— È custodita?

— Sì.

— Da guardie viventi?

— No.

— Ci guiderai laggiù?

— Vi guiderò laggiù.

— Guida la macchina dove lui ti dirà, Orry.

— Io non capisco, prech Ramarren. Stiamo…

— Stiamo per partire dalla Terra. Subito. Prendi i comandi.

— Prendi i comandi — ripeté adagio la voce di Ken Kenyek.

Orry ubbidì, seguì le istruzioni dello Shing con estremo puntiglio e rapidità. L'aeromobile guizzò alla massima velocità verso l'est, e tuttavia sembrava ancora appeso nel centro immutabile della cavità dell'oceano, sul bordo della quale il sole, sotto di loro stava cadendo a vista d'occhio. Quando apparvero le Isole Occidentali, sembrò che stessero navigando incontro a loro sulla superficie curva corrugata e scintillante del mare; poi, dietro le isole, le cime bianche e aguzze della costa apparvero, si avvicinarono e corsero via, alle spalle dell'aeromobile. Ora erano sul deserto, chiaro, interrotto dalle linee rugose di aride catene di colline, che allungavano le loro ombre verso est. Sempre seguendo le istruzioni mormorate da Ken Kenyek, Orry rallentò la velocità della macchina, descrisse un cerchio su una delle catene, predispose gli strumenti per captare i segnali del radiofaro, e lasciò che l'aeromobile atterrasse automaticamente. Le alte montagne senza vita si alzarono tutt'intorno a loro, chiudendoli in una muraglia, mentre l'aeromobile atterrava in una pianura chiara e ombrosa.

Non si vedeva nessuno spazioporto o campo d'aviazione, niente strade, niente case, solo certe grandi forme imprecisate, che apparivano tremolanti come miraggi, al di sopra della sabbia e dei cespugli di salvia, ai piedi dei pendii oscuri delle montagne. Falk le fissò, e non riuscì a mettere a fuoco gli occhi su di loro; fu Orry che disse, con un sussulto nel respiro: — Navi stellari.

Erano le navi interstellari degli Shing, la loro flotta, o una parte di essa, camuffate con reti antiluce. Le prime che Falk vide erano le più piccole; ce ne erano altre, che egli aveva scambiato per promontori di colline… L'aeromobile si era posato inavvertibilmente a terra, accanto a una minuscola baracca in rovina e senza tetto, con le assi scolorite e strappate dal vento del deserto.

— Cos'è quella baracca?

— L'ingresso alle stanze sotterranee si trova lì, su un lato.

— Ci sono computer di terra laggiù?

— Sì.

— C'è qualche piccola nave pronta a partire?

— Tutte sono pronte a partire. Sono quasi tutte navi militari, guidate da robot.

— Ce n'è una che può esser guidata da un pilota?

— Sì. Quella preparata per Har Orry.

Ramarren strinse ancora più strettamente la sua presa telepatica sulla mente dello Shing, mentre Falk gli ordinava di guidarli alla nave e di mostrare loro i computer di bordo. Ken Kenyek ubbidì istantaneamente. Falk-Ramarren non era del tutto convinto che l'avrebbe fatto: c'erano dei limiti invalicabili al controllo mentale, così come ne esistevano per la normale suggestione ipnotica. L'istinto di auto-conservazione spesso resisteva anche al controllo mentale più energico, e a volte quando si ordinava di trasgredirlo si perdeva ogni controllo sul soggetto. Ma il tradimento che era obbligato a compiere non sembrava provocare nessuna reazione istintiva in Ken Kenyek; li guidò dentro la nave spaziale e rispose ubbidiente a tutte le domande di Falk-Ramarren, poi li condusse nuovamente alla decrepita baracca e, come gli fu ordinato, sbloccò, con segnali fisici e mentali, la botola nascosta nella sabbia che trovarono accanto alla porta. Entrarono nel tunnel che si apriva lì sotto. A ognuna delle porte, difese e scudi protettivi che incontrarono sotto terra, Ken Kenyek dava il giusto segnale, o la giusta risposta, e così li portò infine alle stanze protettissime, sicure contro ogni attacco, cataclisma o violatore, che si trovavano a gran profondità dove c'erano i dispositivi automatici di guida e i computer che calcolavano le rotte. Più di un'ora era ormai passata dal momento decisivo sull'aeromobile. Ken Kenyek, ubbidiente e remissivo tanto che a Falk ricordava a volte la povera Estrel, rimaneva inoffensivo, inoffensivo finché Ramarren manteneva un controllo totale sul suo cervello. Appena la presa di Ramarren si fosse allentata per un attimo, Ken Kenyek avrebbe inviato un segnale mentale fino a Es Toch, se ne aveva la forza, oppure fatto scattare qualche allarme, e gli altri Shing e i loro uomini programmati sarebbero arrivati in un paio di minuti. Ma Ramarren doveva allentare la stretta: aveva bisogno della sua mente per pensare. Falk non sapeva programmare un computer per un viaggio a velocità della luce fino a Werel, pianeta del sole Eltanin. Solo Ramarren era in grado di farlo.

Falk, però, non mancava di buone risorse. — Dammi la tua pistola.

Ken Kenyek subito porse una piccola arma, nascosta nel suo vestito elaborato. Questa mossa lasciò Orry terrorizzato, a bocca aperta. Falk non fece niente per mitigare l'agitazione del ragazzo, anzi la aggravò. — Rispetto per la Vita? — chiese freddamente, esaminando l'arma. In realtà, come si era aspettato, non si trattava di una pistola o di un laser, ma di una modesta arma per stordire, non sufficiente a uccidere. La puntò contro Ken Kenyek, perfino con compassione per la sua estrema mancanza di resistenza, e sparò. Orry gridò e si slanciò in avanti, e Falk rivolse l'arma contro di lui. Poi girò le spalle alle due figure che giacevano scompostamente, paralizzate, aveva le mani che tremavano, e lasciò che Ramarren prendesse il sopravvento a suo piacere. Aveva portato a termine il suo compito, per il momento.

Ramarren non ebbe tempo da sprecare in dispiaceri e ansie. Si diresse verso i computer e si mise al lavoro. L'esame dei computer di bordo gli aveva già rivelato che la matematica necessaria per alcune operazioni della nave non era l'ordinaria matematica di Cetian che gli abitanti di Terran utilizzavano ancora comunemente, e da cui derivava anche la matematica di Werel, per il tramite della Colonia. Alcuni dei procedimenti usati dagli Shing nei loro computer erano interamente estranei ai procedimenti e alla logica della matematica di Cetian; e nessuna prova meglio di questa avrebbe potuto confermare a Ramarren che gli Shing erano, in realtà, alieni rispetto alla Terra come a tutti i mondi della vecchia Lega, conquistatori venuti da un mondo molto lontano. Non era mai stato del tutto certo che le vecchie storie e i racconti che si narravano sulla Terra dicessero la verità a questo proposito, ma ora ne era convinto. Dopo tutto, egli era fondamentalmente un matematico.

Era altrettanto sicuro, o quasi, che alcuni di quei procedimenti lo avrebbero tenuto occupato per molto tempo, bloccando i suoi sforzi di predisporre la rotta per Werel sul computer degli Shing. In pratica, il lavoro richiese cinque ore. Per tutto questo tempo dovette, alla lettera, dedicare metà della sua mente a controllare Ken Kenyek e Orry. Era più semplice tenere Orry in stato di incoscienza che spiegargli la situazione, o dargli ordini opportuni; ed era assolutamente vitale che Ken Kenyek non riprendesse conoscenza, nemmeno in parte. Fortunatamente la piccola arma si rivelò molto efficace, e una volta scoperto il modo di regolarla opportunamente, bastò che Falk la usasse solo un'altra volta. Poi egli fu libero di coesistere, mentre Ramarren sgobbava sui calcoli.

Falk non guardava nulla, mentre Ramarren lavorava, ma teneva le orecchie tese per cogliere ogni rumore, ed era sempre attento alle due figure immobili, inanimate, stese lì accanto. E intanto pensava; pensò a Estrel, domandandosi dov'era in quel momento, e cosa era mai divenuta ora. L'avevano riaddestrata, cancellata, o uccisa? No, essi non uccidevano. Avevano paura di uccidere e paura di morire, e chiamavano la loro paura Rispetto per la Vita. Gli Shing, il Nemico, i Mentitori…

Ma veramente mentivano? Forse le cose non stavano esattamente in quel modo; forse la ragione fondamentale delle loro menzogne era una irrimediabile incapacità di comprendere. Essi non potevano entrare in contatto diretto con gli uomini. Di questo fatto si erano serviti con profitto, traendone un'arma formidabile, la menzogna mentale; ma ne era valsa la pena, tutto sommato? Dodici secoli di menzogne erano passati da quando essi erano giunti qui per la prima volta, esuli o pirati, o conquistatori di imperi, venuti da qualche stella lontanissima, decisi a dominare su quelle razze, anche se per loro quelle menti restavano impenetrabili, e quei corpi erano irrimediabilmente sterili. Soli, isolati, sordomuti che governano sordomuti in un mondo di illusioni. Oh, desolazione…


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