Un applauso composto suggellò l’offerta finale.
Gray sapeva che sarebbe stato molto più caloroso se avesse vinto lui. Ma era sorpreso di constatare chi applaudiva accanto a lui.
Fiona.
Gli fece un gran sorriso. «Andiamo via di qui.»
Si unirono al flusso di persone in fila all’uscita. Gray ricevette la solidarietà di alcuni partecipanti. Ben presto furono all’aperto e ognuno andò per la propria strada.
Fiona lo trascinò oltre qualche negozio e lo guidò a una vicina pasticceria, un locale francese con tendaggi di chintz e tavolini da caffè in ferro battuto. La ragazza scelse un posto accanto a una vetrina colma di sfogliatelle alla crema, petit-four, bignè al cioccolato e smørrebrød, l’onnipresente panino danese aperto.
Ignorò le leccornie, raggiante di una strana allegria.
«Perché sei così felice?» chiese finalmente Gray. «Abbiamo perso.» Sedeva rivolto verso la vetrina. Dovevano guardarsi le spalle. D’altro canto, visto che la Bibbia era stata venduta, sperava che il pericolo fosse svanito.
«Gliel’abbiamo messa in quel posto!» replicò Fiona. «L’abbiamo tirata fino a tre milioni. Grande!»
«Non penso che il denaro significhi molto per quella gente.»
Fiona tirò lo spillone dello chignon e si sciolse i capelli con un movimento del capo. Si levò dieci anni di età apparente. Lo sguardo era ancora raggiante e divertito, ma con una punta di malizioso compiacimento.
Gray improvvisamente si sentì gelare il sangue. «Fiona, che cosa hai fatto?» Lei sollevò la borsa sul tavolo, la inclinò verso Gray e la tenne aperta. «Oh, Dio…»
Dentro c’era un tomo rilegato in cuoio, identico alla Bibbia che era appena stata venduta.
«È questa quella autentica?» chiese Gray.
«L’ho sgraffignata sotto il naso a quella mezza sega, lì, nella stanza sul retro.»
«Come?»
«Un po’ di specchietto e un po’ di allodola. Mi ci è voluto un giorno intero per trovare una Bibbia della giusta misura e della giusta forma. Poi ho dovuto sistemarla un po’, certo. Infine un sacco di lacrime e di urla, qualche movimento maldestro, e…» Scrollò le spalle. «Voilà! Tutto sistemato.»
«Ma, se avevi già la Bibbia, perché mi hai fatto fare quelle offerte?» Gray d’un tratto capì. «Mi hai fregato.»
«Così quei bastardi hanno sganciato tre milioni per un falso!»
«Scopriranno ben presto che non è autentica», sentenziò Gray, sentendo montare il terrore.
«Già, ma io sarò andata molto lontano, allora.»
«Dove?»
«Con te.» Fiona chiuse la borsa di scatto.
«Non penso.»
«Ricordi quando Mutti ti ha raccontato della biblioteca da cui proveniva la Bibbia di Darwin?»
Gray sapeva a cosa si riferiva. Grette Neal aveva accennato che qualcuno stava ricostruendo l’antica biblioteca di uno scienziato. Aveva intenzione di fargli fotocopiare la ricevuta originale della vendita, ma poi erano stati attaccati ed era andata perduta tra le fiamme.
Fiona si batté una mano sulla fronte. «Ho l’indirizzo stampato qui dentro.» Poi gli porse una mano. «Allora?»
Aggrottando le sopracciglia, lui si accinse a stringergliela.
Lei ritrasse la mano sdegnata. «Già, proprio.» Poi tese ancora la mano, ma col palmo all’insù. «Voglio vedere il tuo vero passaporto, mezza sega. Non penserai mica che non li riconosco, i passaporti falsi.»
Lui la fissò intensamente e, alla fine, malvolentieri, tirò fuori il suo vero passaporto da una tasca nascosta del vestito.
«Grayson Pierce.» Fiona gettò il documento sul tavolo. «Piacere di conoscerti, finalmente.»
Lui si riprese il passaporto. «Torniamo alla Bibbia. Da dove veniva?»
«Te lo dico soltanto se mi porti con te.»
«Non essere ridicola. Non puoi venire con me, sei ancora una bambina.»
«Una bambina con la Bibbia di Darwin.»
Gray era stanco dei suoi ricatti. Avrebbe potuto sottrarle la Bibbia in qualsiasi momento, ma non poteva fare altrettanto con le informazioni che solo lei aveva. «Fiona, questo non è un gioco.»
Lo sguardo della ragazza si fece severo. Fu come vederla invecchiare all’istante. «E tu pensi che io non lo sappia?» chiese con una freddezza mortale. «Dov’eri quando hanno portato via Mutti dentro un sacco?»
Gray chiuse gli occhi. Aveva toccato un tasto dolente, ma lui non voleva lasciarsi intenerire. «Fiona, mi spiace, ma quello che mi chiedi è impossibile. Non posso portare…»
L’esplosione scosse la pasticceria come un terremoto. La vetrina traballò, si frantumarono alcuni piatti. Fiona e Gray si alzarono e si avvicinarono al vetro. Dall’altro lato della strada, una colonna di fumo s’innalzava nel cielo crepuscolare. Da un edificio sventrato si levavano lingue di fuoco sinuose.
Fiona guardò Gray. «Vediamo se indovino…»
«La mia camera d’albergo», ammise lui.
«Possiamo scordarci il vantaggio.»
Himalaya,
ore 23.47
Prigionieri dei tedeschi, Painter e Lisa sedevano l’uno dietro l’altra su uno slittino trainato da una delle motoslitte. Viaggiavano da quasi un’ora, assicurati con cinghie di plastica e legati l’uno all’altra. Perlomeno lo slittino era riscaldato.
Comunque, lui era curvo su di lei, tentando di proteggerla meglio che poteva col corpo. Non poteva fare di più: avevano i polsi legati ai montanti laterali dello slittino.
Davanti a loro, il killer sedeva rivolto all’indietro sul sedile posteriore della motoslitta che li trainava, col fucile e con gli occhi spaiati incessantemente puntati su di loro. Anna Sporrenberg pilotava il veicolo, in testa al convoglio.
Un gruppo di ex nazisti.
O nazisti riformati.
O chi diavolo erano.
Painter mise da parte la questione. Aveva un enigma più importante da risolvere.
Come sopravvivere.
Durante il tragitto, Painter aveva capito come era stato facile scoprire lui e Lisa, nascosti nella grotta. Con gli infrarossi. Nel paesaggio gelido, la traccia del calore corporeo era facile da rilevare e aveva svelato il loro nascondiglio. Per lo stesso motivo, fuggire sarebbe stato quasi impossibile. Continuò a riflettere, la mente concentrata su un solo obiettivo: la fuga.
Ma come?
Nell’ultima ora, il convoglio di motoslitte aveva attraversato la notte gelida. I veicoli erano dotati di motori elettrici e scivolavano quasi senza fare rumore. In silenzio, le cinque motoslitte avevano percorso quel labirinto con una disinvoltura conquistata con la pratica, scivolando sui crinali, tuffandosi in ripide vallate, percorrendo ponti di ghiaccio.
Painter aveva fatto del suo meglio per memorizzare il tragitto, ma lo sfinimento e la complessità del percorso lo confondevano. Il dolore martellante alla testa non aiutava. La cefalea era ritornata, assieme alla perdita di orientamento e alle vertigini. Purtroppo i sintomi non stavano diminuendo. Doveva anche ammettere che non aveva idea di dove si trovassero.
Sporgendosi, guardò il cielo notturno: le stelle brillavano di una luce fredda. Forse poteva usarle come riferimento.
Mentre guardava in alto, i puntini di luce cominciarono a girare nel cielo. Distolse lo sguardo, con un dolore lancinante dietro gli occhi.
«Tutto bene?» sussurrò Lisa.
Painter borbottò qualcosa sottovoce. Aveva troppa nausea per provare a parlare.
«Ancora il nistagmo?» dedusse lei.
Un severo grugnito del sicario prevenne qualsiasi altra comunicazione. Painter gliene fu grato. Chiuse gli occhi e fece qualche respiro profondo, attendendo che il momento passasse.
Cosa che, finalmente, avvenne.
Quando aprì gli occhi il convoglio si portò su una cresta e rallentò sino a fermarsi. Painter si guardò in giro. Non c’era nulla. Sulla destra, una parete di ghiaccio interrompeva la cresta rocciosa. Ricominciò a nevicare.
Perché si erano fermati?
Davanti a loro, il killer scese dalla motoslitta.