosa che mi sfuggiva, ed era la cosa più importante.

Mi incamminai lungo la strada, senza più voltarmi a guardare la torre, sede per quel giorno di una pacchiana imitazione del quartier generale delle Tenebre, senza pensare al corpo sfigurato del mago-agente finito da qualche parte ai suoi piedi. Che cosa volevano da me? Che cosa? Proviamo a ricominciare da qui.

Usarmi come esca. Catturarmi. Ma catturarmi in modo tale che non ci fosse il minimo dubbio sulla mia colpevolezza: obiettivo, quest'ultimo, che di fatto erano riusciti a realizzare.

E poi… Svetlana non avrebbe resistito. Potevamo difendere lei e i suoi parenti. Ma non avevamo il potere di intervenire nelle sue decisioni. E se avesse tentato di salvarmi, di strapparmi dai sotterranei della Guardia del Giorno, o di rapirmi dall'aula del Tribunale, l'avrebbero eliminata, in fretta e senza esitazioni. Tutto il gioco era basato su una sua probabile mossa falsa. Ed era stato architettato da tanto tempo, da quando il mago delle Tenebre Zavulon aveva visto la futura comparsa della Grande Maga e il ruolo che sarebbe toccato a me. Allora erano state preparate le trappole. La prima non aveva funzionato. La seconda aveva già spalancato le sue fauci avide. Ed era possibile che ce ne fosse anche una terza.

Ma cosa c'entrava il ragazzino, per ora ancora incapace di manifestare i suoi poteri magici?

Mi fermai.

Anche lui apparteneva alle Tenebre, no?

E chi erano gli agenti delle Tenebre che venivano uccisi? I più deboli e incapaci, quelli che non avevano la volontà di sviluppare i loro poteri.

Dunque poteva essere un altro cadavere da segnare sulla mia lista… ma che senso aveva?

Non lo sapevo. Però del fatto che il ragazzino era condannato e che il nostro incontro nel metrò non era stato casuale ero assolutamente certo. Forse ero stato visitato da un'altra premonizione, o forse era semplicemente un altro elemento di quel gigantesco puzzle che andava al suo posto.

Egor sarebbe perito.

Ricordai come mi aveva guardato dalla banchina della metropolitana, con la fronte aggrottata, desiderando nello stesso tempo chiedermi qualcosa e insultarmi, gridandomi ancora una volta quelle verità sulle Guardie che aveva scoperto troppo presto. E come poi si era voltato ed era corso verso il treno.

«Ma c'è qualcuno che vi difende, vero? La vostra Guardia?»

«Ci prova.»

Certo che ci provava. Avrebbe cercato il Selvaggio fino all'ultimo.

Ma ecco la risposta!

Mi bloccai, stringendomi la testa tra le mani. Luce e Tenebre, come ero stupido! Come ero irrimediabilmente ingenuo!

Finché il Selvaggio era vivo, non avrebbero fatto scattare la tagliola. Non bastava spacciarmi per uno psicopatico, per un assassino dei maghi della Luce. Volevano anche annientare il vero Selvaggio.

Le Forze delle Tenebre, o per lo meno Zavulon, sapevano chi era. Non solo, erano addirittura in grado di controllarlo. E gli offrivano le prede giuste: maghi da cui non avrebbero tratto grandi vantaggi. Adesso quello del Selvaggio non era nemmeno più il solito eroico duello con le Tenebre: andava a combattere a ragion veduta. Le Forze delle Tenebre lo circondavano da tutte le parti: prima il mutantropo, poi il mago al ristorante e adesso il ragazzino. Probabilmente aveva l'impressione che tutto il mondo stesse impazzendo, che si stesse avvicinando l'Apocalisse, che le Forze delle Tenebre avessero conquistato il mondo. Non avrei voluto essere al suo posto.

Il mutantropo l'avevano sacrificato per potere presentare la loro protesta e indicare chi era l'accusato. Il mago delle Tenebre per incastrarmi definitivamente e avere il diritto alla formalizzazione dell'accusa e all'arresto. Il ragazzo per eliminare finalmente il Selvaggio, che aveva ormai esaurito la sua funzione. Saltare fuori all'ultimo momento, coglierlo ancora davanti al cadavere, eliminarlo troncandogli ogni possibilità di fuga o di resistenza: lui infatti non si rendeva conto che combattevamo secondo una serie di regole, e non si sarebbe mai arreso né avrebbe ubbidito a un ordine di un ignoto "Guardiano del Giorno".

Dopo la morte del Selvaggio non avrei più avuto scampo. O acconsentivo al rovesciamento della memoria o sarei stato costretto a trasmigrare nel Crepuscolo. E in ogni caso Svetlana si sarebbe gettata in mio aiuto.

Rabbrividii.

Avevo freddo. Comunque avevo freddo. Avevo avuto l'impressione che l'inverno fosse completamente finito, ma era solo un'impressione.

Alzando una mano fermai una macchina di passaggio. Guardai il guidatore negli occhi e ordinai: — Andiamo.


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