Non ci credo!
Vi ho visti tutti. Portinai e presidenti, sbirri e banditi. Ho visto come le madri picchiano i propri figli e come i padri stuprano le proprie figlie. Ho visto come i figli cacciano via di casa le proprie madri e come le figlie somministrano l'arsenico ai propri padri. Ho visto come, non appena chiusa la porta alle spalle degli ospiti, senza smettere di sorridere il marito picchia in viso la moglie incinta. Ho visto come, chiusa la porta alle spalle de! marito ubriaco, corso al supermercato per comprare altra roba da bere, la moglie bacia e abbraccia avidamente il migliore amico di lui. Vedere è molto semplice. Bisogna saper guardare. Perché a noi, prima ancora che a guardare attraverso il Crepuscolo, viene insegnato a non guardare.
Eppure guardiamo lo stesso.
Gli uomini sono deboli, vivono poco, hanno paura di tutto. Non ci è concesso di disprezzarli e odiarli delittuosamente. Possiamo soltanto amarli, compatirli e proteggerli. È il nostro lavoro e il nostro dovere. Noi siamo la Guardia.
Non ci credo!
Non permetterai a nessuno di commettere una bassezza. Non li si può far cadere nel fango, ci cadono da soli. Quali che siano le circostanze, non ci sono né si prevedono giustificazioni. Eppure le cercano e le trovano. Così gli uomini sono stati istruiti. E si sono rivelati tutti allievi diligenti.
Ma noi, certo, siamo solo i migliori tra i migliori.
Sì, certo, naturalmente c'è stato, c'è e ci sarà chi non diventa un Altro, ma trova il modo di restare umano. Solo che sono pochi, molto pochi. Può essere che noi abbiamo paura di guardarli più attentamente? Che abbiamo paura di ciò che potremmo scoprire?
— Vivere per voi? — domandai. Il bosco taceva, era d'accordo con ogni mia parola.
Perché dovremmo sacrificare tutto? Noi stessi e coloro che amiamo?
Per chi non lo saprà mai, né mai lo apprezzerà?
E se anche lo venisse a sapere, l'unica ricompensa che riceveremmo sarebbe un dondolamento meravigliato della testa e l'esclamazione: "Idioti!"
Può forse bastare mostrare una sola volta all'umanità cosa sono gli Altri? Cosa può un solo e unico Altro, non vincolato al Patto e sfuggito al controllo della Guardia?
Sorrisi persino, nell'immaginarmi tutta la scena. Una scena generica, non riferita a me personalmente: mi fermerebbero in fretta. Come qualsiasi Grande Mago o Grande Maga che decidesse di infrangere il Patto e svelare al mondo il mondo degli Altri.
Succederebbe un bel casino!
Nessun nemico extraterrestre che s'insediasse contemporaneamente alla Casa Bianca e al Cremlino potrebbe combinare niente di paragonabile.
No, naturalmente.
Non è questa la mia strada.
Anzitutto perché non mi interessa né il dominio del mondo né il disordine universale.
Io voglio una cosa sola: che alla donna che amo non venga permesso di sacrificarsi. Perché la strada dei Grandi è esattamente il sacrificio. Le forze immani che essi acquisiscono li trasformano completamente.
Noi non siamo del tutto umani. Ciò nonostante, ci ricordiamo di esserlo stati. E siamo ancora in grado di provare gioia e tristezza, di amare e odiare. I Grandi Maghi oltrepassano i confini delle emozioni umane. Certo ne sperimentano di nuove, ma la loro comprensione ci è preclusa. Persino Geser, mago non classificabile, non appartenente ai Grandi. Ol'ga però non è riuscita a diventare una Grande Maga.
Hanno sbagliato qualcosa. Non sono riusciti a condurre fino in fondo l'imponente operazione di lotta contro le Tenebre.
E adesso sono pronti a mandare sulla breccia una nuova candidata.
Per gli uomini, che se ne fregano della Luce e delle Tenebre.
La fanno passare per tutti i gironi che un Altro è tenuto ad attraversare. In virtù della sua forza, l'hanno già elevata al terzo livello; ora ne perfezionano la coscienza. A un ritmo rapidissimo.
Di sicuro, in questa furiosa corsa verso un obiettivo imperscrutabile, c'è posto anche per me. Geser usa qualsiasi cosa gli capiti sottomano, me compreso. Qualunque cosa io faccia, che io vada a caccia di vampiri, mi metta sulle tracce di un selvaggio o frequenti Sveta sotto le sembianze di Ol'ga: tutto ciò gioca a vantaggio del Capo.
Anche adesso, sicuramente, qualsiasi cosa facessi sarebbe già stata prevista.
L'unica speranza è che persino a Geser non sia concesso di prevedere tutto.
Che io riesca a trovare l'unica azione in grado di scombinare il suo piano. Il grande piano delle Forze della Luce.
Ma senza provocare il Male. Perché allora mi aspetterebbe il Crepuscolo.
Mi resi conto che stavo premendo il viso contro il tronco di un piccolo pino striminzito. Me ne stavo impalato e tempestavo di pugni l'albero. Per la rabbia, o forse per il dolore. Fermai la mano, tutta graffiata e sanguinante. Ma il rumore non cessò. Veniva dal bosco, proprio dal limite della barriera magica. Una serie di colpi ritmici, un suono nervoso.
Mi curvai e cominciai a correre. In effetti intuivo cosa avrei visto.
In una piccola radura si dimenava una tigre. Femmina, per la precisione. La pelliccia nera e arancione luccicava ai raggi del sole nascente. La tigre non mi vedeva, non vedeva nulla e nessuno, in quel momento. Correva tra gli alberi e i pugnali acuminati dei suoi artigli strappavano la corteccia. Di tanto in tanto si arrestava, si alzava sulle zampe posteriori e con gli artigli cominciava a scorticare i fusti.
Lentamente tornai sui miei passi.
Ciascuno di noi si svaga come può. Ciascuno di noi lotta non solo contro le Tenebre, ma anche contro la Luce. Perché a volte acceca.
Solo, non bisogna compatirci: noi siamo molto, molto orgogliosi. Siamo i soldati della guerra mondiale tra il Bene e il Male. Siamo gli eterni volontari.
Capitolo 4
Il ragazzo entrò nel ristorante con piglio sicuro, come se lo frequentasse ogni giorno a colazione. Ma non era così.
Si diresse subito verso un tavolino, a cui sedeva un uomo basso, olivastro, quasi si conoscessero da tempo. Peraltro, nemmeno questo era vero. Fatto un altro passo, si piegò dolcemente sulle ginocchia. Non stramazzò, non si prosternò: si piegò tranquillamente, senza perdere la dignità né curvare la schiena.
Passandogli vicino, il cameriere deglutì e si girò. Ne aveva viste di tutti i colori, altro che bazzecole come uno scagnozzo servilmente prostrato davanti a un boss. Anche se in verità il ragazzo non somigliava a uno scagnozzo, né l'uomo a un boss.
E le seccature, di cui avvertiva l'odore, solitamente minacciavano di diventare qualcosa di più serio che non un regolamento di conti tra banditi. Non sapeva esattamente cosa stesse per accadere, ma lo percepiva, perché egli stesso era un Altro, sebbene non iniziato.
Comunque un istante dopo dimenticò del tutto la scena cui aveva assistito. Qualcosa di indistinto gli batté forte nel cuore, ma cosa fosse se l'era già scordato.
— Alzati, Ališer — disse piano Geser. — In piedi. Da noi non si usa.
Il ragazzo si rialzò e si sedette di fronte al Capo della Guardia della Notte. Annuì. — Nemmeno da noi. Ora non si usa più. Ma mio padre mi ha pregato di inginocchiarmi davanti a te, Geser. Era fedele alle vecchie regole. Lui si sarebbe inginocchiato. Ma ormai non potrà più farlo.
— Sai come è morto?
— Sì. L'ho visto con i suoi occhi, l'ho sentito con le sue orecchie, l'ho provato con il suo dolore.
— Il suo dolore sia il mio, Ališer, figlio di devona e di donna.
— Ti sia concesso ciò che chiedi, Geser, sradicatore del Male, pari agli dei.
Si guardarono negli occhi. Poi Geser annuì. — Conosco gli assassini. Tuo padre sarà vendicato.
— Voglio essere io a farlo.
— No. Non puoi e non ne hai il diritto. Siete venuti a Mosca illegalmente.
— Prendimi nella tua Guardia, Geser. L'altro scosse la testa.
— Ero il migliore a Samarcanda, Geser. — Il ragazzo lo fissò con attenzione. — Non sorridere, lo so che qui sarò l'ultimo. Prendimi nella Guardia. Come allievo dei tuoi allievi. Come un cane alla catena. Te lo chiedo per la memoria di mio padre: prendimi nella Guardia.