L'Agape, il segno dell'amore… ma lui non crede nell'amore.
La tripla chiave, generatrice di fiducia e di comprensione… ma lui non si fida di me.
L'oppio, il fumo violetto, la via del sonno… e sentii che già le palpebre mi si chiudevano.
Ecco come neutralizzava le Forze delle Tenebre. La sua fede furibonda, unita ai celati poteri di Altro, funzionava come uno specchio. Restituiva il colpo ricevuto. Si metteva al livello dell'avversario. E questo, insieme al potere di vedere le Tenebre e a quell'assurdo pugnale magico, gli garantiva in pratica l'invulnerabilità.
No, naturalmente non avrebbe potuto restituire qualsiasi colpo. I colpi non ritornavano proprio immediatamente. Il segno di Tanatos, la morte, o la spada bianca probabilmente avrebbero funzionato.
Solo che, uccidendo lui, uccidevo me stesso. Mi dirigevo verso l'unica strada a cui siamo tutti condannati: il Crepuscolo. Tra i pallidi sogni, tra le illusioni incolori, nell'eterna gelida nebbia. Non avevo la forza di considerarlo un nemico, la condizione che lui mi aveva assegnato con tanta facilità.
Ruotavamo avvinghiati, ogni tanto Maksim tentava un attacco, con scarsi risultati. In effetti non aveva mai combattuto con nessuno, era abituato a uccidere le proprie vittime in modo facile e rapido. E da un luogo lontano lontano udii la risata di scherno di Zavulon. E poi la sua voce morbida, insinuante: "Hai deciso di giocare contro le Tenebre? Gioca. Hai tutto quello che ti serve. Amici e nemici, amore e odio. Scegli la tua arma. Quella che preferisci. Tanto sai già il risultato. Adesso lo sai."
Forse quella voce me l'ero soltanto immaginata. O forse era risuonata davvero.
— Così uccidi anche te stesso! — gridai. La fondina mi picchiava sul petto, come se volesse chiedermi di prendere la pistola e di sparare contro Maksim uno sciame di piccole vespe d'argento. Con la stessa facilità con cui l'avevo fatto quando mi ero trovato ad affrontare il mio omonimo.
Non mi sentì… non era in grado di sentirmi.
"Sveta, tu eri così ansiosa di sapere quali sono i nostri limiti, qual è il confine che non dobbiamo superare, combattendo contro le Tenebre. Perché non sei qui adesso? Vedresti e capiresti subito tutto."
Però nelle vicinanze non c'era proprio nessuno, né delle Forze delle Tenebre, che avrebbero potuto godersi quello spettacolo, né delle Forze della Luce, che avrebbero potuto aiutarmi, intervenire, immobilizzare Maksim. interrompere la nostra danza mortale nel Crepuscolo. Solo il ragazzo, che adesso si stava goffamente rialzando, un futuro mago delle Tenebre, e l'implacabile boia dal volto di pietra, non richiesto paladino della Luce. Causa di futuri mali non meno di una dozzina di mutanti o di vampiri.
Afferrai un po' di quella gelida nebbia che mi fluiva tra le mani. Le permisi di essere risucchiata dalle mie dita. E riversai un po' più di forza nella mano sinistra.
Da quel palmo sorse una bianca sciabola incandescente. Il Crepuscolo sibilò ardendo. Sollevai la spada bianca, un'arma semplice e infallibile. Maksim si bloccò.
— Il Male, il Bene. — Sul mio viso apparve un ghigno nuovo, un po' sbilenco. — Vieni da me. Vieni, e ti ammazzo. Puoi essere tre volte Luce, ma non è questo che conta.
Con un altro magari avrebbe funzionato. Credo di sì. Immagino l'impressione che deve fare veder nascere dal nulla una sciabola infuocata. Ma Maksim venne verso di me.
E così fece i cinque passi che ci separavano. Tranquillamente, senza accigliarsi, senza guardare la spada bianca. E io rimasi lì, continuando a ripetere fra me le parole che avevo pronunciato poco prima con tanta facilità e sicurezza.
Poi il pugnale di legno mi colpì sotto le costole.
Lontano lontano, nella sua tana, il capo dei Guardiani del Giorno, Zavulon, quasi soffocava dalle risate.
Crollai in ginocchio, poi caddi supino. Mi premetti una mano contro il petto. Mi faceva male, per adesso soltanto male. Il Crepuscolo strillò indignato, percependo il sangue vivo, e cominciò a dissiparsi.
Che peccato, però!
O forse era proprio quella l'unica via di scampo che mi era concessa? Morire?
Svetlana non avrebbe più avuto nessuno da salvare. Avrebbe percorso la sua strada, lunga e gloriosa, e prima o poi anche lei sarebbe entrata per sempre nel Crepuscolo.
Geser, forse tu lo sapevi? Era proprio questo che speravi?
Il mondo riacquistava colore. Un colore cupo, notturno. Il Crepuscolo mi aveva risputato insoddisfatto, mi aveva rifiutato. Io ero ancora lì semisdraiato, con le mani sulla ferita che continuava a perdere sangue.
— Perché sei ancora vivo? — mi chiese Maksim.
Di nuovo risuonava nella sua voce una nota di offesa infantile: ci mancava solo che mettesse il broncio. Avrei voluto sorridere, ma il dolore me lo impedì. Maksim guardò il pugnale e con aria incerta lo sollevò di nuovo. In quell'istante comparve Egor. Si levò tra noi due, allontanandomi da Maksim. A questo punto il dolore non mi impedì di ridere.
Un futuro mago delle Tenebre che salva un mago della Luce da un altro mago della Luce!
— Sono ancora vivo perché la tua arma funziona solo contro le Tenebre — dissi. Nel petto qualcosa aveva cominciato a gorgogliare. Il pugnale non era arrivato al cuore, ma mi aveva lacerato un polmone. — Non so chi te l'abbia dato. Ma è un'arma contro le Tenebre. Contro di me è poco più di una scheggia, anche se riesce lo stesso a far male.
— Tu sei un mago della Luce — disse Maksim.
— Sì.
— Lui è un mago delle Tenebre. — Girò lentamente il pugnale verso Egor.
Cercai di trascinare via il ragazzino, ma quello scosse la testa con espressione caparbia e rimase al suo posto.
— Perché? — chiese Maksim. — Su, perché? Tu sei un mago della Luce, lui delle Tenebre…
Per la prima volta da quando ci eravamo incontrati sorrise, sia pure senza allegria. — E io chi sono allora? Dimmelo.
— Credo che tu sia il futuro Inquisitore — sentii che rispondeva qualcuno alle mie spalle. — Ne sono quasi sicuro. Il potente, spietato, incorruttibile Inquisitore.
Gettai una rapida occhiata in quella direzione e dissi: — Buona sera, Geser.
Il Capo mi fece un cenno con aria compassionevole. Dietro di lui c'era Svetlana, il viso bianco come gesso.
— Puoi resistere cinque minuti? — mi chiese il Capo. — Poi mi occupo della tua ferita.
— Certo che resisto — lo rassicurai.
Maksim guardava il Capo, con occhi fissi e come folli.
— Credo che tu non abbia nulla da temere — gli disse il Capo. — Certo, un cacciatore di frodo normalmente viene giustiziato dal Tribunale. Sulle tue mani c'è anche troppo sangue delle Tenebre, e il Tribunale dovrebbe ristabilire l'equilibrio. Ma tu sei magnifico, Maksim. I maghi come te non si possono eliminare. Tu sarai al di sopra di noi, della Luce e delle Tenebre, e non avrà più importanza da che parte sei giunto. Ma non credere che sia un posto di potere! È una prigione! E adesso getta il pugnale!
Maksim scagliò a terra la sua arma come se gli scottasse tra le dita. Ecco cosa sa fare un vero mago.
— Svetlana, tu hai resistito. — Il Capo guardò la ragazza. — Che cosa posso dirti? Terzo livello per autocontrollo e resistenza. Senza dubbio.
Cercai di alzarmi, appoggiandomi a Egor. Avevo proprio voglia di stringere la mano al Capo. Anche questa volta aveva giocato da par suo. Aveva usato tutti quelli che gli erano capitati sottomano. E aveva beffato Zavulon… che peccato che non fosse lì! Come avrei voluto vedere la sua faccia, la faccia del demone che aveva trasformato il mio primo giorno di primavera in un incubo spaventoso.
— Ma… — Maksim cercò di dire qualcosa, ma rinunciò quasi subito. Anche sulle sue spalle pesavano troppe cose, quel giorno. Capivo perfettamente come si doveva sentire.
— Ero sicuro, Anton, assolutamente sicuro che sia tu che Svetlana ce l'avreste fatta — disse dolcemente il Capo. — La cosa più pericolosa per una maga della sua forza è la perdita dell'autocontrollo. La perdita dei criteri nella lotta contro le Tenebre, l'eccessiva fretta o, al contrario, l'indecisione. E questa fase dell'addestramento non si può in nessun modo rimandare.