«Forse loro non c’entrano. Forse sono stati gli Unisti a inviare le informazioni.»

«Perché gli Unisti avrebbero dovuto avviare la marcia verso le stelle di Aka?»

Sutty si strinse nelle spalle. «Proselitismo.»

«Cioè convincere gli altri a credere in quello in cui credevano loro? Il progresso tecnologico industriale era un elemento costitutivo della religione unista?»

Sutty si trattenne dall’alzare di nuovo le spalle.

«Allora, nel periodo in cui rifiutavano il contatto via ansible con gli Stabili su Hain, gli Unisti stavano… convertendo gli akani? Sutty, pensi che possano avere inviato qui dei… come li chiamate, voi?… dei missionari?»

«Non lo so.»

Tong non la stava sondando, non le tendeva trappole. Proseguiva con entusiasmo il proprio ragionamento, e cercava di indurre Sutty, una terrestre, a spiegargli cos’avevano fatto i terrestri e perché. Ma lei non voleva e non poteva spiegare, né parlare per gli Unisti.

Cogliendo il suo rifiuto di fare delle ipotesi, Tong disse: «Sì, sì, scusa. Certo, non eri in confidenza con i capi unisti! Ma, vedi, ho appena avuto un’idea… Se hanno davvero inviato dei missionari, e se in qualche modo hanno trasgredito i codici akani, capisci… questo potrebbe spiegare la Legge del Limite». Si riferiva all’annuncio improvviso, fatto cinquant’anni prima e applicato da allora, che solo quattro extraplanetari alla volta sarebbero stati ammessi su Aka, e soltanto nelle città. «E potrebbe spiegare la messa al bando della religione alcuni anni dopo!» Stava infervorandosi per quella teoria. Sorrise radioso, poi le chiese quasi supplichevole: «Non hai mai sentito parlare di un secondo gruppo mandato qui dalla Terra?».

«No.»

Tong Ov sospirò, si appoggiò allo schienale della sedia. Un minuto dopo, liquidò le proprie congetture con un lieve gesto della mano. «Siamo qui da settant’anni» disse «e non conosciamo che il lessico.»

Sutty si rilassò. Avevano lasciato la Terra, erano tornati su Aka. Era al sicuro. Parlò circospetta, ma con la scioltezza del sollievo. «Nel mio ultimo anno di addestramento, sono stati ricostruiti dei facsimile, utilizzando i documenti danneggiati. Immagini, alcuni frammenti di libri. Insufficienti, però, per estrapolare elementi culturali importanti. E dato che al mio arrivo lo Stato Azienda si era ormai affermato, non so nulla della situazione esistente prima. Non so nemmeno quando sia stata bandita la religione qui su Aka. Circa quarant’anni fa?» Udì la propria voce: conciliante, falsa, forzata. Sbagliato.

Tong annuì. «Trent’anni dopo il primo contatto con l’Ekumene. L’Azienda ha emanato il primo decreto che dichiarava illegali le pratiche e l’insegnamento religiosi. Nel giro di alcuni anni, sono state proclamate pene spaventose… Ma quel che è strano, quello che mi ha indotto a pensare che l’impulso possa essere stato di origine esterna, extraplanetaria, è la parola che usano per "religione".»

«Una parola di derivazione hainiana» annuì Sutty.

«Non esisteva una parola indigena? Ne conosci qualcuna?»

«No» rispose Sutty, dopo avere ripassato scrupolosamente non solo il proprio vocabolario dovzano, ma parecchie altre lingue akane che aveva studiato a Valparaíso. «Non ne conosco nemmeno una.»

Gran parte del lessico dovzano recente proveniva naturalmente dall’esterno, al pari delle tecnologie industriali; ma mutuare una parola straniera per indicare una istituzione indigena da dichiarare illegale? Strano davvero. E lei avrebbe dovuto accorgersene. Se ne sarebbe accorta, se non avesse ignorato la parola, la cosa, l’argomento, ogni volta che si presentava. Sbagliato. Sbagliato.

Tong adesso era un po’ agitato; il materiale che stava cercando era saltato fuori, finalmente, e doveva acquisirlo e decodificarlo col proprio noter. Ci volle un po’ di tempo. «Il sistema di microfile akano lascia abbastanza a desiderare» commentò, premendo un ultimo tasto.

«Tutto si guasta come programmato» disse Sutty. «È l’unica freddura akana che conosco. Purtroppo, è anche la verità.»

«Però pensa a cos’hanno realizzato in settant’anni!» L’inviato si mise comodo sulla sedia, divagando ciarliero, il cappello leggermente di traverso. «Giusto o sbagliato, a questa gente è stato dato il piano per realizzare una G86.» G86, nel gergo stenografico degli storici hainiani, indicava una società in fase di rapido progresso tecnologico industriale. «E loro hanno divorato le informazioni in un boccone. Hanno rifatto la loro cultura, hanno creato lo stato aziendale globale, hanno inviato un’astronave su Hain… tutto nell’arco di una vita umana! Gente sorprendente, davvero. Una compattezza e una disciplina sorprendenti!»

Sutty annuì rispettosa.

«Però dev’esserci stata qualche resistenza lungo il percorso. Questa ossessione antireligiosa… Anche se siamo stati noi a provocarla, assieme allo sviluppo tecnologico…»

Molto gentile da parte sua continuare a dire "noi", rifletté Sutty. Come se l’Ekumene fosse stato responsabile dell’ingerenza terrestre su Aka. Quello era l’elemento hainiano alla base del pensiero ekumenico: "Assumersi la responsabilità".

Intanto l’inviato proseguiva il proprio ragionamento. «I meccanismi di controllo sono così capillari ed efficaci che devono essere stati istituiti in risposta a qualcosa di molto forte, non credi? Se la resistenza allo Stato Azienda s’imperniava su una religione, una religione consolidata e diffusa, questo spiegherebbe la soppressione delle pratiche religiose da parte dell’Azienda. E il tentativo di creare un teismo nazionale come surrogato. Dio come Ragione, il Martello della Scienza Pura, e via dicendo. Nel cui nome distruggere i templi, vietare la predicazione. Che ne pensi?»

«Penso che sia comprensibile» rispose Sutty.

Forse non era la risposta che lui si aspettava. Rimasero in silenzio un minuto.

«La vecchia scrittura, gli ideogrammi» disse Tong. «Sai leggerli facilmente?»

«Non c’era nient’altro da imparare, durante l’addestramento. Era l’unica scrittura esistente su Aka, settant’anni fa.»

«Certo» convenne Tong, col disarmante gesto chiffewariano che significava: "Per favore, scusa questo idiota". «Sai, venendo da appena dodici anni luce di distanza, io ho imparato solo la scrittura moderna.»

«A volte mi sono chiesta se sono l’unica persona su Aka in grado di leggere gli ideogrammi. Una straniera, un’extraplanetaria. Sicuramente, non sono l’unica.»

«Sicuramente, no. Anche se i dovzani sono gente metodica. Sono così metodici che quando hanno bandito la vecchia scrittura hanno anche distrutto sistematicamente tutto quanto era scritto nei vecchi caratteri… poesie, drammi, filosofia, storia. Proprio tutto, secondo te?»

Sutty ricordò lo smarrimento crescente delle sue prime settimane a Dovza City: la sua incredulità di fronte al contenuto misero e insulso di quelle che chiamavano "biblioteche", il muro cieco contro cui si scontravano tutti i suoi tentativi di ricerca, quando credeva ancora che da qualche parte dovesse esserci qualche traccia della letteratura di un mondo intero.

«Anche adesso, se trovano libri o testi, li distruggono» disse. «Uno dei dipartimenti principali del Ministero della Poesia è il Dipartimento per la Localizzazione dei Libri. Trovano i libri, li sequestrano, e li mandano al macero per trasformarli in materiale per l’edilizia. Materiale isolante. I vecchi libri sono chiamati "macerabili". Una donna che lavorava in quella sezione mi ha detto che l’avrebbero trasferita a un altro dipartimento perché non c’erano più macerabili nella regione di Dovza. Era pulita, ha detto. Purificata.»

Sentì una nota di irritazione sempre più netta nella propria voce. Distolse lo sguardo, cercò di allentare la tensione che le irrigidiva le spalle.

Tong Ov rimase calmo. «Un’intera storia andata perduta, spazzata via, come in seguito a una terribile calamità» disse. «Straordinario!»

«Nulla di così insolito» fece lei, molto contratta… Sbagliato. Mosse di nuovo le spalle, inspirò ed espirò una volta, e parlò con deliberata pacatezza. «Le poche poesie e immagini akane ricostruite al Centro Comunicazioni Ansible sulla Terra sarebbero illegali, qui. Ne avevo delle copie nel mio noter. Le ho cancellate.»


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