Ma la Endeavour non rilevò nessun cambiamento, i suoi sensori continuavano a captare solo leggeri crepitii termici.
— Be', Comandante, avete intenzione di girarla?
Ancora una volta, Norton ricordò le istruzioni ricevute: Agite a vostra discrezione, ma con cautela.
Ma se avesse dovuto chiedere il parere del Controllo Missione prima di ogni mossa, non sarebbe andato avanti di un passo.
— Qual è la vostra diagnosi, Karl? — chiese.
— Per me non può essere altro che il controllo manuale di un portello stagno… probabilmente un congegno di emergenza in caso di mancanza di energia. Non riesco a immaginare nessuna tecnologia, per quanto progredita, che non prenderebbe una precauzione del genere.
E doveva anche essere sicura al cento per cento, pensò Norton, perché quel congegno poteva funzionare solo se non c'era il pericolo di danneggiare tutto il sistema.
Norton afferrò due raggi opposti della ruota, posò saldamente i piedi per terra, e provò a farla girare. La ruota non si mosse.
— Datemi una mano — disse a Mercer.
Impugnarono un raggio per ciascuno e spinsero con tutte le loro forze, ma inutilmente.
Naturalmente non era obbligatorio che gli orologi e i cavatappi di Rama fossero costruiti in modo da girare nella direzione in cui ruotavano sulla Terra.
— Proviamo nel senso opposto — suggerì Mercer.
Questa volta, la ruota non oppose resistenza e compì senza sforzo un giro, prima di arrestarsi.
A mezzo metro di distanza, la parete curva della scatola di pillole cominciò a muoversi come una conchiglia che apre le valve. Alcune particelle di polvere, sospinte dall'aria che usciva dall'interno, sciamarono verso lo spazio, luminose come diamanti quando furono investite dalla luce del Sole.
La strada che portava a Rama era aperta.
6
Al dottor Bose capitava spesso di pensare che era stato un grosso errore installare sulla Luna la Sede dei Pianeti Uniti. La Terra dominava inevitabilmente le sedute, come dominava il paesaggio che si stendeva fuori della cupola. Se proprio erano stati costretti a costruirla lì, avrebbero potuto farla a Farside, sulla faccia in ombra dove il disco ipnotico non diffondeva mai i suoi raggi.
Ma era ormai troppo tardi per cambiare, e comunque non c'erano alternative possibili. Piacesse o no alle colonie, la Terra sarebbe rimasta sempre il centro culturale ed economico del sistema ancora per secoli.
Il dottor Bose era nato sulla Terra, ed era emigrato su Marte a trent'anni, per cui riteneva di poter valutare spassionatamente la situazione politica. Sapeva che non sarebbe tornato mai più sul pianeta natale, che pur distava solo cinque ore di traghetto. Aveva 115 anni e godeva di una salute perfetta, ma non sarebbe stato in grado di affrontare il ricondizionamento necessario per abituarsi di nuovo alla gravità terrestre, tre volte superiore. Ormai era esiliato per sempre dalla Terra, ma, non essendo di temperamento sentimentale, non se ne crucciava troppo.
Quello che invece lo deprimeva era di avere a che fare da anni sempre con le stesse persone. Le meraviglie della medicina erano un'ottima cosa, ma intorno al tavolo delle riunioni c'erano uomini con cui lavorava da più di mezzo secolo. Sapeva per filo e per segno quello che avrebbero detto e che voto avrebbero dato su ogni questione… al punto che si augurava che, una volta o l'altra, uno almeno si comportasse in modo inaspettato, anche pazzesco.
E probabilmente loro pensavano la stessa cosa di lui.
Il Comitato Rama era ristretto, e certamente le cose sarebbero presto cambiate. I suoi sei colleghi, ciascuno dei quali rappresentava uno dei membri dei Pianeti Uniti, erano tutti presenti in carne e ossa. Questa regola era necessaria, in quanto la diplomazia elettronica non era possibile date le distanze del sistema solare. Alcuni statisti anziani, abituati alle comunicazioni istantanee della Terra, non si erano mai conciliati col fatto che le radio-onde impiegassero minuti, perfino ore, ad attraversare gli abissi che separavano i pianeti. — Voi scienziati non potete trovare una soluzione? — avevano protestato quando era stato comunicato loro che era impossibile mettere in contatto istantaneo la Terra e i suoi remoti pianeti. Solo la Luna godeva del ritardo appena percettibile di un secondo e mezzo, con tutte le conseguenze psicologiche e politiche implicite. Proprio per questo particolare la Luna, e soltanto lei, sarebbe rimasta per sempre un sobborgo della Terra.
Erano presenti di persona anche specialisti il cui parere poteva essere necessario al comitato. Il professor Davidson, l'astronomo, era una vecchia conoscenza. Quel giorno non era irascibile come al solito. Bose ignorava le lotte intestine che avevano preceduto il lancio della prima sonda verso Rama, ma i suoi colleghi facevano di tutto per ricordargliele.
La dottoressa Thelma Price era diventata famosa grazie alle sue numerose apparizioni sui teleschermi, sebbene si fosse già fatta un nome cinquant'anni prima nel corso del «boom» archeologico seguito al prosciugamento di quell'enorme museo marino che era il Mediterraneo.
Bose ricordava ancora l'eccitazione di quei giorni, quando i tesori perduti dei Greci e dei Romani e di molte altre civiltà scomparse erano stati riportati alla luce. Quella fu una delle poche volte in cui aveva rimpianto di essersi stabilito su Marte.
L'esobiologo Carlisle Perera era stato scelto anche lui per motivi ovvii, e così pure lo storico scientifico Dennis Solomons. Meno felice pareva a Bose la scelta di Conrad Taylor, il famoso antropologo, che era diventato celebre mescolando l'erudizione all'erotismo, nei suoi studi sui riti adolescenziali di Beverly Hills negli ultimi decenni del ventesimo secolo.
Nessuno invece avrebbe contestato a Sir Lewis Sands il diritto di entrare a far parte del comitato. Sir Lewis, la cui gentilezza di modi andava di pari passo con la profondità del sapere, perdeva le staffe solo quando lo chiamavano l'Arnold Toynbee della sua epoca. Ma il grande storico non era presente in carne ed ossa. Si era cocciutamente rifiutato di lasciare la Terra, sia pur per prendere parte a una riunione tanto importante. La sua immagine stereo, identica in tutto e per tutto alla realtà, occupava in apparenza la sedia alla destra di Bose e, per completare l'illusione, qualcuno vi aveva posto davanti un bicchiere di acqua. Bose considerava quella specie di tour de force tecnologico un inutile gioco di prestigio, ma sapeva che molti grandi uomini provavano un piacere infantile nel trovarsi in due posti contemporaneamente. Talvolta quel miracolo elettronico provocava contrattempi comici. Durante un ricevimento diplomatico a cui Bose aveva preso parte, un tale aveva cercato di attraversare uno stereogramma, per scoprire troppo tardi che era andato a sbattere contro un uomo in carne e ossa. Ma era ancora più buffo vedere la gente che cercava di scambiare una stretta di mano con le immagini stereo.
Sua eccellenza l'ambasciatore di Marte ai Pianeti Uniti richiamò all'ordine i pensieri vagabondi, si schiarì la voce e disse: — Signori, la seduta del comitato è aperta. Credo di non sbagliare asserendo che si tratta di una riunione di talenti rari, qui presenti per trattare un'unica questione. Il Segretario Generale ci ha impartito la direttiva di valutare la situazione, e di dare il nostro consiglio e il nostro appoggio al Comandante Norton quando sarà necessario.
Era un miracolo di semplificazione e tutti se ne rendevano conto. A meno che non si verificasse una situazione di emergenza, il comitato avrebbe anche potuto non mettersi mai in contatto col Comandante Norton… che magari ne ignorava l'esistenza. Questo comitato era stato creato temporaneamente dall'Organizzazione Scientifica dei Pianeti Uniti, e avrebbe dovuto riferire, attraverso il suo direttore, al Segretario Generale. Anche la Pattuglia Solare faceva parte dei P.U., ma su base operativa, non scientifica. In teoria, la differenza era minima. Non c'era motivo perché il Comitato Rama, o chiunque altro, non si mettesse in contatto con il Comandante Norton per offrirgli i propri servigi.