«Certo, se non uccido nessuno.»
«Se un bambino dovesse cadere da una cabina, prendilo subito al volo.» Poi, dopo avermi regalato un nuovo pensiero su cui rimuginare, corse via alla ricerca di nuove vittime da ritrarre. Pochi resistevano alla tentazione di mettersi in posa per una rossa da schianto in un meraviglioso sabato mattina. E comunque aveva ragione: era davvero fantastico.
Lane tornò verso le undici e mezzo. Ormai me la sbrigavo talmente bene che gli passai la rudimentale leva di controllo con una certa riluttanza.
«Chi è il tuo caposquadra, Jonesy? Gary Allen?»
«Esatto.»
«Schizza al suo sparaspara e vedi se ha bisogno di qualcosa. Con un po’ di fortuna, ti manderà a pranzare nel pulciaio.»
«E che diavolo sarebbe?»
«È dove vanno i dipendenti quando sono in pausa. In molte fiere paesane è il parcheggio o lo spazio oltre i camion, ma Joyland offre di meglio. C’è una comoda saletta dove il Corso si unisce al Sottosegugio. Scendi le scale tra il baraccone del tiro ai palloncini e la tenda del lanciatore di coltelli. Ti piacerà, ma prima di mangiare fatti autorizzare da Pop. Non voglio venire ai ferri corti con quel vecchio figlio di puttana. Tu fai parte della sua squadra; io ho già la mia. Hai un cestino per il pranzo?»
«Non sapevo di doverlo portare.»
Lane sfoderò un ghigno. «Con il tempo imparerai. Oggi fermati al chiosco del pollo fritto di Ernie, quello con il grande gallo di plastica sul tetto. Mostragli il tesserino di Joyland e avrai lo sconto per il personale.»
Alla fine assaggiai il pollo di Ernie, ma solo alle due del pomeriggio. Pop aveva altri progetti per me. «Vai in sartoria. È la roulotte tra la manutenzione e la falegnameria. Ricordati di dire a Dottie Lassen che ti mando io. È talmente agitata che prima o poi le scoppierà il bustino.»
«Vuoi che prima ti aiuti a ricaricare?» Anche lo sparaspara era svalvolato, il bancone affollato di liceali smaniosi di vincere gli imprendibili peluche. Disposti su tre file, altri bifolchi (come ormai mi ero abituato a chiamarli) aspettavano il loro turno. Mentre mi parlava, Pop Allen non smise mai di muovere le mani.
«Voglio che metta le gambe in spalla e fili via. Faccio questo cazzo di lavoro da ben prima che tu nascessi. Comunque, sei Jonesy о Kennedy? Di sicuro non sei il citrullo con il cappello da scolaretto, ma per il resto non ricordo.»
«Sono Jonesy.»
«Perfetto. Giovane, stai per passare un’ora molto divertente nella Borgata Incantata. Divertente per i bambini, intendiamoci, ma forse non per te.» Scoprì i denti gialli nel suo classico ghigno, quello che lo faceva somigliare a uno squalo in pensione. «Indossare la pelliccia sarà uno spasso.»
♥
Anche la sartoria era una gabbia di matti, strapiena di donne che correvano da tutte le parti. Dottie Lassen, una tipa secca che aveva bisogno di un bustino quanto io ne avevo di scarpe con il rialzo, mi agguantò non appena varcai la soglia. Ficcandomi i lunghi artigli nell’avambraccio, mi trascinò oltre completi da clown, da cowboy, un gigantesco vestito da Zio Sam (con un paio di trampoli appoggiati alla parete), alcuni abiti da principessa, una rastrelliera di divise da Sirena di Hollywood e un’altra di vecchi costumi da bagno fine Ottocento… che scoprii avrei dovuto indossare prestando servizio alla piscina. In fondo al piccolo e caotico regno di Dottie, una decina di tute da cane. Tanti Howie scuciati, con i loro sorrisi stupidi e soddisfatti, gli occhioni azzurri, le orecchie ritte e pelose. Il dorso era attraversato da una cerniera lampo che andava dal collo alla base della coda.
«Cristo, sei una pertica!» esclamò la donna. «Meno male che hanno rabberciato l’extra large la settimana scorsa. L’ultimo ragazzo l’aveva strappata sotto le ascelle. Anche il didietro era bucato. Quel tipo doveva essersi abbuffato di piatti messicani.» Sganciò il costume dalla rastrelliera, gettandomelo tra le braccia. La coda mi si avvolse attorno alla gamba come un pitone. «Non perderti in chiacchiere e vola alla Borgata. Se ne sarebbe dovuto occupare Butch Hadley, ma mi ha detto che la sua squadra è incasinata con un giringiro.» Non mi lasciò il tempo di domandarle il significato dell’ultima frase. «Se ti stai chiedendo che fretta c’è, pivello, te lo spiego subito: il signor Easterbrook pranza sempre alla Borgata il giorno dell’inaugurazione. Se non vedrà Howie, se la prenderà parecchio.»
«Al punto da licenziarmi?»
«No, ma ne resterà amareggiato. Quando ti sarai fatto le ossa, capirai che è già un bel guaio. Nessuno vuole deluderlo perché è un grand’uomo. In più, è anche una brava persona, e in questo mestiere tipi del genere sono rari come i diamanti.» Mi fissò, emettendo un sottile lamento, come un animaletto con la zampa presa in una tagliola. «Cristo santo, sei proprio una stanga. E un novellino fatto e finito. Ma non c’è rimedio.»
Avevo un miliardo di domande, ma la lingua era paralizzata. Mi limitai a osservare Howie, che ricambiò lo sguardo. Sapete, mi sentivo come James Bond nel film dove Connery è legato a una specie di folle macchina di tortura. Si aspetta che io parli? chiede a Goldfinger, e l’altro gli risponde con un ghigno sardonico: No, io mi aspetto che lei muoia!Nel mio caso si trattava di un divertimento e non di un supplizio, ma non era poi tanto diverso. Quel giorno sembrava impossibile reggere il ritmo, per quanto mi sforzassi.
«Porta la pelliccia giù nel pulciaio. Spero che tu sappia dov’è.»
«Certo.» Grazie a Dio Lane mi aveva informato.
«Be’, è già qualcosa. Appena arrivato, spogliati e resta in mutande. Nient’altro, altrimenti creperai di caldo. E… conosci la prima legge del nostro mondo?»
Probabilmente sì, ma preferii non aprire bocca.
«Tieni sempre d’occhio il portafoglio. Fortunatamente questo parco è diverso dalle fogne dove ho lavorato nel fiore della giovinezza, ma è una regola comunque valida. Dammelo, te lo custodirò io.»
Glielo consegnai senza azzardarmi a protestare.
«Adesso scappa via. Però, prima di svestirti, bevi tanta acqua, fino a gonfiarti la pancia. E non mangiare nulla, anche se hai una fame da lupi. Alcuni ragazzini si sono beccati un colpo di calore, vomitando dentro le tute, con pessimi risultati. Abbiamo quasi sempre dovuto buttarle nella spazzatura. Allora, bevi, spogliati, infilati il travestimento, fatti aiutare con la cerniera, e poi corri giù dal Corso verso la Borgata. Segui l’indicazione e non ti sbaglierai.»
Fissai perplesso gli occhioni azzurri di Howie.
«Sono di rete sottile. Non preoccuparti, ci vedrai benissimo.»
«Ma che cosadevo fare?»
Mi scrutò con un’aria seria. Poi un ghigno le illuminò l’intera faccia, accompagnato da una strana risatina nasale. «Te la caverai.» Tutti continuavano a ripetermi frasi simili. «Devi calarti nei panni di Howie, figliolo. Trova il tuo cane interiore.»
♥
Quando raggiunsi il pulciaio, una decina di nuovi assunti e un gruppo di vecchi dipendenti stavano consumando il pranzo. Tra i novellini c’erano due Sirene di Hollywood, ma avevo troppa fretta per restarne imbarazzato. Dopo avere bevuto grandi sorsate dalla fontanella dell’acqua, mi sbarazzai dei vestiti, restando in boxer e scarpe da ginnastica. Srotolai la tuta e la indossai, assicurandomi di infilare bene i piedi nelle zampe posteriori.
«La pelliccia!» gridò uno della vecchia guardia, e diede una gran manata sul tavolo. «Pel-lic-cia! Pel-lic-cia! Pel-lic-cia!»
Gli altri lo imitarono e il pulciaio risuonò del loro vociare mentre io me ne stavo in mutande con la tuta abbassata alle caviglie. Sembrava di essere dentro una mensa carceraria in rivolta. Raramente mi ero sentito tanto stupido… o curiosamente eroico. Era il mondo dello spettacolo, dopo tutto, e stavo per diventarne parte. Per un attimo non mi importò di ignorare che cazzo stessi facendo.
«Pel-lic-cia! Pel-lic-cia! Pel-lic-cia!»