Dalla parete del precipizio usciva un’altra decina di corsi d’acqua, ognuno contrassegnato da un arcobaleno. Era uno spettacolo da mozzare il fiato, quasi troppo bello per essere vero.

— Mi piacerebbe avere la licenza per un ufficio turistico in questo posto — disse lei.

Calvin scoppiò a ridere.

— Tu venderesti pellicole, e io i biglietti. Che ne pensi?

Cirocco lanciò un’occhiata a Gaby, sempre immobile al suo posto d’osservazione.

— E come si chiama il fiume maggiore, quello dove confluiscono tutti gli altri?

— Ofione. Il grande serpente del vento del nord. Se guardi bene, vedrai che esce da un laghetto della zona di confine tra Mnemosine e Oceano. Quel lago deve pur avere una fonte, e io sospetto che sia Ofione stesso che scorre sotto il deserto, ma non si riesce a vedere il punto in cui scompare. A parte questo, scorre senza interruzioni. Entra nei mari ed esce dall’altra parte.

Cirocco seguì il percorso complicato del fiume. Calvin aveva ragione. — Un geografo ti direbbe che il fiume che esce da un mare è lo stesso fiume che vi entra. Però so che queste regole valgono solo sulla Terra. D’accordo, lo chiameremo fiume circolare…

— Bill e Agosto sono lì — disse Calvin, puntando l’indice. — A metà circa del percorso del Clio, dove il terzo affluente…

— Santo cielo, dovevamo chiamarli! Ce ne siamo dimenticati.

— Ti ho rubato la radio. Sono svegli e ci aspettano. Puoi chiamarli, se vuoi.

Cirocco si fece dare microfono e trasmettitore da Gaby.

— Bill, mi senti? Sono Cirocco.

— Sì, sì, ti sento! Come va?

— Non c’è male, anche se mi trovo nello stomaco di una bestia. E tu stai bene? Non sei ferito?

— No, sto benissimo. Senti, vorrei… vorrei farti capire quanto sia meraviglioso sentire la tua voce.

Cirocco sentì una lacrima scivolare sulla guancia, l’asciugò.

— È meraviglioso sentire te, Bill. Quando sei volato fuori dalla finestra… Al diavolo, non lo ricorderai.

— Ci sono un sacco di cose che non ricordo. Parleremo di tutto.

— Muoio dalla voglia di vederti.

— Ancora un po’ di pazienza. Abbiamo tante cose da dirci, tu, io, Calvin e…

— E Gaby — aggiunse lei, dopo quella che le era sembrata una pausa lunghissima.

— Gaby — disse lui senza molta convinzione. — Mi rendo conto di essere un po’ confuso riguardo a tante cose. Ma non costituiscono un problema.

— Sei sicuro di star bene? — Di colpo sentì freddo, e si sfregò le braccia vigorosamente.

— Sicurissimo. Quando arriverete qui?

Cirocco lo chiese a Calvin che fischiò un breve motivetto. Come risposta vennero altre note da qualche posto sopra la loro testa.

— I dirigibili non hanno dimestichezza col tempo — disse.

— Ci vorranno tre o quattro ore.

— Ma è così che si dirige un’aerolinea?

8

Cirocco andò a isolarsi in un angolo della navicella (non riusciva a pensare a quel posto come a uno stomaco). Gaby era sempre pietrificata, e la conversazione con Calvin languiva, perché lui non voleva rispondere alle altre domande di Cirocco.

Una ringhiera ci sarebbe stata proprio bene. La parete della navicella era trasparente fino a dove poggiavano i piedi, e forse anche sotto lo era se non fosse stata ricoperta da quelle foglie semi digerite e dai rami. Era una vista alquanto sconcertante.

Stavano sorvolando una giungla fitta, simile alla foresta in cima al precipizio. Il terreno era costellato di laghi. Il fiume Clio, grande e giallastro, scorreva in tutto quel territorio: un nastro d’acqua gettato sul terreno perché serpeggiasse dove meglio voleva.

L’aria era incredibilmente limpida. Sopra Rea c’erano nubi che si addensavano con aria minacciosa lungo la riva est del mare, ma Cirocco riusciva a vedere al di sopra di quelle nubi. Vedeva tutto in ogni direzione, fin quasi ai limiti della curvatura di Temi.

Un gruppo di grandi aerostati era sospeso, a altezze diverse, a fianco dei cavi più vicini a Finefischio. Forse stavano mangiando: i cavi erano abbastanza grossi perché vi crescessero gli alberi.

Guardando giù, vedeva l’ombra gigantesca proiettata da Finefischio. Più scendevano, più l’ombra ingrandiva. Era enorme, anche se si trovavano ancora al di sopra delle cime degli alberi. Però non capiva come avrebbero fatto ad atterrare: non c’erano zone libere adatte alla mole dell’aerostato.

Improvvisamente, accanto a un’ansa del fiume, vide due figure che agitavano le braccia. Rispose al saluto, anche se non era sicura che potessero vederla.

— Allora, come atterriamo? — chiese a Calvin.

Lui fece un mezzo sorriso. — Finora non te ne avevo parlato perché pensavo che l’idea non ti andasse a genio. Ed è inutile preoccuparsi prima del tempo. Ci lanciamo col paracadute.

Cirocco non reagì, al che lui parve sollevato.

— È uno scherzetto. Sicuro al cento per cento.

— Oh oh. Calvin, io adoro il paracadutismo. Penso che sia molto divertente. Però ho il vizio di voler controllare il paracadute che uso. Voglio sapere chi l’ha fabbricato, e se è buono. — Si guardò attorno. — Correggimi se sbaglio, ma non ti ho visto portare nessun paracadute.

— Li ha Finefischio — disse Calvin. — E non si sbaglia mai.

Cirocco non ribatté.

— Andrò prima io. Così potete vedere — continuò lui in tono persuasivo.

— Calvin, siamo sicuri che non c’è altro modo di scendere a terra?

— Possiamo spostarci a est di un centinaio di chilometri, arrivare fino alle pianure. Se vuoi, Finefischio ci porta, ma poi bisogna tornare passando per una palude.

Cirocco guardò il terreno sottostante senza realmente vederlo. Respirò profondamente prima di muoversi.

— D’accordo. Vediamo i paracadute. — Con un sospiro, Cirocco si avvicinò a Gaby e la spinse dolcemente verso il fondo della navicella. Era docile come una bambina. Era gelata, e tremava.

— Non posso farteli vedere — disse Calvin. — Si producono automaticamente quando ci si lancia. Guarda.

Alzò una mano, afferrò una manciata di peduncoli bianchi. I peduncoli si distesero. Lui li separò l’uno dall’altro, formando una reticella abbastanza grande di tessuto organico.

Infilò una gamba in un buco della reticella, poi l’altra. Se la tirò su fino ai fianchi. Infilò le braccia in altri buchi della reticella, finché fu avvolto in una specie di bozzolo.

— Il salto è molto divertente. Sai nuotare bene?

— Benissimo, se si tratta di salvare la pelle. E tu, Gaby?

Le ci vollero alcuni secondi prima che si rendesse conto che le stavano parlando, poi una scintilla d’interesse s’accese nei suoi occhi.

— Eh? Ah, io nuoto come un pesce.

— Ottimo — disse Calvin. — Guardate me e fate quello che faccio io. — Fischiò, e davanti a lui, nel corpo dell’aerostato, si aprì un foro a iride. Calvin salutò, saltò nel foro, e cadde giù come un sasso. In quella gravità ridotta la velocità non era forse spaventosa, ma certo sufficiente per fracassarsi.

La reticella di materia organica era sempre attaccata al corpo di Calvin. Poi, improvvisamente, sulla sua testa si aprì un lenzuolo color blu pallido, con un grande schiocco d’aria. Calvin continuò a scendere dolcemente, agitando le braccia in un saluto.

Gaby era talmente impaziente di scendere che si buttò prima che Cirocco avesse il tempo di controllare se era tutto a posto.

Cirocco s’infilò a sua volta nella terza reticella. Era calda e elastica, persino comoda.

Il lancio fu molto normale, ammesso che su Temi qualcosa potesse essere normale. Il paracadute era un cerchio blu sullo sfondo del cielo giallo. Le sembrava troppo piccolo, ma evidentemente era sufficiente, in quella gravità. Cercò di guidarsi verso la riva del fiume.

Atterrò in piedi e uscì velocemente dalla reticella. Il paracadute si afflosciò sulla riva, seppellendo quasi Gaby. Con i piedi nell’acqua, Cirocco restò immobile a guardare Bill che le correva incontro. Era difficile non scoppiare a ridere. Sembrava un pulcino pallido e spelacchiato, coi pochi peli che gli stavano crescendo su tutto il corpo.


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