«Non c’è niente che non va nello zimovitello» rispose Jessie, stringendo le labbra. «Mangia quello che ti si mette davanti e non fare commenti.»
Era ovvio che il piatto del giorno era di nuovo zimovitello.
Baley si mise a sedere. Anche lui avrebbe preferito qualcos’altro, perché gli enzimi avevano un gusto acre e lasciavano un sapore che non andava via facilmente. Ma Jessie aveva già spiegato il problema.
«Non posso, Lije, non posso» gli aveva detto. «Vivo qui tutto il giorno e non posso farmi dei nemici, o la vita diventerà insopportabile. Sanno che sono stata aiuto dietologa, e se tornassi ogni giorno con pollo o bistecca quando su questo livello non c’è nessuno che abbia il permesso di mangiare a casa sua, nemmeno la domenica, direbbero che ho rubato o che ho le raccomandazioni. Comincerebbero a parlare, parlare, parlare e non potrei nemmeno andare al Personale in pace. In definitiva zimovitello e protoverdure sono alimenti buoni, completi e senza sprechi. Se lo vuoi sapere contengono vitamine, minerali e tutto quello di cui si ha bisogno. Il pollo lo possiamo avere quando mangiamo in comunità, il giovedì.»
Baley aveva ceduto facilmente. Era proprio come diceva Jessie: il problema principale della vita era ridurre al minimo i motivi di attrito con la folla enorme che premeva da ogni parte. Bentley era più duro da convincere.
Quella sera, disse: «Mamma, perché non posso usare il tagliando di papà e andare a mangiare in comunità da solo? Lo farei subito».
Jessie scosse la testa seccata e disse: «Mi meraviglio di te, Bentley. Che penserebbe la gente se ti vedesse mangiare da solo? Che la tua famiglia ti maltratta o che ti ha buttato fuori di casa, non è così?».
«Be’, perdio, non sono fatti loro.»
Baley lo riprese in tono nervoso: «Fai come dice tua madre, Bentley».
Bentley si strinse nelle spalle, infelice.
Dal suo angolo R. Daneel chiese all’improvviso: «Ho il permesso di vedere questi librofilm mentre mangiate?».
«Certo» rispose Bentley, scivolando da tavola con un’espressione di immediato interesse. «Sono miei. La biblioteca me li ha dati con regolare permesso della scuola. Le darò il mio visore, è molto buono. Me lo ha regalato mio padre per il compleanno.»
Lo portò a R. Daneel e disse: «Lei si interessa di robot, signor Olivaw?».
Baley fece cadere il cucchiaio e si chinò per raccoglierlo.
R. Daneel disse: «Sì, Bentley. Mi interessano».
«Allora questi le piaceranno. Spiegano tutto sui robot. Ho scritto un tema su di loro e adesso sto facendo una ricerca.» Aggiunse, con aria d’importanza: «È un argomento complesso, ma per parte mia sono contrario a quei cosi».
«Vieni a sederti, Bentley» disse Baley disperato. «Non seccare il signor Olivaw.»
«Non mi secca affatto, Elijah. Una volta o l’altra mi piacerebbe parlare con te del problema, Bentley. Stasera, purtroppo, tuo padre e io saremo occupati.»
«Grazie, signor Olivaw.» Bentley tornò a sedere, lanciò un’occhiata di disgusto a sua madre e tagliò con la forchetta un boccone di zimovitello, roseo e facile a sbiciolarsi.
Baley pensò: "Saremo occupati?".
Poi, di colpo, ricordò l’incarico che gli avevano assegnato. Pensò allo Spaziale morto a Spacetown e si rese conto che per qualche ora era stato talmente assorbito dalla nuova situazione da dimenticare la fredda realtà del delitto.
V
Analisi di un omicidio
Jessie li salutò. Indossava un cappello piuttosto formale e un giacchino di keratofibra, e disse: «Spero che vorrà scusarmi, signor Olivaw. So che ha molte cose da discutere con Lije».
Aprì la porta e spinse il ragazzo davanti a sé.
«Quando tornerai, Jessie?» chiese Baley.
Lei rifletté: «Quando vuoi che torni?».
«Be’… È inutile òhe stia fuori tutta la notte. Torna alla solita ora, mezzanotte o giù di lì.» Dette una occhiata dubbiosa a R. Daheel.
L’automa annuì. «Mi spiace di costringerla a lasciare la casa.»
«Non si preoccupi di questo, signor Olivaw. Non mi costringe, è la mia serata con le amiche. Andiamo, Ben.»
Il ragazzo era recalcitrante. «Ah, ma perché devo venire anch’io? Non darò nessun fastidio a papà, promesso.»
«Fai come ti dico.»
«Allora perché non andiamo a vedere l’eterica?»
«Perché io ho appuntamento con le ragazze e tu hai altre cose…» Si chiuse la porta alle spalle.
Era venuto il momento. Finora Baley aveva rimandato il pensiero, perché gli era parso più importante studiare il robot e vedere come si comportava. Ma anche dopo aveva continuato a rimandare: portiamolo a casa, si era detto. E poi: mettiamoci a mangiare.
Ora che i preliminari erano finiti, non si poteva rimandare più. C’era il problema dell’omicidio, delle complicazioni interstellari, di una possibile promozione o di un possibile declassamento. E non c’era altra via, per cominciare, che chiedere l’aiuto dell’automa.
Picchiettò le unghie sul tavolo, che dopo cena non era stato spinto nel muro.
R. Daneel chiese: «Siamo sicuri di non essere spiati?».
Baley lo guardò meravigliato. «Nessuno si sognerebbe di ascoltare quello che avviene in un altro appartamento.»
«Non è vostra abitudine origliare?»
«È una cosa che non si fa, Daneel. Sarebbe come… non lo so… guardare nel piatto di un altro mentre mangia.»
«O come commettere omicidio?»
«Eh?»
«È contrario alla vostra etica uccidere, non è vero, Elijah?»
Baley sentì la rabbia salire. «Sentimi bene, se dobbiamo collaborare cerca di non imitare il tono arrogante degli Spaziali. Non sei fatto per questo, R. Daneel.» E non poté fare a meno di sottolineare la "R".
«Mi dispiace di aver urtato i tuoi sentimenti, Elijah. Volevo solo farti notare che, essendo capaci ogni tanto di infrangere il codice per commettere un omicidio, gli esseri umani potrebbero ugualmente macchiarsi del reato di origliare.»
«L’appartamento è isolato» disse Baley, ancora imbronciato. «Non hai sentito rumori dagli altri appartamenti, giusto? Be’, lo stesso vale per loro. Non possono sentirci. E poi, perché dovrebbero pensare che ci stiamo dicendo qualcosa di particolare?»
«Non sottovalutiamo il nemico.»
Baley si strinse nelle spalle. «Cominciamo. Le informazioni che ho sono molto sommarie, perciò posso mostrarti le mie carte senza pericolo. So che un uomo di nome Roj Nemennuh Sarton, un cittadino del pianeta Aurora residente a Spacetown, è stato ucciso da persona o persone ignote. Mi è stato detto che secondo gli Spaziali non si tratterebbe di un episodio isolato. È giusto?»
«Abbastanza giusto, Elijah.»
«Il delitto sarebbe collegato ai recenti tentativi di sabotare un progetto caro agli Spaziali; quello di trasformare la Terra in una società integrata di uomini e automi sul modello dei Mondi Esterni. Secondo Spacetown, gli esecutori del delitto sarebbero una banda di terroristi organizzati.»
«Infatti.»
«Va bene. Tanto per cominciare, la teoria degli Spaziali dev’essere giusta per forza? L’assassino non potrebbe essere un fanatico isolato? Sulla Terra ci sono forti sentimenti anti-robot, ma non esistono fazioni che predichino una violenza spinta a questo punto.»
«Non apertamente, forse. No.»
«Anche ammettendo l’esistenza di un’organizzazione dedita alla distruzione dei robot e delle fabbriche che li costruiscono, questa si renderebbe conto che uccidere uno Spaziale sarebbe un errore gravissimo. Mi sembra più probabile, perciò, che il fatto sia opera di una mente squilibrata.»
R. Daneel ascoltò attentamente e disse: «Credo che le probabilità siano contro la teoria del pazzo. La persona eliminata è stata scelta troppo bene e il momento per ucciderla era indubbiamente il più indicato: tutto questo fa pensare ai meticolosi piani di un gruppo organizzato».
«In tal caso tu hai più informazioni di me. Sputale fuori!»