Baley le dette un’occhiata triste: «E non me l’hai mai detto?»

La voce di Jessie tremò: «Mi dispiace, Lije.»

«Non serve dispiacersi. Voglio che tu mi dica tutto delle riunioni, a cominciare da dove si svolgevano.»

Sentiva una specie di insolito distacco, un ottundimento delle emozioni. Ciò che aveva cercato disperatamente di non credere era vero, drammaticamente e tangibilmente vero. In un certo senso, comunque, era un sollievo essere usciti dall’incertezza.

Lei riprese: «Quaggiù».

«Quaggiù? Vuoi dire in questo posto, eh?»

«Qui, sull’autostrada. Ecco perché non volevo scenderci. Era un posto ideale per le riunioni. Ci incontravamo…»

«In quanti?»

«Non sono sicura, sessanta o settanta. L’appuntamento era su una diramazione locale, una specie di uscita. Avevamo sedie a sdraio e bibite, e poi qualcuno faceva un discorso; l’argomento era la vita dei vecchi tempi, e com’era bella e invidiabile, e come un giorno ci saremmo liberati dei mostri, cioè i robot e gli Spaziali. I discorsi erano noiosi, anche perché dicevano sempre la stessa cosa, ma li sopportavamo. La cosa più importante era incontrarsi, stare insieme. Giuravamo sulla causa comune e avevamo un codice tutto nostro per salutarci all’esterno.»

«E non venivate mai interrotti? Non passava mai un’autopattuglia o un camion dei pompieri?»

«No, mai.»

R. Daneel domandò: «Questo è insolito, Elijah?».

«Forse no» rispose l’altro, pesieroso. «Ci sono delle uscite che non vengono più usate, tutto sta a sapere quali. Alle riunioni non succedeva altro, Jessie? Solo discorsi e giochetti da cospiratori?»

«Solo questo. A volte qualcuno cantava, e, naturalmente, bevevamo insieme. I rinfreschi non erano granché: sandwich e succhi.»

«In tal caso» disse lui, quasi brutale «cos’è che ti preoccupa tanto?»

Jessie s’incupì. «Sei arrabbiato.»

«Per favore» disse Baley, con una pazienza di ferro «rispondi alla domanda. Se tutto era così innocente, perché da un giorno e mezzo hai perso la pace?»

«Pensavo che ti avrebbero fatto del male, Lije. Per l’amor di Dio, perché fai finta di non capire? Te l’ho già spiegato.»

«No, non hai spiegato proprio niente. Non ancora. Mi hai detto che facevi parte di un’innocua setta di sovversivi da caffè. Hanno mai fatto dimostrazioni violente? Hanno mai distrutto robot? Hanno provocato disordini o ucciso persone?»

«No! Lije, io non farei mai un’azione del genere. Non sarei rimasta con loro credimi.»

«E allora, perché dici che hai fatto una cosa terribile? Perché pensi che ti possano mandare in prigione?»

«Be’… Alle riunioni si parlava spesso del giorno in cui avremmo dovuto esercitare pressioni sul governo. Dovevamo prima organizzarci e poi realizzare grandi scioperi, paralizzare il lavoro. Avremmo costretto il governo a mettere al bando i robot e ricacciato gli Spaziali da dov’erano venuti. Pensavo che fossero tutte parole, ma poi è cominciata questa storia; tu e Daneel, voglio dire. "Ora ci metteremo in azione", hanno detto i miei compagni. "Daremo un esempio e fermeremo l’invasione dei robot." Ho sentito queste parole al Personale; i miei compagni non sapevano che stavano parlando di mio marito, ma io l’ho capito subito.»

Non riuscì a continuare.

Baley si addolcì. «Andiamo, Jessie. Non è stato niente, solo parole. Lo vedi, no, che siamo sani e salvi?»

«Ho avuto tanta… paura. E ho pensato: io faccio parte della banda. Se ci saranno sabotaggi e uccisioni, se tu e Bentley correrete un pericolo mortale, la colpa sarà mia… Oh, dovrebbero mandarmi in prigione!»

Baley la fece sfogare tenendole un braccio intorno alla spalla, poi dette un’occhiata a R. Daneel senza dire niente. Daneel restituì lo sguardo, tranquillamente.

«Devo pensare, Jessie. Chi è il capo del gruppo?»

Lei era più tranquilla e si asciugò gli occhi con un lembo del fazzoletto. «Un certo Joseph Klemin, ma è una nullità. È alto menò di un metro e settanta e dev’essere di quelli che a casa le buscano dalla moglie. Non credo che ci sia niente di pericoloso, in lui. Non lo arrestrai, vero, Lije? Mi sentirei una spia.» Era angosciata dai sensi di colpa.

«Non arresterò nessuno, per il momento. Ma Klemin come riceveva le istruzioni?»

«Non lo so.»

«C’erano mai degli sconosciuti alle riunioni? Sai che voglio dire: agenti del quartier generale, caporioni.»

«A volte i discorsi venivano fatti da sconosciuti. Non molto spesso, un paio di volte all’anno.»

«Sai come si chiamavano?»

«No, venivano sempre presentati come "uno di noi" o "un amico da Jackson Heights" o un altro posto qualsiasi.»

«Capisco. Daneel!»

«Sì, Elijah» disse R. Daneel.

«Descrivile gli uomini che hai individuato. Vediamo se Jessie li riconosce.»

R. Daneel recitò le descrizioni degli indiziati con esattezza clinica. Jessie ascoltò sbalordita quell’incredibile elenco di osservazioni fisiche, ma scosse la testa con fermezza.

«È inutile, inutile» gridò. «Come faccio a ricordare? Come faccio a sapere che faccia avevano, tutti quanti?»

Poi fece una pausa e rifletté. «Hai detto che uno di loro era un coltivatore di lieviti?»

«Francis Clousarr» disse R. Daneel «è un dipendente della Lieviti Newyorchesi.»

«Be’, una volta un uomo fece un discorso e io sedevo in prima fila. Sentii un odore di lievito grezzo, sì, una cosa da poco ma che notai. E la ragione per cui lo notai è che quel giorno avevo lo stomaco sottosopra e l’odore mi faceva sentir male. Dovetti alzarmi e andare verso il fondo, ovviamente senza spiegare agli altri il perché; fu molto imbarazzante. Forse è quello l’uomo di cui parlate. Se uno lavora con i lieviti tutto il tempo è naturale che l’odore gli si attacchi addosso.» Arricciò il naso.

«Non ricordi com’era?» chiese Baley.

«No» rispose lei con decisione.

«Va bene, Jessie, adesso ti accompagno da tua madre. Bentley starà con te e nessuno dei due lascerà il settore. Ben non deve andare a scuola; farò in modo che vi portino i pasti in casa e che i corridoi intorno all’appartamento siano sorvegliati dalla polizia.»

«E tu?» chiese Jessie.

«Non correrò rischi.»

«Ma quanto durerà?»

«Non lo so. Forse solo un giorno o due.» Le parole suonavano false perfino a lui.

Baley e R. Daneel erano di nuovo sull’autostrada, stavolta soli. La faccia di Baley era scura per la concentrazione.

«Mi sembra» disse «che ci troviamo di fronte a un’organizzazione che opera a due livelli. Il primo è un livello terra-terra, senza programmi specifici e che serve essenzialmente a garantire l’appoggio di massa nel caso di un colpo di mano. Il secondo è costituito da un’avanguardia selezionatissima, ed è quella che dobbiamo smascherare. I ribelli da operetta che frequenta Jessie possono essere ignorati.»

«Tutto questo» ribatté R. Daneel «se il racconto di tua moglie è autentico.»

«Credo» disse Baley irrigidendosi «che la versione di Jessie sia completamente fedele.»

«Così pare» commentò R. Daneel. «Nei suoi impulsi cerebrali non c’è nulla che indichi una disposizione patologica a mentire.»

Baley scoccò un’occhiata risentita al robot. «Direi di no. E direi che non c’è bisogno di tirare in ballo il suo nome, nei rapporti. Siamo intesi?»

«Se preferisci così, collega Elijah» disse calmo R. Daneel. «Ma in questo modo la nostra relazione non sarà né completa né accurata.»

«Forse no» disse Baley «ma non farà male a nessuno. Jessie è venuta spontaneamente a offrirci informazioni; prendere nota del fatto servirebbe solo a farla schedare dalla polizia, e non voglio che succeda.»

«In tal caso, va bene. Ma accertiamoci che non ci sia altro da scoprire.»

«Non c’è altro, per quanto riguarda lei. Te lo garantisco.»

«Puoi spiegarmi come un semplice nome, Jezebel, l’abbia spinta ad abbandonare una linea di condotta e assumerne un’altra? La motivazione mi sfugge.»


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