«Tentata rapina» rispose allora il commissario. «Quando l’impiegata ha tentato di opporsi, l’hanno attaccata.»

«Rapina?» esclamò Miles. «Mi scusi, ma non ha senso. Credevo che qui i pagamenti avvenissero tramite trasferimento computerizzato di credito; non c’è contante da rubare. Deve esserci stato un malinteso.»

«Non contanti» rispose il commissario. «Merci.»

Il negozio, notò Miles con la coda dell’occhio, era una bottiglieria, con una vetrina infranta. Represse una sensazione di nauseato disagio e proseguì, mantenendo calma la voce. «In ogni caso non riesco a capire tutto questo spiegamento di armi letali per un semplice caso di taccheggio. Non state esagerando un tantino? Dove sono gli storditori?»

«Tengono in ostaggio la donna» rispose cupo il commissario.

«E allora? Addormentateli tutti e Dio riconoscerà i suoi.»

Il commissario gli rivolse un’occhiata perplessa. Non conosceva la storia, decise Miles… santo cielo, l’origine di quella citazione era dall’altra parte del mare.

«Affermano di avere una specie di bomba e di voler far saltare in aria tutto l’isolato.» Il commissario si interruppe. «È possibile?»

Anche Miles tacque un istante. «Siete già riusciti a stabilire l’identità di quei tipi?»

«No.»

«E come comunicate con loro?»

«Attraverso la consolle di comunicazione. O almeno, fino a poco fa: sembra che l’abbiano distrutta.»

«Naturalmente pagheremo i danni.»

«Pagherete molto più di quello» ruggì il commissario.

«Be’…» con la coda dell’occhio Miles vide un veicolo a cuscino d’aria con la scritta EURONEWS TV che scendeva verso la strada. «Credo che sia arrivato il momento di farla finita.»

E si incamminò verso il negozio di vini.

«Che cosa intende fare?» chiese il poliziotto.

«Arrestarli. Affronteranno una giuria dendarii per aver portato armi fuori dalla nave.»

«E va là da solo? Le spareranno. Sono ubriachi fradici.»

«Non credo che lo faranno. Se davvero le mie truppe vogliono spararmi, sono certo che hanno avuto parecchie occasioni migliori di questa.»

Il commissario aggrottò la fronte ma non lo fermò.

Le porte automatiche non funzionavano e Miles rimase incerto per qualche istante davanti ai vetri, poi li tempestò di pugni. Vi fu un movimento confuso all’interno, una pausa molto lunga e poi le porte scivolarono di lato di circa trenta centimetri. Miles si mise di traverso, entrò e un uomo le richiuse di nuovo a mano, mettendo la sbarra attraverso le maniglie.

L’interno del negozio era un macello; Miles venne investito dai vapori alcoolici che si levavano dalle bottiglie infrante e boccheggiò. Ci si potrebbe sbronzare anche solo respirando… La passatoia sotto i suoi piedi sciaguattava.

Si guardò intorno, per decidere chi voleva ammazzare per primo: quello che gli aveva aperto la porta non poteva passare inosservato, perché indossava solo la biancheria.

«…Ammiraglio Naismith» sibilò l’uomo e barcollando si mise sull’attenti ed eseguì il saluto.

«A che squadra appartieni, soldato?» gli ringhiò contro Miles e le mani dell’uomo fecero qualche movimento incerto, come se stesse cercando di spiegarsi a gesti. Miles non riuscì a cavargli il nome.

Un altro dendarii, questo però in uniforme, era seduto sul pavimento con la schiena appoggiata a un pilastro. Miles si accucciò, prendendo in considerazione l’idea di trascinarlo in piedi, o almeno in ginocchio, afferrandolo per il bavero della giacca, ma poi lo guardò in faccia. Piccoli occhietti rossi come carboni lo fissarono dalle orbite, senza riconoscerlo. «Puah!» mormorò Miles e si rimise in piedi senza cercare di parlargli: la coscienza di quell’uomo doveva essere sprofondata in qualche distorsione galattica.

«E chi se ne frega?» esclamò una voce rauca dal pavimento dietro un banco, uno dei pochi che non fossero stati violentemente rovesciati. «Chi diavolo se ne frega?»

Oh, guarda guarda, qui ci sono i migliori e i più svegli, vero? pensò acido. Dal fondo del banco emerse un uomo in posizione eretta, che esclamò: «Ma non può essere, è scomparso di nuovo…»

Finalmente qualcuno di cui Miles conosceva il nome. Benissimo. «Ah, soldato semplice Danio. Che strano incontrarla qui.»

Danio riuscì in qualche modo a mettersi sull’attenti, torreggiando sopra Miles. Nella manona a forma di prosciutto era stretta minacciosamente un’antiquata pistola, con il calcio segnato da molte tacche. Miles la indicò con un cenno del capo. «È per recuperare quell’arma mortale che sono stato distolto dai miei affari e costretto a venire qui? Da come parlavano sembrava che vi foste portati dietro tutto il nostro arsenale.»

«Signornò, signore!» ribatté Danio, «sarebbe stato contro il regolamento. Questa» e diede una pacca affettuosa alla pistola, «è mia personale. Perché non si sa mai. Il mondo è pieno di pazzi.»

«Tra di voi c’è qualcun altro armato?»

«Yalen ha il suo coltello da caccia.»

Miles represse un brivido di sollievo, ritenendolo prematuro. Però, se questi idioti non avevano complici, la Flotta Dendarii poteva anche cavarsela senza venir coinvolta ufficialmente in quel casino. «Lo sapevate che portare armi di qualunque genere è un’offesa criminale in questa giurisdizione?»

Danio ci rifletté. «Idioti» sbottò alla fine.

«In ogni caso» disse Miles in tono severo, «devo prenderle e riportarle sulla nave.» Guardò dietro il banco. L’uomo sul pavimento, doveva essere Yalen probabilmente, teneva in mano una lama d’acciaio lunga quanto bastava per macellare un bue intero, se mai gli fosse capitato di incontrarne uno che muggiva per le strade sopraelevate e tra i grattacieli di Londra. Rifletté e ordinò: «Portami quel coltello, soldato Danio.»

Danio strappò la lama dalle mani del compagno. «Nooo…» si ribellò quello in posizione orizzontale.

Quando ebbe in suo possesso entrambe le armi, Miles respirò più liberamente. «E adesso in fretta, Danio, perché quelli là fuori stanno diventando nervosi: cos’è successo esattamente qui?»

«Be’, signore, stavamo facendo una festa, avevamo affittato una stanza.» Indicò con la testa l’uomo semi-svestito che si era avvicinato per sentire. «Ci siamo trovati a corto di rifornimenti e siamo venuti qui a comprarne, perché era il posto più vicino. Avevamo preso tutto e portato alla cassa, quando quella puttana si è rifiutata di prendere il nostro credito! Buon credito dendarii!»

«La puttana…?» Miles si guardò intorno, scavalcando l’ormai disarmato Yalen. Oh, signore, è vero… L’impiegata del negozio, una donna grassoccia, di mezza età era sdraiata su un fianco all’altra estremità del banco, imbavagliata e legata con la giacca e i pantaloni del soldato seminudo.

Miles estrasse il coltello dalla cintura e si diresse verso di lei. La donna emise una serie di gorgoglii isterici dietro il bavaglio.

«Io non la slegherei, se fossi in lei» lo ammonì il soldato nudo. «Fa un sacco di rumore.»

Miles si fermò e osservò la donna: aveva i capelli grigi scarmigliati e ritti, tranne che sul collo e sulla fronte, dove erano appiccicati per via del sudore e roteava selvaggiamente gli occhi contorcendosi tra i legami.

«Mmm.» Miles si rimise il coltello nella cintura e in quel mentre lesse sulla giacca il nome del soldato seminudo, che gli riportò alla mente sgraditi pensieri. «Xaveria. Sì, adesso mi ricordo di lei. Si è comportato bene su Dagoola.» Xaveria raddrizzò le spalle.

Maledizione, con questo andava in fumo l’idea che aveva cominciato a frullargli per la testa: cioè di consegnarli tutti alle autorità locali, pregando che fossero ancora in carcere quando la flotta usciva dall’orbita. Chissà se poteva separare Xaveria da quegli indegni compagni? Ma ahimè, sembrava proprio che ci fossero coinvolti tutti insieme.

«Così non ha accettato le vostre carte di credito. Dimmi Xaveria, cosa è successo, dopo?»

«Ehm… sono stati scambiati degli insulti, signore.»


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